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Sud-Sudan / Madri "amputate" e figli violentati

Creato il 09 luglio 2011 da Marianna06

Oggi,9 luglio 2011, è nato ufficialmente il 54° Stato africano : il Sud-Sudan.

Un Paese di pastori nomadi e di modesti agricoltori,in prevalenza cristiano rispetto al territorio immenso del nord, che costituisce il grande Sudan.

Ricco di petrolio e di minerali pregiati nel sottosuolo,  è poverissimo però d'infrastrutture e servizi.

Nasce dopo anni di terribili guerre civili e  di assenza di ogni rispetto dei diritti umani da parte del Sudan di el-Bashir, il nord ricco e musulmano , al cui soldo probabilmente ha lavorato negli anni passati l'Esercito della Resistenza di Dio, più noto come l'LRA di Joseph Kony che,  costituitosi in Uganda nel 1988, ha seminato e continua a seminare il terrore, ancora mentre scriviamo, in mezza Africa (Repubblica.democratica del Congo, Repubblica Centrafricana e il Sud-Sudan appunto).

Oggi, che il nuovo Stato africano ha finalmente un suo "status" giuridico e territoriale (almeno in parte) come nazione ma dove tutto è  assolutamente da fare, e quel "tutto" è tantissimo, nel supplemento odierno del quotidiano Repubblica, diretto da Ezio Mauro,"D" come donna, viene riportato un interessante articolo di Manon Quétouil-Bruneel in particolare sull'universo femminile del Sud-Sudan.

 Quell'universo che ha avuto la disgrazia di imbattersi negli uomini di Kony e di trasformarsi senza volerlo in prostitute e/o bambine -soldato insieme a tanti  altri bambini, questi stavolta maschi,  anch'essi divenuti bambini-soldato, strappati con violenza dai villaggi alle loro famiglie.

Le madri "amputate" sono appunto le madri di queste bambine e bambini, che, inermi, non hanno avuto possibilità di ribellarsi al sopruso compiuto nei propri confronti.

Donne a metà attualmente, psicologicamente parlando, il cui tempo trascorso, molto o poco dalla violenza subìta, non è bastato e non basta a guarire le ferite di una tale sopraffazione.

E i famosi consultori di villaggio, lì dove esistono, ma non è sempre, non bastano certo a sortire l'effetto di liberarle dal male incubato.

Peggio ancora per le bambine, le figlie di queste donne che, una volta sfuggite ai cosidetti "tagliagole", gli uomini di Kony, dopo chilometri interminabili percorsi nella foresta a rischio morte, si vedono, al loro arrivo a casa, rifiutate dalla famiglie,perché gravide  del figlio del "nemico".

E i figli maschi, violenti, aggressivi, disturbati, irriconoscibili...una volta scampati e tornati al villaggio, non sono certo meglio delle ragazze quanto a destino, né ricevono un trattamento migliore.

E questo sopratutto all'interno del proprio stesso nucleo familiare.

Ad esempio..  si può vedere all'improvviso un fratello contro il fratello,  un figlio contro il padre o  la madre.

Pura follia. Violenza subìta e poi praticata, che è diventata habitus.

E poi gli incubi, i famosi incubi, che svegliano nel cuore della notte e che questi giovani continuano a vivere e dai quali  è molto difficile venire fuori.

Anche per questi casi ci sono ovviamente, quando ci sono, aiuti forniti da associazioni di volontariato internazionale o locale, religiose o laiche indifferentemente.

Ma non basta  con tutta la buona volontà, e la professionalità che si spende, a risolvere un  problema di questa portata, perché il danno è stato e rimane enorme. 

In conclusione il nuovo Sud-Sudan  dovrà, tra i tanti problemi cui mettere mano nel tentativo di risolverli, pensare anche a queste madri "amputate" e a questi  giovani, maschi e femmine.

Anche perché, come un po' la maggior parte dei Paesi africani, il Sud-Sudan è un paese anagraficamente giovane ed il suo avvenire punta necessariamente sulla sua gioventù.

Gioventù, che è un potenziale umano, da saper gestire con attenzione e intelligenza attraverso sanità (lotta e prevenziona all'aids) ed istruzione in primis e, poi, in tutto il resto.

Senza i giovani,ovunque, non c'è futuro.

In Africa, a maggior ragione.

Sono essi , in funzione di quello che chiamiamo "sviluppo"- lo sappiamo- la carta vincente del Continente.

 

 A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 

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