Magazine Società

Steve

Creato il 07 ottobre 2011 da Alesan
SteveSteve Da qualche giorno penso a cosa scrivere sulla scomparsa di Sergio Bonelli. Giuro che trovo imbarazzante e un tantino vergognoso farlo nel momento in cui dovrei scrivere qualcosa su Steve Jobs. Oddio, il fatto che io debba scrivere qualcosa su l'uno o sull'altro non è stabilito da nessun contratto, ma il vacillare di fronte alla scomparsa di personaggi che, giusto o sbagliato che sia, mi hanno cambiato in un piccolo senso la vita sarebbe doveroso. Su Bonelli, conoscendo poco il personaggio, non avrei molto da dire. Ne avrei di più sulle sue opere e sulle sue pubblicazioni, convinto anche di poterlo proclamare, come pochi si sono ricordati di fare, come un "grande italiano", titolo talvolta cialtrone ma stavolta più che azzeccato vista l'importanza che il signore di cui sopra ha avuto per il fumetto italiano (anche) nel mondo. Del resto, se in Italia il fumetto ha ancora una sua dignità che riunisce storia, cultura popolare, arte e intrattenimento è grazie alla Bonelli Editore. E Sergio è stato colui che ha permesso a questa casa editrice di essere quello che è oggi. Io, poi, sono bastian contrario, sono uno di quelli che amano più Mister No di Zagor, Martin Mystere di Dylan Dog, Ken Parker di Tex Willer. Ho amato le scelte coraggiose più di quelle che sono andate incontro alla volontà del pubblico, ho amato le originalità più delle citazioni dell'indagatore dell'incubo pur riconoscendo in questa serie una evoluzione strepitosa del fumetto italiano e nel numero 74, Il lungo addio (Marcheselli e Sclavi con disegni di Carlo Ambrosini, 1996), una delle più grandi storie del fumetto italiano di sempre. Detto così, da un non intenditore, da uno che è stato bambino e poi ragazzino, appassionato e lettore, senza alcuna pretesa di aver ragioni da vendere. Solo sognatore. Come tanti, forse come tutti. Bonelli ha rappresentato il massimo in Italia, come sceneggiatore, disegnatore e come editore, il che non guasta, e ha dato vita a migliaia di mondi e di idee.
Forse è proprio il successo di Dylan Dog che ha permesso alla casa editrice di rinascere e spingere sull'acceleratore, senza di lui il resto non sarebbe andato avanti, chissà, ma se parliamo di Bonelli parliamo del fatto che si tratti di una persona che ha cambiato le vite di noi ex giovani e che continua a farlo, contrastando l'invasione dei giapponesi e degli americani (ormai a livelli bassissimi nelle loro serie "classiche") ancora oggi, con personaggi che saranno anche "vecchi" ma che continuano a rappresentare un tempo e un'idea di arte e letterattura.
Non so se è questo che volevo scrivere, non so se c'è davvero qualcosa che vorrei trasmettere. Perché poi è morto Jobs che per me, di fatto, è stato niente. Sono entrato in contatto con il mondo Apple molto molto tardi e non sono né un informatico né uno smanettatore. Eppure di Jobs conoscevo il genio e l'avanguardia di vedute da anni, robe che si devono sempre mettere in classifica eliminando le questioni sul lavoro cinese ed il monopolio di alcune problematiche informatiche poiché qua, ora, si discute del genio, e non dell'etica. Importante sapere cosa fa Apple come industria per i diritti dell'uomo e dei lavoratori ma, davvero, il genio del suo fondatore non può essere messo oggi in discussione. Perché il 90% degli utilizzatori finali di un personal computer non pensano a queste cose. Il 90% di chi fruisce di prodotti elettronici moderni non pensa al monopolio e alla chiusura del linguaggio del sistema operativo. E Jobs è arrivato prima di tutti. Non solo nel design, dove sarebbe facile fare polemiche o altro, ma nel modificare le vostre vite. E qualunque cosa abbiate in mano oggi, di qualunque marca sia, è nata negli uffici Apple, nelle mani di Jobs. Sia un lettore mp3, un tablet, uno smartphone col touch screen. Jobs credeva nella connessione globale, nella condivisione, nella semplificazione per quelli come che, in fin dei conti, sfruttano il prodotto senza badare al'ideologia informatica. Qualcuno ha detto che è vissuto tre volte. Forse anche di più. E Sergio, forse, anche più di lui.
Nella diversità dei prodotti hanno garantito arte, condivisione e sogni a chiunque li abbia conosciuti, ed hanno abbandonato aziende con un nome che richiama qualcosa per me e per tanti altri. Aziende che non moriranno perché loro le hanno guidate, perché loro hanno avuto l'intuito per creare, approvare, credere in piccoli e grandi progetti. Non sono persone da additare come esempi perché sono stati uomini inimitabili, perché hanno creato e divulgato a prescindere da ciò che accadeva loro intorno. A volte hanno perso, spesso hanno vinto, ma ciò che conta è che con Jobs siamo stati lanciati in un nuovo modo di gestire i pc e le comunicazioni web. Con  Bonelli siamo stati in grado di affrontare decine di mondi ed eroi, addormentandoci la sera convinti di poter emulare, un giorno, le gesta di Jerry Drake. E invece non siamo stati capaci nemmeno di inventare un telefonino con le app, che in fin dei conti è molto più semplice che sopravvivere all'Amazzonia. E non esiste una frase, non un gesto, che possa davvero identificare queste due menti, questi due artisti. Quello che ci hanno dato. Forse, il semplice so long and thanx... o, per citare proprio Jobs in quel giorno a Stanford, un invito a voi, e a me stesso, per seguire un domani migliore. Per credere in tutto ciò che possa davvero rendere tutti migliori. Tutti più vicini. Nell'arte, nella scrittura, nel disegno, nella tecnologia, nel quel che volete voi: stay hungry stay foolish. E già che ci siete, restate umani.
Detto ciò annoto che il mondo si svuota di eroi. Più o meno meritevoli sempre eroi sono. E non è un buon segno.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :