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"Strade Blu" di William Least Heat-Moon

Creato il 03 maggio 2011 da Sulromanzo

Strade bluStrade Blu di William Least Heat-Moon

Einaudi, edizioni tascabili

Trad. Igor Legati

 

C’è un signore che circa una trentina di anni fa si trovò in una particolare disposizione d’animo, e quasi certamente non è necessario che vi stia a spiegare di quale si tratta se vi riporto qualche riga che lo stesso signore buttò giù di getto una fredda mattina d’inverno.

Bisogna stare attenti ai pensieri che vengono di notte: non hanno la giusta direzione, arrivano a tradimento da luoghi remoti e son privi di senso e di limiti. Prendiamo ad esempio l’idea che mi è venuta il 17 febbraio, un giorno di speranze distrutte, il giorno in cui ho saputo di aver perso il posto da insegnante d’inglese per il calo di iscritti al college e in cui mia moglie, dalla quale ero separato da nove mesi, nel corso della telefonata in cui le davo la triste notizia si è lasciata sfuggire che aveva un “amico”, Rick o Dick o Chick, qualcosa del genere.

A questo punto ciascuno di noi in cuor suo si sentirebbe di dire: “Bella novità. È successo anche a me di…”. Ma quello che gli era successo ora poco importa. Perché a questo punto, e a differenza di noialtri, il signore che un tempo si chiamava William Trogdon, non proprio come il nostro Mario Bianchi o Paolo Rossi ma quasi, decide di riesumare il nome che gli spettava per quel poco di sangue indiano che conservava nelle vene, ovvero Least Heat-Moon, Luna del Caldo. E io già a questo punto sento una fitta di invidia, chi è che non vorrebbe avere un nome poetico, un nome che rievoca miti antichi e suggestivi? Comunque sia, questa non è la sola decisione che il nostro signore prende. Decide allora di investire quanto aveva in un bel viaggio circolare, da Columbia a Columbia (Stati Uniti), con lo scassato furgoncino di sua proprietà, ribattezzato per l’occasione Ghost Dancing, ovvero Danza degli Spiriti, e io a questo punto sento una seconda fitta d’invidia, io che ho sempre sognato il maggiolone ma mi sarei accontentata anche di una quattro cavalli, e decide di puntare verso est, mantenendosi sulle strade blu, quelle secondarie, su e giù per gli Stati Uniti d’America e qui la mia invidia inizia a tramutarsi in una spudorata, clamorosa e tangibile gelosia. Per come lo racconta lui, il signore che un tempo si chiamava William Trogdon e che poi è diventato William Least Heat-Moon (dando il via alla moda di cambiarsi il nome tanto cara all’artista che un tempo si faceva chiamare Prince) si era ripromesso soltanto di vedere e sentire parlare la gente, registrarne le chiacchiere e raccogliere materiale lungo le tappe per ricavarne al più qualche scarno racconto da pubblicare su riviste. Sta di fatto che alla fine il viaggio è durato tre mesi e che dopo quattro anni di rielaborazioni è venuto fuori Strade Blu, un tomo di cinquecento pagine. E io a leggerlo ho patito non vi dico quanto. Cioè, gli incontri sono emozionanti, i paesaggi sono affascinanti, gli aneddoti raccolti sono curiosi, gli Stati Uniti (proprio loro, quelli che hai sempre immaginato ascoltando Bruce Springsteen e Tom Petty) hanno un fascino violento, ammaliante, enigmatico, e diventano uno spazio, come notava lo stesso Least Heat-Moon, dove l’uomo può perdersi. Ed è proprio di questo che si ha bisogno di tanto in tanto, no? Il modo per perdersi per poi ritrovare un poco di interesse per la vita. E io in questo esatto punto della storia mi sento più a terra di una ruota bucata: anch’io avrei voluto struggermi percorrendo una strada deserta, magari subito dopo l’ora del tramonto, quando il cielo inizia ad assumere un po’ del colore della notte e anch’io avrei voluto prendere appunti su un taccuino stropicciato. Poi, però, sfogliando di nuovo le pagine del libro per scrivere questo articolo, ho trovato un pezzo in cui l’autore sosteneva esserci due tipi di avventurieri: quelli che cercano l’avventura sul serio e quelli che l’avventura invece basta che la sognino. E allora ho capito che a volte va bene così, che i libri sono fatti per questo, per farti sognare. Solo che quelli di viaggio ogni tanto esagerano: quando arrivano a farti rosicchiare le unghie per tutta la lettura.


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