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Storia di un cislino dal Nord a Napoli

Da Brunougolini
Storia di un cislino dal Nord a Napoli


"Un monito per i dirigenti sindacali di oggi contro l'appiattimento, il conformismo, la mediocrità, in un momento in cui è un pericolo incombente quello di non capire e di non essere capiti dai lavoratori, che rischiano di allontanarsi dal sindacato". Sono parole di Franco Bentivogli, già combattivo dirigente della Fim-Cisl  e poi segretario confederale. Le leggiamo al termine di un volume dedicato a "Rolando Cian, uomo di frontiera" (Bibliolavoro). Il testo, curato da Paolo Feltrin, raccoglie diversi contributi, tra cui quello di Bentivogli e racconta la storia di un dirigente sindacale la cui testimonianza merita di essere rievocata e valorizzata. Come quella di tanti altri uomini e donne (nella Cisl, ma anche nella Cgil e nella Uil) che hanno reso il sindacato italiano, nelle sue diverse componenti, un"anomalia" rispetto ad altri Paesi. 

Rolando Cian si fa le ossa nel Friuli Venezia Giulia, a Gorizia, tra Italia e Jugoslavia, in un periodo (anni 40 e 50) in cui imperversano aspre divisioni. Sono gli anni delle foibe e dei massacri prima dei nazifascisti poi dei partigiani filo-jugoslavi, ma anche, più tardi, gli anni delle grandi lotte bracciantili. Rodolfo Cian che avrebbe potuto svolgere la professione del magistrato sceglie l'impegno sociale. E' lui che scrive in una lettera a un sacerdote: "l'uomo non deve essere considerato una merce come vorrebbe la teoria liberista". Mentre in altra occasione esorta ad attuare i principi del Vangelo se si vuol battere davvero quella che chiama "l'eresia comunista". Sono considerazioni che connotano la sua attività, così come quelle relative all'impegno autonomo del sindacato, anche in polemica con qualche dirigente della Cgil. Presto diventa segretario generale della Camera del Lavoro goriziana poi, dopo la rottura, segretario della Unione Cisl.
Finché, per iniziativa di Giulio Pastore, affiancato da Luigi Macario, viene lanciato in un'iniziativa assai ambiziosa. Lo trasferiscono dal Nord al Sud, da Gorizia a Salerno. E' un progetto dedicato al Mezzogiorno, nell'ambito di una scommessa, cara anche alla Fim-Cisl, di rinnovamento del sindacato. Gli ostacoli sono tanti e il giovane goriziano se ne accorge subito quando scopre, come racconta Bentivogli, che la memoria di Guido Miglioli, animatore di lotte contadine, é sepolta e domina a Salerno Carmine De Martino, democristiano proprietario dei tabacchifici, perno dell'economia locale. Il "New Deal" della Cisl trova acerrimi avversari che lanciano financo l'accusa ai rinnovatori di essere dei "comunisti nascosti". 
Cian é tra i primi sostenitori delle incompatibilità tra cariche sindacali  e cariche politiche. Ecco perché polemizza aspramente sulla scelta di Pastore, con il quale conserva però un legame di forte amicizia, di accettare l'invito di Fanfani a diventare ministro. 
Alla guida della Confederazione arriva così Bruno Storti e Cian accetta la proposta di spostarsi a Napoli. É la sua ultima tumultuosa esperienza sindacale. Nel suo ufficio ha fatto abbattere una parete, come segnale di trasparenza, per far posto a una vetrata. Ma la vita non é facile. Descrive in una lettera a Storti certe situazioni come quella del "dirigente che, in veste sindacale, promuove lo sciopero e, come assessore, organizza il crumiraggio". Pensava di poter convertire "il lupo" mentre questo "ha cambiato il pelo e forse ha trovato nuovi alleati". Una situazione insostenibile. E in un congresso presieduto dal segretario confederale Dionigi Coppo, capisce che Storti, a differenza di Pastore, non lo sostiene più. É lasciato solo, scrive Bentivogli. Nel Consiglio generale raccoglie tre voti. Il 15 febbraio del 1964 rassegna le dimissioni da segretario dell'unione di Napoli con queste parole: "Messomi a disposizione della confederazione per una eventuale diversa utilizzazione non ho riscontrato alcuna proposta conferente. Per cui dopo 20 anni di servizio onorato e povero nel sindacato, con moglie, madre e cinque figli a carico, sono costretto a cercare a 46 anni, un pane onorato e libero". Il resto della sua vita lo trascorre come dirigente della Dc a Gorizia, stimato tecnico alla regione Friuli Venezia Giulia. Muore a 59 anni, il 9 ottobre del 1977, in un incidente stradale. A Salerno la Cisl locale ha intitolato a lui la sala delle riunioni e un grande pannello con il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo mostra colui che guida il corteo dei lavoratori disegnato (attraverso un fotomontaggio) con la sua faccia. 

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