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Stranieri e permit player, ovvero la necessità di una rivoluzione

Creato il 20 febbraio 2012 da Ilgrillotalpa @IlGrillotalpa

Prima linea del Munster a Treviso, sabato scorso: BJ Botha, Damien Varley, Wian du Preez.
Prima linea del Leinster, sempre contro il Benetton, una decina di giorni fa: Nathan White, Richardt Strauss, Heinke Van der Merwe.Stranieri e permit player, ovvero la necessità di una rivoluzione
Due sudafricani e un irlandese nel primo caso; un neozelandese e due sudafricani nel secondo. E stiamo parlando di squadre irlandesi, paese che sforna giocatori di talento con una frequenza e copiosità che dalle nostre latitudini ancora ci sogniamo.
Scrivo questo articolo mentre Treviso e Munster stanno giocando e mi chiedo: perché tutti quegli stranieri? La risposta in realtà è molto semplice: perché la federazione irlandese consente il libero utilizzo di stranieri quando il torneo celtico è “intralciato” dalle nazionali. Cosa che invero succede spesso: quest’anno non c’è stato un mese di novembre occupato dai test-match, ma il mese di settembre e in parte quello di ottobre è stato caratterizzato dalle assenze per i Mondiali. E poi c’è il Sei Nazioni. Insomma, le sovrapposizioni alla fine interessano quasi la metà di una intera stagione. Dunque gli irlandesi possono liberamente utilizzare gli stranieri, eppure la “qualità” del loro movimento non ne risente un granché. Non solo: in occasione di un fine settimana libero da impegni del Sei Nazioni la nazionale ha liberato giocatori del calibro di Ronan O’Gara, senza che il loro rientro ai club di appartenenza venisse accompagnato da raccomandazioni di tenuta a riposo. Poi sul campo la differenza ovviamente si nota.

Certo, noi abbiamo i permit players, ma anche qui ci sarebbe bisogno di una rivoluzione copernicana. Oggi un permit player viene chiamato nel momento della bisogna, aggregato alla squadra celtica per una manciata di giorni e poi rispedito a casa. Vero che così i vari Morisi, Chillon, Pavan o Cazzola possono annusare l’aria del rugby d’altissimo livello, ma per come sono strutturate queste loro chiamate assomigliano più a una sorta di gita-premio. Che male non fanno, intendiamoci, ma quei ragazzi avrebbero bisogno di abituarsi anche a una preparazione quotidiana di alto livello, cosa che giocoforza non può essere quella dell’attuale Eccellenza. Hanno bisogno di essere veramente “formati”. L’ideale sarebbe quindi concedere alle due franchigie di poterli mettere direttamente sotto contratto, di tenerli sempre con loro, allenarli tutti i giorni e – se non utilizzati – di spedirli poi nel fine settimana a giocare nell’Eccellenza. Però questo oggi in Italia non si può fare: dicono che la cosa falserebbe il principale torneo italiano. Ma le due franchigie non dovrebbero essere il traino dell’intero movimento, subito dopo la nazionale? E perché in Irlanda lo fanno? Leinster, Ulster, Munster e Connacht possono contare su rose di circa 60 giocatori. Chi non scende in campo in Pro12/Heineken Cup lo fa nei tornei minori. Che evidentemente non hanno problemi ad essere “falsati”.


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