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Sul sentiero dei Briganti – intervista a Valerio Minicillo

Creato il 10 giugno 2014 da Wsf

“Quale risorgimento?” è il titolo del Libro-CD pubblicato da Valerio Minicillo per la Caramanica Editore. Il testo si concentra su quello che all’epoca era chiamato il Regno delle Due Sicilie, ponendo una particolare attenzione anche al contesto musicale che fa da sottofondo a quel periodo.
Per inquadrare meglio il lavoro, lasciamo spazio all’autore.

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Come presenteresti il tuo lavoro?

Non è facile presentare un lavoro del genere perché è un’opera, anzi, una doppia opera, molto particolare e complessa. Innanzitutto parliamo di un disco e di un libro. Sono due lavori che vedevo molto bene insieme e che, quindi, ho deciso di unire in un unico superlavoro: uno musicale e uno letterario. Il disco, Eredi dei briganti, è composto da 10 brani ed è un album molto versatile, che spazia da un genere all’altro. Presenta, inoltre, sia brani d’autore che strumentali. Questione Meridionale, Se tornasse Ferdinando, Angelina Romano e La storia nascosta sono canzoni legate al contesto storico e a quello che accadde durante il cosiddetto “Risorgimento” (con un po’ di eccezione per l’ultimo brano che è fondamentalmente una canzone di speranza ed un inno al popolo di una terra straordinaria che un tempo si chiamava “Regno delle Due Sicilie”). Quanti ricordi ancora è una dedica e una delle canzoni a cui sono maggiormente legato tra tutte quelle che ho scritto finora (e sono tante: spero di pubblicarle tutte!). Se te ne vai via è una canzone d’amore. Via del Campo è un mio modesto omaggio a Fabrizio De André e ci tenevo a inserirla in questo disco. Infine, ci sono due brani strumentali che sono Suono di un’alba (che suono col mio sax) e il Medley delle Due Sicilie (un medley delle melodie rivisitate di Questione Meridionale, Se tornasse Ferdinando e Angelina Romano che è caratterizzato da quello che forse è stato il mio più grande lavoro di arrangiamento fatto finora e che dura più di 8 minuti!).
Il libro, che presenta dei bellissimi interventi di Pino Aprile, Lino Patruno e Francesco D’Episcopo, riporta gli aspetti principali della storia del Regno delle Due Sicilie (dove cerco di far riflettere il lettore in particolar modo nella parte del periodo borbonico), alcune riflessioni personali, estese anche al contesto musicale, e persino un capitolo di poesie da me scritte. Credo, ad ogni modo, che la migliore presentazione del mio lavoro sia, semplicemente, leggere il libro e ascoltare il disco o, come hanno fatto in tanti, leggere il libro con in sottofondo il disco.

Come nasce il “concept” del tuo album?

Un disco nasce sempre dalla voglia di comunicare. La musica permette di fare questo. A livello emotivo, la musica ha un potere enorme e se usata bene può ottenere risultati importanti. Ad esempio, so di persone che sono venute a conoscenza di ciò che ha dovuto subire il Regno delle Due Sicilie grazie alle mie canzoni e, grazie al suono coinvolgente a sostegno delle già coinvolgenti parole dei testi, hanno avuto un’emozione e una presa di coscienza importanti. C’è chi mi scrive che quando ascolta Questione Meridionale riceve una spinta di energia pazzesca, così come c’è chi dice di emozionarsi fino a piangere all’ascolto di Angelina Romano (altra canzone tra quelle che considero tra le più belle che ho scritto). Ho sempre amato scrivere per comunicare. Scrivo da sempre: in classe, nei momenti di pausa, gli altri giocavano al “fantacalcio” e io scrivevo versi. In Conservatorio, gli altri suonavano le loro lezioni e io, assentandomi di nascosto, me ne andavo nella stanza dove c’era il pianoforte a coda e componevo. Ma mi piace scrivere anche per vivere in un mondo tutto mio: ad esempio ho scritto diversi racconti e romanzi (che probabilmente pubblicherò) e inventare personaggi, luoghi e situazioni mi permette di avere a che fare con quei personaggi, stare in quei luoghi e vivere quelle situazioni. Nel caso specifico di un album, è tutta una questione di amore per la musica e condivisione delle mie emozioni con gli altri. Quando questo avviene vuol dire che c’è soprattutto voglia di comunicazione ed il disco nasce da qui.


Come sarebbero potute andare diversamente le cose?

Se l’Italia andava fatta, andava fatta in un modo certamente diverso. Un conto è unire dei territori e metterli tutti sotto l’entità “Italia” garantendo rispetto reciproco tra popoli, culture e storie diverse; un altro è vedere un Regno (in questo caso quello sabaudo) che si allarga inglobando altre realtà territoriali. È stata fatta la seconda cosa e da lì è nata una nuova realtà basata su equilibri ben definiti in cui la parte meridionale di questa nuova “creatura” fosse la parte debole. La parte forte, per essere tale, ha sempre bisogno di una parte debole e quest’ultima parte fu assegnata al Sud. Se ci si fa caso, somiglia un po’ a quanto è successo oggi con l’Europa: si unisce tutto e si creano parti deboli e parti forti. L’Italia è diventata, a sua volta, parte debole d’Europa. La storia si ripete.

Pensi che il Sud possa ancora riprendersi? 

Secondo me sì, ma ci vorrà del tempo. Il fatto che potesse nascere una nuova consapevolezza sembrava fantascienza, eppure è successo. Se è stato possibile questo, che non è cosa da poco, vuol dire che sono possibili anche altri traguardi. Non tutti quelli che fanno musica (anzi, quasi nessuno) sfruttano il loro lavoro per parlare di argomenti importanti: io l’ho fatto e ci ho messo il nome e la faccia. Questo potevo fare e questo ho fatto. Ognuno, con le sue competenze, deve fare la sua parte. Tanti politici meridionali sono riusciti ad arrivare nei palazzi del potere che conta, ma cosa è stato fatto di concreto per tutto il territorio che una volta era il Regno delle Due Sicilie? Perché, ad esempio, c’è questo ritardo pazzesco in tema di infrastrutture? Perché alcune regioni, di fatto, è come se non ci fossero per la politica nazionale? Immaginiamo cosa potrebbe essere tutto il Centro-Sud soltanto con una buona politica di infrastrutture. Solo con quella. È un fatto di mentalità. Per molti, però la situazione è la seguente: il Sud non è importante, quindi niente infrastrutture né politiche di sviluppo. Non è così. Il Sud è importante eccome! Un’altra cosa: l’evoluzione passa soprattutto per l’arte e la cultura. Troppi giovani cadono nelle distrazioni come alcuni strani programmi televisivi (che sono quasi un’offesa al dono gratuito dell’intelletto umano) o nel calcio (che spesso smette di essere una semplice passione come tante e sfocia nel fanatismo, smettendo di essere uno sport e diventando quasi una situazione politica, come se fosse una cosa primaria: le cose primarie sono altre!). Si parlasse meno di queste distrazioni e si cominciasse ad avere passione e tifo da stadio per gli aspetti storici del Centro-Sud, per la sua cultura. Si faccia tifo per il territorio e si lascino perdere le distrazioni, che non solo non portano a nessun risultato concreto ma garantiscono la continuazione degli assetti che abbiamo. Il buon De André, proprio in Via del Campo che è presente sul mio disco, diceva: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”. Io dico: dalle distrazioni non nasce niente, dalla cultura nasce il cambiamento.

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“Valerio Minicillo Nasce a Pontecorvo il 10 agosto 1985. A nove anni entra al Conservatorio di musica “Licinio Refice” di Frosinone. Affianca agli studi di sax quelli di pianoforte e comincia a dedicarsi autonomamente all’arte della composizione. Il 3 luglio 2001 si diploma brillantemente in sax, a sedici anni. Cresce l’interesse verso il jazz e la composizione e il 12 marzo 2007 ottiene il Diploma di Laurea di 2° livello in sax, nella Disciplina Musicale “Musica moderna e per lo spettacolo”, con votazione 110/110 e Lode, discutendo una Tesi di analisi improvvisativa e compositiva su John Coltrane. Nel febbraio del 2008 ottiene, infine, il Diploma di Jazz. Grazie alla passione per la musica dei Beatles e di John Lennon, ma anche per la musica d’autore italiana, soprattutto quella di Fabrizio De André, parallelamente agli studi in Conservatorio scrive canzoni fin dall’adolescenza. Dopo esser venuto a conoscenza, grazie a Mons. Vincenzo Tavernese, della grande storia, ancora poco nota, del Regno delle Due Sicilie, scrive la canzone “Questione Meridionale”, destinata a diventare un inno meridionalista che apre diversi convegni ed eventi organizzati in diverse città italiane e incentrati sul Risorgimento. Nel 2013 esce la sua pubblicazione caratterizzata da un lavoro musicale, l’album “Eredi dei briganti”, ed uno letterario, il libro “Quale Risorgimento? – Riflessioni Meridionaliste”, con interventi di Pino Aprile, Lino Patruno e Francesco D’Episcopo.”

Scheda sul sito dell’editore: http://www.caramanicaeditore.it/catalogo/schedalibro.asp?id=324
Contatti: [email protected]


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