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Struttura e logica del Movimento 5 Stelle

Creato il 13 marzo 2013 da Idispacci @IDispacci
13 marzo 2013 di

Nel panorama politico italiano imperversa, apparentemente incontrastata, una creatura particolare: il Movimento 5 Stelle. Molti si interrogano sulle lotte politiche portate avanti da questa componente, sulle sue scelte di campo, sulle sue aspirazioni. Ma cos’è in effetti il Movimento 5 Stelle, o meglio, quali sono le sue componenti caratteristiche?

Non si tratta di un partito nell’accezione classica del termine; non è cioè un’insieme di persone accomunate da un ideale o, cosa ben diversa, guidate da un’ideologia.

E’, appunto, un movimento, privo dunque di apparato e, soprattutto, di un ideale di riferimento.

Da questi postulati si può analizzare nel dettaglio la quali siano gli ingranaggi della sua logica, i meccanismi della sua teorizzazione politica.

-Movimento ovvero democrazia interna

La principale caratteristica del Movimento è la sua struttura contraria alle gerarchie. Questa eguaglianza ha dei limiti evidenti, e si possono individuare soprattutto nella conduzione del blog che riunisce il movimento. Per poter commentare e quindi partecipare attivamente alla democrazia del blog bisogna infatti iscriversi (per fare un paragone, basta pensare a come è strutturato il nostro blog; dove la libertà di commento da parte degli utenti è piena). Nella stessa pagina di Facebook del Movimento 5 Stelle non c’è una bacheca sulla quale gli utenti possono scrivere in maniera diretta e propositiva.

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Ma a parte queste limitazioni, il movimento è effettivamente molto più democratico della maggior parte degli altri partiti italiani.

Il Movimento 5 Stelle è però calato in un contesto di democrazia rappresentativa, e per risolvere inconvenienti nella rappresentanza delle proprie istanze, ha “scelto” (in forme e misure per la verità poco chiare) un proprio rappresentante unico, nella figura di un portavoce: Beppe Grillo.

 -Movimento ovvero controinformazione

L’aspetto dell’informazione gioca un ruolo determinante nell’attuale panorama politico, e ogni movimento deve dotarsi di un proprio organo di propaganda. Nel caso del Movimento 5 Stelle, è senza dubbio il blog Beppegrillo.it, il cui nome è peraltro presente nel logo stesso del Movimento. Esso ha la valenza di un giornale, di un sito, di una televisione, benché alcuni potrebbero sostenere che non si può paragonare ad un giornale perché non riceve finanziamenti pubblici e non è finanziato nemmeno dalle casse del Movimento.

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Il problema principale infatti è proprio questo: l’organo di informazione del Movimento fa controinformazione e fornisce una versione dei fatti originale e diversa da quella riportata dagli altri media; ma la sue gestione non è assolutamente regolabile agli aderenti al Movimento (e, per lo stesso motivo, nemmeno dallo Stato), e questo per la struttura del blog (non diversa da quella di un sito privato gratuito, con una direzione e una redazione propria) e per quella del movimento (basato sulla democrazia diretta e sull’assenza di gerarchie).

Inoltre, quest’incongruenza (la presenza di un portavoce autonomo e l’assenza di una gerarchia interna al Movimento), produce un circolo vizioso nella logica del Movimento:

Il Movimento non ha gerarchia interna tranne il portavoce.

Beppe Grillo è il portavoce del Movimento.

Beppe Grillo interpreta gli umori e quindi la volontà del Movimento.

Chi critica Beppe Grillo critica la volontà del Movimento.

-Movimento ovvero critica al Sistema

La democrazia, diretta o rappresentativa, è un ottimo strumento per organizzare la vita politica di una nazione, ma non è esente da problemi. Alcuni filosofi e antropologi della prima metà del ’900 come Adorno e Horkheimer, pensatori della cosiddetta “scuola di Francoforte”, individuavano il principale problema della democrazia in quella che loro chiamavano cultura dominante o cultura di massa.

La cultura dominante è la comune forma di intrattenimento e svago (musica, sport, cinema, televisione) che nella propria struttura (cioè nei propri ritmi, nei propri regolamenti o codici, nell’impegno con il quale si perseguono) riproducono una concezione lavorativa (un obiettivo da raggiungere in un tempo dato) e dunque producono in chi li attua un’accettazione passiva del Sistema.

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Per questo, un movimento che si ponga in contrapposizione al Sistema vigente, dovrebbe plasmare una propria, indipendente cultura; ovvero una controcultura. Questo è un aspetto del tutto assente nel Movimento 5 Stelle, ed è un problema serio: il Movimento sostanzialmente non critica la cultura dominante, ma solo la politica dominante e lo Stato (l’affermazione “lo Stato siamo noi” limita quel noi al popolo del Movimento, unico agente politico davvero democratico e consapevole).

Eppure, come abbiamo visto, l’informazione e la cultura di massa giocano un ruolo determinante nella formazione di idee politiche; ma se la Scuola di Francoforte ha anche solo una parte di verità, la cultura ha un ruolo determinante nell’accettazione o meno del Sistema. Questo vuol dire che chi non fa controcultura è portato ad accettare il Sistema? Forse; ma sicuramente un Movimento che non faccia controcultura non si pone nella condizione migliore per riformare la struttura stessa dello Stato, e rischia di schiacciare il proprio operato su una mera critica dello stesso.

Inoltre, Adorno e Horkheimer asserivano che nel momento in cui la cultura dominante (la cui accettazione comporta l’accettazione o meno del Sistema esistente) afferma di interpretare i voleri della massa, essa li plasma.

Basti pensare alla logica televisiva: viene assunto che i gusti della massa siano di un certo tipo, e si appiattisce la produzione culturale televisiva su quel modello. Ma i gusti della massa erano nati da un contesto culturale diverso, per cui vengono lentamente piegati ad una nuova forma dalla cultura dominante, che quindi dopo un certo tempo assumerà questi nuovi gusti appiattendo su di essi la produzione culturale e così via, in un circolo vizioso apparentemente senza fine.

Questo discorso si può trasporre alla logica interna del Movimento (ma attenzione, non al suo rapporto con l’effettiva cultura dominante): nel momento in cui il portavoce incaricato di raccogliere la volontà del Movimento ne gestisce anche gli organi di informazione (e inoltre, come vedremo, si dichiara distinto dai rappresentanti eletti), è naturale e conseguente che appiattisca la volontà del Movimento alla propria visione, proprio come fa l’industria culturale con il proprio pubblico.

Questo fatto di per sé non denota affatto malignità o autocrazia da parte di Beppe Grillo; semplicemente, è conseguenza di una visione troppo semplicistica e idilliaca della gestione dell’informazione e della contrapposizione al Sistema dominante.

-Democrazia diretta e capitalismo

La democrazia diretta, per poter funzionare, deve necessariamente opporsi al capitalismo. Secondo chi scrive, è un processo praticamente obbligatorio, per un motivo semplice e complesso al tempo stesso:

Così come la democrazia rappresentativa delega il potere politico nelle mani di pochi eletti, con il patto che contribuiscano al bene comune, così il capitalismo delega il potere economico nelle mani di poche corporazioni, con il patto che contribuiscano al benessere comune (non a caso il 5 marzo scorso, nel discorso di insediamento dei parlamentari, Vito Crilli, capogruppo del Movimento al Senato, ha usato la formula “agiremo per il benessere dei cittadini”).

Per questo la democrazia rappresentativa è fortemente influenzata dal peso dei monopoli fianziari-produttivi (che finanziano partiti e giornali, approvano o contrastano le decisioni dei governi generando attacchi speculativi in borsa), e lo è in maniera direttamente proporzionale alle libertà economiche e politiche concesse a tali monopoli in termini di conflitto d’interesse, deregulation fiscale e finanziaria ecc.

La democrazia rappresentativa ha però un espediente per contrastare il peso di questi monopoli: tale espediente è costituito dai partiti politici, che con i finanziamenti statali, i propri organi di informazione, la propria struttura gerarchica interna riescono a contrastare l’influenza esercitata dai grandi monopoli.

Al contrario di quella rappresentativa, invece, la democrazia diretta non ha strumenti strutturali per contrastare con efficacia tali influenze.

Pensiamo ad un’Italia capitalista, o meglio, neo-liberista, priva di un parlamento, di televisioni pubbliche, di giornali e partiti sovvenzionati dallo Stato. È ovvio che sarebbe il dominio di squali della finanza come Berlusconi, in grado di gestire ampi monopoli dell’informazione.

Anche la legge sul conflitto d’interesse non risolverebbe il problema, se non in maniera superficiale: un personaggio come Berlusconi potrebbe finanziare le campagne elettorali di un amico eletto a portavoce. E l’assenza di un parlamento aggraverebbe questo problema, perché la politica si sposterebbe dalla sfera pubblica a quella privata, dove il peso delle industrie e delle aziende, con la loro influenza, è ancora più forte.

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Il Movimento 5 Stelle è espressione di questa contraddizione.  L’influenza economica di Grillo e Casaleggio, e quella culturale di Dario Fo hanno monopolizzato il processo costitutivo del Movimento, riducendo il peso della società civile legata al Movimento ad una modifica o meno delle proposte provenienti, per lo più direttamente, proprio dal monopolio dei tre fari del movimento.
I loro stessi parlamentari sono in buona parte esponenti del ceto medio (se non economicamente, almeno intellettualmente): laureati con una carriera di breve o medio termine alle spalle (ci sono anche precari, ma in netta minoranza), piccoli imprenditori, avvocati, liberi professionisti; persone dalla mentalità competitiva, ben addestrate dal Sistema economico vigente; la loro idea di base, secondo la quale è migliore chi realizza, e chi realizza può avere le competenze per sedere in Parlamento non è in fondo molto diversa dal concetto berlusconiano del presidente-manager e dell’impresa Italia.

Dunque, l’assenza di eguaglianza economica ha trasformato il M5S in un’arena dominata dal darwinismo politico, dove trionfa chi ha una maggiore sicurezza economica e chi si è dimostrato vincente nell’attuale Sistema economico. Sistema che, per questo fatto, non verrà mai contestato alla radice.

-Il portavoce e i rappresentanti

Date queste premesse, il rapporto tra portavoce e rappresentanti non può che essere di sudditanza. I rappresentanti sono appoggiati senza condizioni dalla base, almeno per ora, ma solo in quanto fedeli esecutori del programma e della volontà del Movimento 5 Stelle, espressa tramite il portavoce Beppe Grillo (contrapponendosi all’art. 64 della Costituzione Italiana, sulla libertà di coscienza dei parlamentari), che avrà anche il compito di determinare la loro fedeltà al loro programma. Ma ciò non avverrà in una posizione di parità, perché Grillo gestisce l’informazione del Movimento e, inoltre, non sarà presente in parlamento potendo giudicare il comportamento degli eletti effettivamente “dall’alto”, o quantomeno “dall’esterno”.

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Non solo: il rischio è che, per la tautologia mentale sopra indicata, se un parlamentare si opponesse ad un’affermazione di Grillo (ma, si badi bene, non al programma), potrebbe essere dichiarato avversario non già di Grillo ma della stessa volontà del Movimento, secondo un autentico processo di inquisizione politica.

In un simile panorama da vero Vietnam parlamentare, è molto probabile che tali processi non manchino, e che gli espulsi, gli eretici, cerchino rifugio in altre formazioni politiche.

Valerio Cianfrocca


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