di Fabrizio Colarieti
Carenze, omissioni, manipolazioni documentali e silenzi. Accadde tutto questo la notte di Ustica. Quando una quarantina di militari dell’Aeronautica – mai processati perché i reati a loro contestati andarono in prescrizione al termine dell’istruttoria condotta dal giudice Rosario Priore – ostacolarono la verità, ubbidendo a un ordine superiore che andava oltre la sovranità del nostro Paese.
L’ordine era di non parlare, di tacere per sempre e di fronte a chiunque. Nessuno doveva sapere quanto accadde quella notte attorno al Dc9 dell’Itavia, tanto quella verità era indicibile. Eppure, traccia di quanto avvenne è negli atti della magistratura (in particolare nella requisitoria dei Pm della Procura di Roma) e nei riscontri compiuti dall’autorità giudiziaria fin dai giorni successivi alla strage. Ed ecco le principali evidenze investigative, quelle che ancora oggi, a distanza di trentadue anni, gridano vendetta e attendono una risposta anche dai nostri alleati. E’ quanto avvenne nei vari centri radar della Difesa la sera del 27 giugno 1980.
Marsala. I registri della sala operativa e della sala computer presentano vistose irregolarità. In quello della sala operativa, tra l’altro, appare strappato il foglio immediatamente precedente a quello su cui vengono vergate le annotazioni della sera del 27 giugno 1980. La firma del tenente Sebastiano Muti appare diversa dalle altre apposte dal medesimo in quello stesso registro. Mentre in quello della sala computer, le annotazioni relative alla notte tra il 27 e il 28 giugno risultano redatte successivamente. Mancano i registri del capo controllore e del Tpo. Registri che dovevano essere obbligatoriamente conservati, indipendentemente dal sequestro dell’autorità giudiziaria, essendo documenti concernenti un grave incidente aereo. Tuttavia nel ’97, dall’interrogatorio del sergente Salvatore Loi, emerge che alle 19.48z, cioè oltre quaranta minuti dopo l’incidente, gli operatori di Marsala conoscevano il punto di caduta del Dc9.
Siracusa. Su questo sito la magistratura è in possesso di pochi elementi: nessuna traccia di registrazioni telefoniche, nessuna traccia di plottaggi (all’epoca operava in fonetico manuale), nessun registro o altro documento, tranne un foglio tramite il quale gli inquirenti sono risaliti alle persone di turno quella notte (il capo controllore Corsaro Aldo, l’assistente capo controllore Arena Giuseppe più altri). Eppure emerge che quella notte il sito si interessò della vicenda del Dc9 (vedi in particolare le trascrizioni delle telefonate tra Siracusa e Ciampino fortuitamente acquisite agli atti della Commissione Luzzatti); inoltre sarebbe stata utilissima, ai fini dell’istruttoria, l’acquisizione della documentazione raccolta a Siracusa, in quanto idonea a coprire, sia pur in un ambito territoriale più ridotto rispetto alla portata del radar di Marsala, quel “buco” di registrazioni che si determinò a Marsala a partire dalle 19,04/z. Va puntualizzato a riguardo che non corrisponde al vero l’affermazione resa alla Commissione stragi il 21 ottobre 1989 dal generale Zeno Tascio, secondo cui al momento del disastro Siracusa era in manutenzione. Questa affermazione contrasta non soltanto con una precedente nota a firma dello stesso Tascio, inviata il 23 dicembre 1980 all’autorità giudiziaria, ma anche col contenuto delle telefonate di Licola, acquisite da altri siti. In particolare, le telefonate delle ore 18,58 e 19,00/z tra Marsala (Vitaggio) e Siracusa (Arena), da cui risulta chiaramente che Siracusa è in attivo collegamento con Marsala e quelle precedenti delle ore 18,13 e 18,34/z, sempre con Marsala (interlocutori Abate ed Arena), dalle quali emerge chiaramente che l’attività di manutenzione del sito terminò alle 18,34/z. Particolarmente allarmante appare la mancanza dei nastri relativi alle telefonate. Certamente ce ne furono (in particolare tra Siracusa e Ciampino) e la Commissione Luzzatti (di cui faceva parte un rappresentante dell’Aeronautica militare) le ascoltò ritenendole di interesse (in particolare la telefonata delle 19,42/z che documenta la presenza di traffico militare). In merito al fatto che il sito di Marsala fosse impegnato in un’esercitazione, e quindi con i radar spenti, al contrario di quanto affermano i militari presenti in sala operativa e i vertici dell’Aeronautica, le indagini accerteranno che l’esercitazione Synadex fu avviata con lo scopo di occultare le registrazioni di ciò che era accaduto.
Licola. Solo con molti anni di ritardo, rispetto alle iniziali comunicazioni, è stato possibile individuare il personale presente in sala operativa quella notte. Ancora nel 1988, infatti, il comandante pro tempore del sito, Orabona Modestino, ometteva di indicare i nominativi di De Masi Mario, Genovese Giambattista, Gambardella Giovanni, Papa Alessandro, Calvanese Antonio; nominativi individuati solo successivamente tramite l’acquisizione, in data 14 dicembre 1995, di alcuni foglietti manoscritti mai trasmessi all’autorità giudiziaria. Si apprezzano abrasioni, modifiche e aggiunte a matita sul registro di protocollo e sul registro di invio telex (come accertò una perizia grafica depositata l’11 aprile 2002). Manca il registro di sala operativa. Non è stato rinvenuto il telex del plottaggio della traccia AG266, nonostante non ne risulti la sua distruzione nei registri di protocollo. Nell’immediatezza del fatto fu consegnato all’autorità giudiziaria un estratto del modello DA-1 contenente 26 tracce, tra le quali non figura quella del Dc9. Le minute dello stralcio dei tracciati radar furono distrutte in data 13 settembre 1984, mentre in epoca antecedente e prossima all’agosto del 1988 fu distrutto il plottaggio dei dati estratti dal DA-1, nonché la lettera di trasmissione del medesimo plottaggio al terzo Roc. Le comunicazioni TBT (benché oggetto di sequestro da parte delle procure di Palermo e Roma) non furono mai consegnate agli inquirenti. Eppure della loro esistenza si dava contezza nella nota di trasmissione dei plottaggi da Licola all’Itav dell’11 luglio 1980, carenza, quest’ultima, particolarmente grave, vista la “centralità” della posizione di Licola e il ruolo attivo che lo stesso centro radar risulta avere nella nottata, come emerge dalle sue telefonate registrate dagli altri siti (Martinafranca, Ciampino, Marsala). Sono sfuggite anche le telefonate che certamente Licola effettuò con lo Stato Maggiore, con Poggio Ballone, Siracusa e altri centri radar. Non appare tra l’altro affatto attendibile l’affermazione contenuta nella nota dell’11 luglio 1980, secondo la quale l’ascolto delle telefonate aveva dato esito negativo riguardo all’estremo interesse di talune telefonate registrate da altri siti.
Poggio Ballone. Mancano i nastri delle registrazioni radar, nonché delle telefonate e delle comunicazioni TBT; eppure dalla nota di trasmissione da Poggio Ballone all’Itav del 14 luglio 1980 e dalla nota di trasmissione di Trapani Birgi, sempre all’Itav, del successivo 21 luglio, risulta che i nastri radar, già il 13 luglio, furono trasportati in aereo da Grosseto a Trapani e che pochi giorni dopo proseguirono per l’Itav, dove, peraltro, non furono mai rinvenuti.
L’allora capo dell’ufficio operazioni di Poggio Ballone, Dante Pongiluppi, sentito più volte dal giudice istruttore, negherà di aver inviato a Trapani i nastri in questione sostenendo di aver trasmesso soltanto la riduzione dati, fatto che appare singolare, e poco credibile, in quanto i due nastri, scaduti i trenta giorni, non sarebbero stati riutilizzati. Quei nastri furono riutilizzati solo il 22 agosto 1980 dopo essere stati, per ammissione dello stesso Pongiluppi, messi “da parte” per un periodo ben più lungo dei trenta giorni previsti per l’ordinario “riciclaggio”. Di fatto, nelle quattro copie di riduzione dati pervenute all’autorità giudiziaria (una delle quali, quella rinvenuta allo Stato Maggiore, parzialmente diversa), c’è un “buco” tra le ore 18,31 e le 18,33/z. Undici allegati, relativi alla documentazione del sito, furono trasmessi all’Itav il 14 luglio 1980, ma non risultarono inoltrati dallo stesso ente all’autorità giudiziaria assieme al materiale degli altri siti. In questo sito, di rilevante importanza (fu il primo nel cui raggio di visuale passò il DC9 dopo la partenza da Bologna), sino al 1995 non fu possibile acquisire alcunché; in particolare con una nota del 25 giugno 1988, il comandante dell’11° Cram di Poggio Renatico comunicò al comando del 1° Roc di Montevenda che il sito non era in possesso di documentazione concernente il disastro aviatorio di Ustica. Analoga comunicazione veniva inviata a Montevenda, sempre dal comando di Poggio Renatico, in data 10 ottobre 1991. Neppure in occasione del sopralluogo del giudice istruttore in data 20 novembre 1995 fu possibile rinvenire alcunché.
Tre giorni dopo il comando trasmise all’autorità giudiziaria tutti i registri del sito relativi al giorno dell’incidente. Da essi emergeva quanto segue: alla data del 27 giugno 1980 il registro del capo controllore (capitano Salvatore Ardolino) è strappato nella parte antecedente le annotazioni successive alle 19,40/z (uno strappo che presenta singolare analogia a quello riscontrabile sul registro di sala operativa di Marsala); alla data del 28 giugno 1980, ore 11,10/z, risulta effettuata una riduzione dati espressamente finalizzata alla ricerca della traccia del Dc9, che tuttavia non è stata rinvenuta e della quale, inoltre, non risulta la trasmissione su alcun registro di protocollo.
Iacotenente. Non sono stati rinvenuti i registri di sala operativa; è stata distrutta in data 1 febbraio 1988 la minuta del plottaggio della traccia LJ054 (attribuita anche al Mig libico) trasmesso da Iacotenente a Martinafranca, plottaggio che peraltro Martinafranca non risulta aver mai ricevuto.
Martinafranca. E’ stato rinvenuto solo il registro RCC; mancano il registro del capo controllore del Soc e quelli di sala operativa, nonché il registro delle spedizioni telex (mancanza quest’ultima particolarmente inquietante ove si consideri che dalle telefonate tra Martinafranca e Licola emerge con certezza che i plottaggi furono inviati da Licola a Martinafranca con telescrivente e Martinafranca dichiara per telefono di averli ricevuti). Un nastro, contenente numerose e interessanti telefonate registrate presso il sito di Martinafranca, benché ascoltato nell’ambito dell’attività svolta dalla Commissione Pisano nel 1989, non fu mai messo a disposizione dell’autorità giudiziaria che riuscì ad acquisirlo soltanto alla fine del 1990 presso lo Stato Maggiore.
Ciampino. Non furono consegnati all’autorità giudiziaria i nastri relativi a tutta una serie di comunicazioni tra Ciampino e i vari siti della Difesa aerea: in particolare, pur disponendo l’Acc di otto registratori, furono consegnate le bobine di soli tre di essi e precisamente la prima, la sesta e la settima; e ciò benché la Commissione Luzzatti avesse potuto esaminarle nella loro integrità (in particolare l’ascolto fu effettuato dal controllore del traffico aereo Francesco Mancini, distaccato a collaborare con la Commissione). E’ inoltre singolare che la conservazione e sigillatura dei nastri viene disposta a Ciampino proprio nel momento più drammatico (le ore 20,45), cioè quando gli operatori dell’Acc tentano di mettersi in contatto (eccone l’audio) con gli americani, sicché le registrazioni pervenute all’autorità giudiziaria si interrompono bruscamente in un momento che per le indagini era estremamente significativo. E’ altresì inquietante che non sia stato ritrovato il registro delle presenze della sala operativa. Di quel registro gli inquirenti sono riusciti a recuperare solo le copie di alcune pagine, tranne quella del 27 giugno 1980 e solo oltre dieci anni dopo è stato possibile identificare alcune persone che erano presenti in sala quella notte.
Stato Maggiore dell’Ami. Non è stato rinvenuto il brogliaccio di servizio del sottufficiale di turno, Antonio Berardi, che pure, sulla base delle telefonate (eccone l’audio), risulta essere stato piuttosto attivo quella notte, mentre per contro il brogliaccio dell’ufficiale di servizio, il colonnello Riccardo Giangrande, appare redatto in un unico contesto successivo, quantomeno dopo le ore 19,00/z. Nulla è stato rinvenuto presso la sala operativa del Cosma, pur essendo essa attiva quella notte, al di là di un telex (rinvenuto solo nel 1995), col quale il Cosma informa il Cop della scomparsa del Dc9. Nulla è stato rinvenuto presso il Sios, benché esistesse un turno sia dell’ufficiale di servizio che del sottufficiale di servizio; e tantomeno nulla è stato rinvenuto in merito ai contatti intercorsi nei giorni successivi tra l’Ambasciata americana e il Sios. Nulla è stato rinvenuto in ordine all’inchiesta interna svolta dal Terzo Reparto presso l’Acc di Ciampino subito dopo il rinvenimento dei rottami del Dc9. Va, inoltre, evidenziato, il mancato rinvenimento tra i reperti, recuperati dalle navi di soccorso e concentrati all’aeroporto di Bocca di Falco, del casco con la scritta “John Drake” appartenente a un pilota dell’aviazione imbarcata della Us Navy; casco non sequestrato, ma della cui esistenza si ha notizia tramite la registrazione del colloquio tra il tenente colonnello Guglielmo Lippolis e il colonnello Nello Barale, emerso nell’ambito dell’attività della Commissione Pisano.