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Sud-Sudan/ Il villaggio di Lui / Anticamera dell'inferno

Creato il 17 aprile 2011 da Marianna06

Conosciamo tutti, più o meno bene, le recenti vicende del Sudan e sappiamo del referendum e quindi del  successivo distacco del sud del Paese,cristiano ma poverissimo, con capitale Juba, dal nord prevalentemente musulmano, con capitale Khartoum e sotto la guida di quel losco figuro ,che risponde alla persona e al nome di el-Bashir, padrone e signore, laggiù , di vite umane.

Ma stavolta, tralasciando la ricca e moderna Khartoum così come la Juba ancora troppo  malandata per i segni di un lungo passato di guerra, c'inoltriamo invece in un villaggio sudanese molto particolare.

Parlo di Lui, il villaggio dal nome monosillabico per eccellenza.Nell'area dei monti che si affacciano  sulla frontiera congolese.

La mia guida ovviamente è Paolo Rumiz, che così racconta nella sua ultima fatica "scrittoria":"Il Bene Ostinato".

Un viaggio, quello di Rumiz, non previsto, né programmato, da lui fatto quache mese fa in Africa, per conoscere l'operato del CUAMM-Medici con l'Africa, una ONG padovana, nata negli anni '50, agli albori della cooperazione internazionale, quando l'Africa viveva ancora la fase coloniale e gli uomini del CUAMM, medici, personale infermieristico, tecnici sanitari, assistenti di comunità, logisti, tutti  volevano che il primo diritto per un'Africa realmemente libera fosse :il diritto alla SALUTE.

Ma torniamo a Lui.

Se la strada per arrivarci -scrive Rumiz - è un purgatorio,il posto è senz'altro l'anticamera dell'inferno. 

Un ospedale senza acqua,luce e fognature, con bambini accatastati in un reparto che pare una spelonca, malati chiusi in ambienti che sono più focolai di malattie che spazi di guarigione.Intorno un bacino d'utenza immenso e miserabile e un lavoro gigantesco tutto da fare.

Si sprofonda facilmente nello scoramento a Lui se chi vi opera non è fortemente motivato, proprio un po' come certamente lo era il mio dottor "Malaria", il medico più solo dell'Africa, come scrisse nel '68  un noto giornalista del dr. Santino Invernizzi , medico novarese,che aWajir(nord-est del Kenya) faceva miracoli( quelli sì... davvero rivoluzionari !) tra gente stupita di tutto.

L'ospedale di Lui fu costruito negli anni '20 (così dicono) da un certo Kenneth  Frazer, generale dell'esercito britannico, il quale aveva riconosciuto nelle rotonde colline basaltiche a ovest del Nilo qualcosa di simile alle Highlands della sua Scozia.

Molte cose nascono così, da un soprassalto casuale dell'anima.La tomba di Frazer è a cento metri dall'ospedale, al limitare della foresta.

Oggi l'ospedale è un disastro e tutto è cominciato quando, nel 2008, i medici americani che lo avevano gestito fino ad allora se ne sono andati.

Nessuno, infatti,aveva pensato a passare le consegne.

Nessuno si era preoccupato di formare farmacisti, infermieri ed ostretiche.

Così il CUAMM, nel  febbraio2009, è giunto a Lui per avviare un proprio progetto, ben consapevole di gestire la classica "patata bollente".

Il problema, a detta dei medici, che attualmente vi prestano la loro opera, è che è difficilissimo reperire denaro per la gestione corrente, ad esempio ,del reparto di Pediatria oppure per creare un sistema fognario intorno all'ospedale,che sarebbe indispensabile.

Gli sponsor europei sborsano volentieri  solo per malattie ,che danno visibilità, come l'AIDS o il sonno da mosca tse-tse.

Le donne, che muoiono di parto nella savana, non interessano nessuno.Nemmeno a Juba, dove i soldi circolano e i prezzi-base sono molto più alti che in Italia.

E pensare che le donne in Africa sono davvero il pilastro  intorno al quale ruota tutta l'economia familiare.

A duecento metri dall'ospedale,o meglio quello che dovrà divenire un vero ospedale, c'è l'albero degli schiavi.

E' un albero dalla sagoma di un grande ombrello, sotto il quale gli scultorei africani del Nilo , a quel tempo, durante la tratta,venivano comprati e venduti.

Oggi-scrive Paolo Rumiz - lo chiamano "Salvation tree",l'albero della salvezza e del riscatto.

Salvezza e riscatto che gli uomini e le donne del CUAMM si augurano di portare, a piccoli passi ma con tenacia e amore fin lì, perché Lui  cessi  al più presto d'essere....la frontiera dell'INFERNO.

 

   A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

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