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Storia di una fotografia: il salto di Fosbury

Creato il 29 gennaio 2013 da Masedomani @ma_se_domani

Qualcuno storcerà il naso, perché citare il 1968 e la parola rivoluzione facendo semplicemente riferimento allo sport potrà sembrare una sorta di eresia. Che poi i due mondi non son così distanti, se è vero che la città che fu teatro della storia che racconto oggi è la stessa che vide alzarsi al cielo i pugni di Tommie Smith e John Carlos: oh yes, siamo a Città del Messico, l’anno come detto è il 1968, ed in Sud America si stanno disputando le Olimpiadi.

Ora, io mi rendo conto che oggi possa sembrare sommamente ridicolo, ma vi assicuro – e ci sono tutte le prove – che fino al 1968 gli atleti che decidevano di dedicarsi al salto in alto tentavano di superare l’asticella esattamente così:

Storia di una fotografia: il salto di Fosbury

Ecco, appunto. E’ il 1968, e il mondo si sta preparando per lo sbarco sulla Luna, Italia-Germania 4-3 e altri momenti che segneranno la coscienza collettiva negli anni a seguire. Ma in quel momento, l’attenzione degli specialisti è concentrata su un lungagnone americano proveniente da Oregon State University. Si dice che abbia messo a punto uno stile di salto nuovo, ma per i non addetti ai lavori è una novità stupefacente.

Il ragazzo allunga i passi, prende velocità e… si gira in volo, superando l’asticella con la schiena. E il bello è che agli spettatori del tempo la cosa pare divertentissima e ridicola, le risate durante il primo zompo non si contano.

Ma l’asticella sale sempre più su, i concorrenti cominciano ad essere eliminati uno dopo l’altro e Fosbury continua ad andare su. Le risate si spengono, e poco a poco tutti realizzano che si tratta di uno di quei momenti in cui una fortunata serie di eventi ti ha catapultato nella storia.

E Fosbury salta per l’oro:

Storia di una fotografia: il salto di Fosbury

Una nota: Fosbury indossa due scarpe di colore diverso, ma le sponsorizzazioni non sono ancora arrivate: è una semplice questione di comodità, non è ancora tempo di atleti che lanciano mode e tendenze. E alla richiesta di un giornalista di dare un nome alla sua tecnica, risponde “Fosbury flop”, giocando con un termine che richiama – oltre al salto – il fallimento che gli era stato preventivato. E invece il suo cognome sarà eternato così, a ricordare come il coraggio e la capacità di guardare tutto da una luce completamente diversa da quello che il mondo impone non è (quasi) mai deleteria.


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