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Sul cimitero degli elefanti editoriali. E quattro momenti cult del Natale 2013 (Serra, Bisio-Abatantuono, Travaglio, Vespa). O della Sindrome della Marchetta Editoriale Selvaggia.

Creato il 17 dicembre 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

800px-Afrikanischer_Elefant,_Miamidi Rina Brundu. C’è questa leggenda – forse è pure un fatto –  di sapore salgariano che parla del cimitero degli elefanti. Venuta una data età, i pachidermi più anziani si allontanerebbero dal gruppo per percorrere in malinconica solitudine decine e decine di chilometri; l’esercizio al solo scopo di ritrovarsi tra coetanei nei cimiteri degli elefanti. E morire colà. Gli antichi esploratori, ansiosi di arricchirsi, sognavano sovente di trovare quei mitici siti ricchi di suggestioni e di preziosissimo avorio.

Ancora oggi, in tanti, appassionati, si domandano, ma dove vanno a morire gli elefanti? Più prosaicamente, assistendo alla promozione (specie sui canali del servizio pubblico), di elefantiaci tomi editoriali, o panettoni natalizi cinematografici, scritti e interpretati dal fior fiore delle nostre elites giornalistiche (soprattutto) e autorali (in genere), io mi domando: ma dove vanno a finire i capolavori dell’anno prima? Dove vanno a finire quei capolavori con i quali ci avevano rotto i maroni solo 12, 24 o 36 mesi fa? Sia mai che, passate le feste, scritto un altro testo-to-remember, prodotto un nuovo film che-cambierà-il-nostro-sentire, questi lavori straordinari ma dimenticati (soprattutto dal pubblico), si allontanino, anch’essi in guisa di invecchiati elefanti melanconici, ricercando pace e l’avito luogo in cui lasciarsi morire? Che esista un cimitero dei libri vespiani? Che esista una tomba senza nome su ogni panettone natalizio prodotto in questi anni tra le nostre amate sponde? Il dubbio mi assilla.

Un modo per risolvere il mistero potrebbe essere quello di seguire il destino dei capolavori che infestano attualmente i nostri incubi di telespettatori disattenti e svogliati. Da questo punto di vista sono quattro (tra i tantissimi), i momenti cult di promozione televisiva della data fatica cerebrale che, secondo me, si qualificano per fama imperitura in questo Avvento 2013 scosso dalla tempesta dei forconi e solleticato nel suo ego-minimo dalla Sindrome della Marchetta Editoriale Selvaggia.

Eccoli qui di seguito in ordine vario e avariato ( ma non troppo):

Al quarto posto: L’intervento di Michele Serra a “Che tempo che fa” di Fabio Fazio per promuovere il suo libro “Gli Sdraiati” (I narratori – Feltrinelli Editore).

Ahi mitico Michele dell’indimenticabile “Cuore”, che fai?? Cos’ha procurato quegli occhi stanchi e il volto invecchiato nonché la decisione di presentarti “davanti” a Fazio? Non ti bastava lavorarci accanto?

Al terzo posto: L’intervento di Claudio Bisio e Diego Abatantuono sempre a “Che tempo che fa” di Fabio Fazio per promuovere il loro cinepanettone “Indovina chi viene aNatale?”

Solo una domanda: ma perché Fazio rideva così tanto ad ogni cazz…. pardon, uscita-minima?

Al secondo posto: La promozione dell’ultima fatica editoriale di Marco TravaglioViva il re!” (Chiare Lettere), fatta da Michele Santoro durante l’ultima puntata del suo Servizio Pubblico. Circa due ore (dico due ore e forse più!), di rottura dei suddetti continuata e senza requie tanto che se l’elefante non muore di suo uno è giustificato nello sparargli!

Al primo posto: La promozione dell’ultima fatica factual (o fictional?) di Bruno VespaSale, zucchero e caffè” (Mondadori Editore) fatta dall’autore medesimo. Qui a questo punto mi inchino, mi genufletto… tali e tante sono state le parrocchie televisive (gestite da amici, colleghi, parenti, affini, immigrati, etc) che il giornalista ha visitato per dare visibilità al suo lavoro, che oramai mi pare abbia davvero ricevuto il dono dell’ubiquità come si conviene ad ogni anima ispirata in odore di santità. Vederlo poi addobbato con grembiulone ascellare davanti ai fornelli insieme alla Clerici è stato uno di quei momenti grazie-di-esistere che, volenti o nolenti, ci cambiano…..

Ah, ma dove andranno a morire gli elefanti editoriali? Esisteranno quei loro favolosi cimiteri ricchi di “perle” intellettuali dimenticate? Il dubbio mi assilla… ma non troppo!

Featured image, un elefante africano (beato lui!), autori Eugenia e Julian, fonte Wikipedia.

 

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