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Sulle distrazioni

Da Lucalo

Sulle distrazioni

Cominciamo dall’inizio.

Nasci che già ti nutrono, ti vestono, ti coccolano, insomma ti confezionano tutto quel pacchetto chiamato “vita”.

A tre anni subito in asilo, poi elementari, poi medie, poi superiori, ed è più o meno a questo punto che cominci ad avere una sana voglia di libertà.

Ma non hai ancora finito, così stringi i denti, magari fai l’università, la finisci, il giorno dopo sei finalmente un nuovo disoccupato.

Che vorrebbe voler dire un uomo libero, ma senza un soldo non combini granché, così bene o male che vada – a seconda dei punti di vista – cominci a lavorare, metti i soldi da parte, paghi l’affitto in nero, soldi da parte, affitto in nero, soldi da parte, affitto in nero; quattrocento, cinquecento euro messi da parte, eccheffà non vogliamo farci una meritata vacanza? E torni al punto di partenza.

Ora, cosa c’entra tutto questo con le distrazioni.

C’entra perché in tutta questa manfrina che dura tipo venti, trenta, quarant’anni nei casi più fortunati, in cui ti tieni occupato con studi, impegni, meeting, progetti, telefonate e titoli altisonanti su Linkedin; in tutta questa manfrina mi chiedo quand’è quell’anno, ma che dico anno, quel mese, ma che dico mese, quell’istante in cui hai avuto tempo per pensare a una cosa soltanto: cos’è che cercavi? Cioè, da quando sei nato ad oggi ci sarà qualcosa che avrai voluto sempre fare o voluto sempre avere; qualcosa, tipo, che avrebbe dato un senso alla tua vita.

E lo so, ce l’avevi sulla punta della lingua fino a un attimo fa ma ti è passato di mente, quando? Tipo venti, trenta o quaranta anni fa.

Sulle distrazioni

Dici: ho sempre voluto fare un viaggio in Tailandia, quello sì che avrebbe dato un senso alla mia vita: ti seguo.

Quindi parti per la Tailandia, stai uno, due, sei, dodici mesi, come ti pare; a un certo punto ti rompi un po’ le palle oppure credi che la tua vita avrebbe avuto più senso in quell’altro modo, così torni a casa – sempre ammesso che rientri nell’80% di titolari di casa di questo paese – torni a casa e stai per chiederti: cos’è che volevo fare nella vita? Ma per fortuna arriva prima la paura della disoccupazione, del fallimento, oppure al contrario il lavoro, il meeting, la telefonata, l’aggiornamento del profilo su Linkedin, e poi: come non mettere la nascita di un figlio, ti cambia la vita; senza figlio: una cosa, con figlio: un’altra, e allora vai di pannolini, passeggiate e passeggini, i pranzi coi nonni la domenica – sempre ammesso che tu non sia tra i migliaia di emigranti di questo paese – insomma mettici tutto questo pacchetto di distrazioni che distrattamente chiamiamo “vita”.

E alla fine mi chiedo una cosa, una cosa piccola, una cosa da post; mi chiedo se in tutto questo, una sera, per caso – in balcone a fumare la sigaretta di nascosto dalla moglie o al bagno in ufficio a controllare la tua ultima crisi di panico – mi chiedo se avrai mai avuto il tempo, per un istante, così per sbaglio, di chiederti una cosa, una cosa sola: ma io cos’è che cercavo?


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