Quando in Marocco si sale sui nuovi tram cittadini sembra di entrare in un altro mondo. Inaugurati poco più di un anno fa, sono il vanto del sistema dei trasporti urbani, il vanto delle due città in cui sono presenti: a Rabat, la capitale, e qui a Casablanca, il cuore finanziario del Paese.
Sono talmente nuovi, questi tram, che quando si prende la diramazione occidentale, il cui capolinea è proprio sulla spiaggia cittadina di Aïn Diab, si attraversano quattro stazioni fantasma, quattro strutture pronte all’uso lasciate in stato dormiente in mezzo al nulla, in attesa che l’urbanizzazione le raggiunga. Sono talmente nuovi che non sembra vero di vedersi passare davanti agli occhi chilometri di periferia in abbandono, decadente, divorata dai rovi e dall’immondizia abbandonata per strada, mentre la suadente voce registrata annuncia compostamente la prossima stazione, prima in arabo e poi in francese.
La spiaggia di Casablanca è un’immensa distesa luccicante punteggiata dai due vecchi fari abbandonati e limitata dalla Corniche a nord e dall’isola di Marabout de Sidi Abderrahmane a sud. Sulla sabbia accarezzata costantemente dall’Oceano Atlantico si riflettono il sole e le nuvole, e poi i colori fiammanti del tramonto. “Il tramonto più bello del Marocco”, dicono i ragazzi di Casablanca, così ingenuamente innamorati della loro città.
Su questa distesa di luci e umidi riflessi i ragazzi – e anche qualche ragazza – giocano a calcio. Si affollano con tanta insistenza che ci si domanda come facciano a non cozzare gli uni contro gli altri. Ogni tanto qualche turista si lascia convincere a fare un giro sui tozzi cavalli o sui muli portati su e giù dai loro padroni in cerca di clienti. Le famiglie cercano riparo sotto gli ombrelloni dati in affitto insieme alle poco appropriate sedie da giardino in plastica. E lui, Kamal, cavalca le onde.
Kamal Harboula, ex campione nazionale di surf, titolare della scuola Casa Surfhouse, la pelle abbronzata, il sorriso generoso, la barba ispida. Quando mi dice di avere “ormai” 43 anni ride senza un’ombra di preoccupazione negli occhi: “Mi sono divertito per tutta la vita, poi ho cominciato a pensare al mio futuro facendo sempre quello che amo… non mi sento vecchio per niente!”
Kamal ha scoperto il surf a 13 anni. Ogni anno andava in vacanza con i genitori nel nord del Marocco e guardava i ragazzi venuti dalla Francia sfidare il mare con le loro tavole. Ha continuato a guardarli senza fare niente per otto anni. Poi, terminati gli studi, con i soldi del suo lavoro in fabbrica ha comprato la sua prima tavola. Cinque anni dopo è diventato campione del Marocco. “Perché non facevo altro che surf, tutti i giorni.”
Ora la sua passione è insegnare agli altri. “Per prima cosa con i ragazzi parliamo del mare, di come rispettarlo. Poi viene il gioco: a tutti i bambini piace l’acqua, se li si lascia liberi di divertirsi non possono fare a meno di amare il mare.”
Ogni mattina, prima di cominciare i corsi, Kamal e i suoi ragazzi ripuliscono la spiaggia. Raccolgono le cartacce, le bottiglie di plastica, tutto lo schifo lasciato quotidianamente sulla sabbia da chi pensa che il mare sia una specie di scatola magica in cui far scomparire qualunque residuo del proprio passaggio senza conseguenze per nessuno.
Poi si lanciano verso le onde. Kamal li segue senza risparmiarsi un momento, congedandosi per il tempo necessario solo all’ora della preghiera. Tra i suoi allievi c’è anche qualche ragazza. “All’inizio non era facile convincere i genitori a far partecipare le figlie in un ambiente misto. E poi in Marocco non hanno una buona opinione dei surfisti, hanno visto Point Break e pensano che siamo solo una banda di alcolizzati e drogati. Poi però hanno cominciato a conoscermi e sono riuscito a guadagnarmi la loro fiducia.”
Ogni anno per il suo compleanno, a maggio, Kamal organizza una gara di surf per ragazzi e ragazze, iscrizione gratuita, premi e divertimento assicurati. Il suo regalo è “poter condividere il mare e la spiaggia con più amici possibile.”
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