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Studio scientifico: il divieto di aborto non aumenta la mortalità materna

Creato il 21 maggio 2012 da Uccronline

Studio scientifico: il divieto di aborto non aumenta la mortalità maternaSulla rivista scientifica PLoS One è stato dimostrato in questi giorni che l’aborto illegale non è associato alla mortalità materna. La leggenda creata a sostegno della legalizzazione dell’aborto recita che gli Stati in cui l’interruzione di gravidanza è illegale o severamente limitata stanno contribuendo ad innalzare le statistiche della mortalità materna.

Difficile trovare qualche prova a sostegno di questo, anche perché basta osservare la situazione in Irlanda dove l’aborto è vietato (tranne in rarissimi casi) e tuttavia vi sono bassi tassi di mortalità materna, tanto che il 70% dei cittadini approva il divieto all’aborto (oltre ad avere un profilo demografico più giovane e con meno dipendenza in materia di immigrazione).

La nuova ricerca pubblicata (basata su dati provenienti dal Istituto Nazionale di Statistica del Cile, 1957-2007), realizzata da ricercatori cileni e americani, si aggiunge alle già numerose prove contro la leggenda, dimostrando che in Cile, da quando l’aborto è stato vietato nel 1989, dopo un lungo periodo in cui era legale, non vi è stato alcun aumento della mortalità materna (si veda foto a sinistra). Anzi, oggi il Cile è uno dei Paesi con il tasso più basso di mortalità materna nel mondo. Il Cile e l’Irlanda (ma anche Polonia e Malta) sono Paesi in cui l’aborto è illegale (o fortemente limitato) e sono un modello per la saluta delle madri. Se il divieto di aborto non ha aumentato il tasso di mortalità, quel che l’ha diminuito -secondo lo studio- è stato l’aumentare del livello di istruzione (che ha causato bassa fertilità) delle donne, cambiamenti nel comportamento riproduttivo e il miglioramento del sistema sanitario.

Elard S. Koch, epidemiologo del Dipartimento di Medicina dell’Università del Cile e uno degli autori dello studio, ha commentato: «spiegare la diminuzione del tasso di mortalità materna in Cile come conseguenza dell’uso di farmaci come il misoprostol, il mifepristone o la RU-486 è una speculazione non supportata dai nostri dati epidemiologici». Anche perché l’utilizzo di contraccettivi è diffuso solo tra il 36% delle donne in età riproduttiva. «Questi dati», ha continuato il ricercatore, «suggeriscono che nel corso del tempo, le leggi restrittive sull’aborto possono avere effetto. In effetti, il Cile presenta oggi uno dei più bassi tassi di morti materne legate all’aborto in tutto il mondo con un calo del 92,3% dal 1989 e una diminuzione del 99,1% accumulata in 50 anni». La conclusione è lapidaria: «è necessario sottolineare che il nostro studio conferma che il divieto di aborto non è legato ai tassi globali di mortalità materna. In altre parole, rendendo illegale l’aborto non si aumenta la mortalità materna: è un dato scientifico dimostrato nel nostro studio».


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