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Sunshine cleaning (di Christine Jeffs, 2008)

Creato il 30 luglio 2012 da Iltondi @iltondi

Rose Lorkowski (Amy Adams), ex cheerleader e reginetta del liceo, lavora in un’impresa di pulizie e frequenta Mac (Steve Zahn), sua vecchia conoscenza e ora sposato con un’altra. Sua sorella Norah (Emily Blunt) è una sbandata che perde il lavoro e vive col padre, Joe (Alan Arkin). E poi c’è il piccolo Oscar, figlio di Rose, che manifesta comportamenti non proprio consoni alla scuola e viene espulso continuamente. La vita di Rose, insomma, non è priva di problemi; ma quando avvia una nuova impresa, la Sunshine Cleaning, specializzata nel ripulire le scene del crimine da sangue e residui organici, le cose cominciano ad andare bene. Sunshine cleaning (di Christine Jeffs, 2008)

Film indipendente, diretto dalla neozelandese Christine Jeffs e presentato al Sundance nel 2008. Se le vicende familiari ripercorrono schemi ormai consolidati e funzionali, quelle del lavoro sono la vera nota originale del film: mettere su un’impresa di pulizie che opera sulle scene del crimine è una scelta che merita quantomeno una menzione. Lavoro che comunque assume una doppia valenza per le sorelle Rose e Norah, portandole dritte nelle case della gente e in mezzo ai loro ricordi, i loro oggetti, il loro tragico passato. Gli elementi di commedia e dramma sono dosati in maniera attenta, così sense of humour e commozione riescono a stare bene insieme, grazie soprattutto alle espressioni autentiche delle due protagoniste (Amy Adams e Emily Blunt confermano di essere due tra le attrici più interessanti del momento). Ma Alan Arkin, Oscar 2007 per Little Miss Sunshine, sa rubare loro la scena. La sceneggiatura non eccede nelle spiegazioni superflue, e questo è un altro vanto della pellicola (per esempio, il poliziotto Mac che glissa sui motivi che l’hanno spinto a sposare una donna che non ama). Tante piccole storie in una (comprese quelle dei personaggi secondari Winston e Lynn) e un finale giustamente diviso a metà tra le due sorelle. Spirit in the sky di Norman Greenbaum sui titoli di coda.


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