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Supermani: tutti i padri nobili dell’Uomo d’Acciaio

Creato il 15 gennaio 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco
Speciale: Superman: speciale 75° anniversario
  • Speciale 75 anni: Superman non muore mai
  • Quando nasce Superman: l’avventura politica di Franklin Delano Roosevelt
  • Quando Eco leggeva Superman
  • Superman #14 – Luca Maresca
  • Le città dell’Uomo d’acciaio
  • Quando nasce Superman, parte 2 – comic book
  • Action Comics #644 – Luca Casalanguida
  • La genesi di Superman – Parte prima (religione e letteratura)
  • Action Comics #684 – Emilio Laiso
  • Action Comics #252 – Alessandro Gottardo
  • Superman #86 – Walter Trono
  • Superman #1 – Antonio Lucchi
  • Superman #199 – Giuliano Piccininno
  • World’s Finest Comics #180 – Claudio Villa
  • The battle of the century: Superman vs the Amazing Spider-Man – Maurizio Rosenzweig
  • American superway: il Superman televisivo di George Reeves e l’America anni 50
  • Action Comics #59 – Marco Castiello e Vincenzo Acunzo
  • L’eroe (s)mascherato
  • La genesi di Superman – Parte seconda (iconografia)
  • Action Comics #269 – Giuseppe Palumbo
  • Chi ha creato Superman: la storia di Joe Shuster e Jerry Siegel
  • Essential 11: Superdicono di lui
  • Jerry Siegel: storia di eroi, paperi e battaglie
  • Il corpo di Superman: misura e armonia come simboli incarnati di credibilità e moralità – Prima parte
  • Kal-El, figlio di Jor-El
  • Il corpo di Superman: misura e armonia come simboli incarnati di credibilità e moralità – Seconda parte
  • Superman: un racconto mitologico che vive nel presente
  • Superman #317 – Lorenzo Ruggiero
  • Il Superman di McLuhan
  • Kal-El, Superman, il potere e la storia (parte 1)
  • Superman Vs Mohammed Ali – Stefano Pavan e Daniele Tomasi
  • Tanti superuomini, un unico Superman
  • Kal-El, Superman, il potere e la storia (parte 2)
  • “Il suo più grande nemico? L’intolleranza!”, The Superman radio show nel 1946 – Parte prima
  • “Il suo più grande nemico? L’intolleranza!”, The Superman radio show nel 1946 – Parte seconda
  • Action Comics #487 – Riccardo Nunziati
  • Supermani: tutti i padri nobili dell’Uomo d’Acciaio

Supermani: tutti i padri nobili dell’Uomo d’Acciaio Superman Neal Adams Mort Weisinger John Byrne Joe Shuster Jerry Siegel Jack Kirby In Evidenza Grant Morrison Geoff Johns Gary Frank Frank Quitely Frank Miller Dennis ONeill Dan Jurgens Curt Swan Alan Moore

Supermani: tutti i padri nobili dell’Uomo d’Acciaio Superman Neal Adams Mort Weisinger John Byrne Joe Shuster Jerry Siegel Jack Kirby In Evidenza Grant Morrison Geoff Johns Gary Frank Frank Quitely Frank Miller Dennis ONeill Dan Jurgens Curt Swan Alan Moore

Settantacinque anni di avventure indimenticabili, spassose, avvincenti, a volte stupidine. E una legione di autori che hanno aiutato il capostipite di tutti i supereroi a spiccare il volo molti decenni prima che i comic books riuscissero a conquistarsi un posto al sole della cultura pop. Il pantheon degli sceneggiatori e dei penciller che hanno costruito la leggenda di Superman è un frullato di facce e invenzioni che fino a pochi decenni addietro sono rimaste ben nascoste dietro la ferrea policy della DC Comics. E che meritano un posto d’onore nella memoria di tutti gli appassionati di Super-comics.

JERRY SIEGEL & JOE SHUSTER

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Corre l’anno 1933 quando lo sceneggiatore Jerome “Jerry” Siegel e il disegnatore Joe Shuster, rotto il ghiaccio sulle fanzine ciclostilate fra i banchi di scuola, hanno l’intuizione del primo superuomo dei fumetti. Molte le fonti di ispirazione: in termini di fiction, romanzi pulp come Doc Savage di Kenneth Robeson o Gladiator di Philip Wilye; dal cinema, le pose plastiche di Douglas Fairbanks (senior), preso a modello per le fattezze del personaggio mentre dai fumetti, i pigiamini attillati del Flash Gordon di Alex Raymond. In termini emotivi, il nuovo “raddrizzatorti” in calzamaglia nasce per vendicare la triste fine di Mitchell Siegel, padre di Jerry, morto di infarto durante una rapina.
I due cartoonist di Cleveland provano a rifilare il personaggio a un’agenzia, ovviamente, senza cavarne fuori niente per cinque lunghi anni. A credere in Siegel e Shuster è la National Periodical Publications, futura DC Comics, che prima li arruola sulle pagine di Detective Comics con collaborazioni saltuarie, e poi scommette sul personaggio al momento del lancio della nuova rivista antologica Action Comics (Aprile 1938). L’errore, sesquipedale, è quello di cedere al publisher newyorchese la più potente icona americana dai tempi di Mickey Mouse per soli 130 dollari. Un passo falso che peserà a lungo sul destino professionale del duo: Siegel e Shuster si ritrovano ridotti a travet del fumetto fino agli anni ’70, quando la DC Comics, sull’onda di una petizione firmata da un parterre tanto eterogeneo da comprendere autori satirici come Jules Feiffer o romanzieri come Kurt Vonnegut, decide di assegnare ai due cartoonist ormai ridotti in miseria un modesto vitalizio e riconoscere loro la canonica tag «Creato da Jerry Siegel & Joe Shuster». All’attivo della super-coppia delle origini, circa un decennio di super-storie: 13 tavole a settimana per i periodici Action e Superman, più 6 strip e una tavola domenicale per i quotidiani. Una produzione colossale, realizzata anche grazie a uno stuolo di ottimi collaboratori.

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MORT WEISINGER
Autentico alter ego di Jerry Siegel con cui comincia a collaborare pochi anni dopo il debutto di Superman, Weisinger è lo sceneggiatore che più di ogni altro ha irrobustito il personaggio, cantandone le gesta fino ai primi anni ’70 e dilatandone a dismisura la “rogue gallery”. Fra i cattivi nati dalla sua penna: Brainiac e Mr. Mxyzptlk, oltre a BIzarro e un folto pattuglione di sopravvissuti kryptoniani. Sua anche l’invenzione della Kryptonite, sia nel classico, letale color mentolo-eucaliptolo che nelle varianti rosse, blu, dorate, etc. La sua cifra stilistica più tipica consiste in uno humour surreale godibilissimo per i lettori d’antan, ma un po’ stucchevole per quelli odierni: un piccolo neo che comunque non toglie nulla a una carriera davvero maiuscola tutta sotto il segno della grande “S”. Senza dimenticare gli altri due super-sceneggiatori dell’Uomo d’Acciaio: Cary Bates e Gerry Conway.

WAYNE BORING (Alias Jack Harmon)
Nato nel 1916 e formatosi fra la Chicago Art Institute e la Minnesota School of Arts, Boring debutta sulle pagine dei fumetti DC intorno al 1937 con le strip del detective Slam Bradley. Nel ’40 avviene il passaggio sulle pagine di Superman come “secondo” di Joe Shuster, oberato di lavoro. Lavorando di cesello sull’Uomo d’Acciaio, ben presto l’allievo supera il maestro, dando la sua caratterizzazione definitiva al personaggio e ai suoi principali comprimari, su tutti Lois Lane. Al contrario del Superman ruspante e un tantino amatoriale di Shuster, quello di Boring è alto, possente e sicuro di sé anche nei panni di Clark Kent, che nella sua interpretazione acquista un inedito spessore.

CURT SWAN
È un Superman ispirato al linguaggio grafico levigato e rassicurante del celeberrimo illustratore Norman Rockwell quello di Curt Swan, classe 1920 e una solida formazione sui tavoli da disegno del Pratt Institute di Minneapolis. L’esordio alla DC è datato 1945 sulle pagine di Boy Commandos, seguono Tommy Tomorrow e Wonder Woman. Esordisce sulle pagine di Superman con il numero 51 del Marzo/Aprile 1948 e per i 30 anni successivi resterà abbarbicato al mantello dell’eroe, gestendo anche testate satelliti come Superboy, Superman’s Girlfiend – Lois Lane e Superman’s Pal – Jimmy Olsen e divorziando dal nostro eroe solo nella seconda metà degli anni ’80. Ma è un esilio dorato che conta comunque ospitate di lusso come Superman: i ladri della Terra, storia scritta dall’immaginifico cartoonist anglo-canadese John Byrne. Gli va riconosciuto un altro merito, involontario e discutibilissimo: quella di aver rimesso mano alle spettacolari tavole Kirbyane dei primi anni ’70 per uniformare lo stile possente del Re a quello più apprezzato dall’editor-in-chief Julius Schwartz ossia il suo. Menzione d’onore per i bravi gregari piazzati al fianco di Swan durante la sua run, gregari preziosi come Dan Adkins, Tex Blaisdell o Frank Chiaramonte: oscuri, ma grandi professionisti della passatura a china.

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JACK KIRBY
“Affidatemi la testata che vende meno, e vi prometto che ne farò un best seller!”. Con questa impegnativa dichiarazione d’intenti, nel 1972, il “King” si presenta all’uscio della DC Comics. È un matrimonio d’interesse nato su una volontà comune: quella di dare un dispiacere alla Marvel, rea di aver acciaccato l’orgoglio del più grande autore di comic books di tutti i tempi, oltre ai fatturati della distinta concorrenza. Alla DC lo prendono in parola, e gli rifilano Superman’s Pal – Jimmy Olsen. Neanche il tempo di dire “bah”, e il King trasforma il giornalino dell’amico (sfigato) di Superman in una saga cosmica da fare invidia a Shakespeare: quella del Quarto Mondo. Nascono Darkseid, i Nuovi Dei, Big Barda, Mister Miracle, i D.n.aliens e un sacco di altra bella gente. Kirby, sfortunatamente, si dimostra terribilmente in anticipo sui tempi. Per i lettori fricchettoni dei favolosi seventies, troppo prosaici per apprezzare avventure cosmiche dal retrogusto biblico. Ma anche per i legnosi dirigenti della ex National Periodicals, che – sacrilegio! – fanno ritoccare le sue tavole e lo trattano con sufficienza. Il sogno di una DC crepitante di energia a pallini si conclude dopo una (cospicua) parentesi. E il Re torna a farsi maltrattare dalla Marvel sbattendo la porta.

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DENNIS O’NEILL E NEAL ADAMS
Breve la vita felice della coppia d’oro del fumetto supereroistico anni ’70 sulle pagine di Superman: O’Neill e Adams arrivano al capezzale del ragazzone giallo, rosso e blu dopo il grande successo di pubblico e di critica riscosso su Batman e Freccia Verde e Lanterna Verde. Missione: raddrizzare il botteghino di Superman in una delle croniche crisi di vendite legate alla irresistibile pesantezza della Super-Continuity. Ma nemmeno il solido mestiere di un ex-cronista prestato al fumetto e di un penciller di lusso possono qualcosa contro lo strapotere di Superman: pur eliminando la Kryptonite e ridimensionando i poteri del personaggio, O’Neill e Adams non riescono a identificarsi con un eroe dai poteri “quasi” divini. Scrive lo sceneggiatore sul fondamentale Superman at Fifty – The persistente of a legend (Octavia, 1987): «Per scrivere una storia di Superman mi occorrevano tre settimane, e comunque non ne ero mai pienamente soddisfatto. Per scriverne una di Barman, mi bastavano tre giorni. E in più, spesso mi divertivo». In mancanza di autentica passione, le vendite della testata continuano a languire. E così, Julius Schwartz, che torna all’antico con buona pace dei lettori più tradizionalisti. O’Neil resta, e passa ad altre avventure. Adams si ricicla come free-lance di lusso. Per rivederlo alle prese con l’Uomo d’Acciaio toccherà aspettare il 1976 e lo speciale king-size Superman contro Cassius Clay, una botta di campioni che levati, ma pur sempre un bel pretesto per leggere i fumetti.

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JOHN BYRNE, ALAN MOORE E FRANK MILLER
1985 circa: dopo tre lustri di spettacolare crisi creativa, il fumetto a stelle e strisce torna sugli scudi. Merito della nuova “presidenta” DC, Jenette Kahn. Con un occhio al fatturato e uno al fumetto europeo, la signora si dedica a una robusta operazione di restyling degli eroi in calzamaglia. Il primo passo è la maxiserie in 12 numeri Crisi sulle Terre infinite, che fa piazza pulita del polveroso passato degli eroi più anziani del fumetto con la scusa di una minaccia cosmica; il secondo, la chiamata a coorte di una legione di nuovi autori ansiosi di consolidare il proprio ruolo di cartoonist emergenti a suon di opere muscolari, spiazzanti, innovative. Superman viene affidato a John Byrne, sceneggiatore e disegnatore dall’approccio stilizzato e classicheggiante, già distintosi per il lavoro di revisione operato su icone del fumetto USA come Spider-Man e i Fantastici Quattro. L’opera magna di Byrne è L’uomo d’acciaio, una saga che restituisce all’eroe tutto il suo smalto ricostruendone la mitologia a partire dalle suggestioni del bel film di Richard Donner, dando una base
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fantascientifica ma solida ai poteri di Kal-El, regalando un inedito sex-appeal a Clark Kent e Luthor e introducendo nuovi personaggi, come la giornalista di gossip Cat Grant. Sorretta dalle trame scoppiettanti e dalle matite mai così kirbiane di Byrne, la serie decolla: purtroppo, dopo una manciata di numeri, per le croniche divergenze creative sul nuovo che avanza, Byrne lascia il posto ad altri autori, in primis il bravo Jerry Ordway. Il seme della rinascita di Superman, con inedite digressioni morali, politiche, sottilmente erotiche, è però gettato: nello stesso periodo, Supes viene rilanciato dal duo Alan Moore-Dave Gibbons, in una manciata di storie dal piglio malinconico e intimista come Per l’uomo che ha tutto (Superman Annual 11, 1985), realizzate non a caso in parallelo al capolavoro Watchmen. Senza dimenticare Frank Miller, che contrappone il “Boy-Scout a stelle a strisce” già vagheggiato da Umberto Eco in Apocalittici e integrati al suo Batman irrimediabilmente anti-sistema. Ne esce uno scontro al calor bianco che illumina l’ultimo capitolo della storia in quattro parti, Il ritorno del Cavaliere Oscuro, di bagliori epici e corruschi: gli stessi che Zack Snyder ha in programma per il blockbuster Batman Vs. Superman.

DAN JURGENS
Una vita per la DC: si potrebbe sintetizzare in questa formula la brillante carriera di Dan Jurgens, tipico faticatore di centrocampo distintosi per il suo apporto a testate come Justice League of America, Lanterna Verde e Warlord. Ma nel palmares c’è anche l’evento fumettistico del 1996, ovvero La morte di Superman, messa in scena nella saga omonima e nella successiva Funerale per un amico. Lesa maestà? Sì, no, forse.
Sull’opportunità delle morti annunciate del fumetto ci si potrebbero riempire intere enciclopedie, ma a rileggerlo con il senno di poi, lo showdown fra il boy scout di Siegel & Shuster e il kryptoniano kattivo Doomsday mantiene comunque una sua dignità, magari un po’ cafona ma comunque infinitamente superiore a quella di storylines recenti come Final Crisis o La notte più profonda, davvero troppo condite di personaggi e suggestioni da fine di mondo per dimostrarsi all’altezza delle aspettative. Senza contare che la morte di Superman Jurgens se l’è inventata, scritta e disegnata con le sue belle manine d’oro. Ai posteri il compito di decidere se si tratti di un merito o di una colpa.

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GEOFF JOHNS E GARY FRANK
L’idea: rifarsi direttamente al modello cinematografico imposto nel 1978 da Richard Donner e mai più superato. Non come John Byrne, che reinterpreta il tutto a modo proprio, citando qua e là ma aggiungendoci molto di suo, bensì prendendo come stampo per il “nuovo” Superman quello acclamato dei vecchi film anni ’70 e ’80. Così Christopher Reeve, scomparso nel 2004, torna a guizzare nei cieli di Metropolis grazie al formidabile team creativo formato dallo sceneggiatore Geoff Johns, il nuovo demiurgo del DC Universe, e dal disegnatore Gary Frank. Due personaggi da prendere con le molle: il primo per l’appassionato rilancio di character nobili ma misconosciuti come Hawkman, Flash o Booster Gold. Il secondo per il lavoro svolto per Marvel U.K. e poi per la base USA della Casa delle idee, con una run su L’incredibile Hulk, The Avengers e Squadron Supreme. Solo sei avventure, quelle firmate da questa coppia d’assi su Superman: secret origins e interpretate da un Superman con la faccia e i bicipiti dell’attore nato nella grande mela. Un lavoro tanto perfetto da attirare l’attenzione di Richard Donner in persona, che si concede una scappatella dal mondo del cinema per scrivere la saga del figlio adottivo di Clark Kent, e forse l’ultima grande super-saga degli ultimi anni.

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GRANT MORRISON E FRANK QUITELY
Scozzese, un passato da punk e un presente equamente diviso fra fumetti ed esoterismo, un talento per personaggi e tematiche dark, dalla misconosciuta Doom Patrol all’Animal Man ecologista e anti-vivisezionista degli anni ’80 a Batman, esaltato in storylines come Gothic e sotterrato, per fortuna non definitivamente, in Batman: R.I.P.: a prima vista, sembrava impossibile che Grant Morrison potesse riuscire a tirar fuori qualcosa di buono da Kal-El. E invece, in All Star Superman, lo sceneggiatore di Glasgow imbrocca il risultato che non ti aspetti: l’avventura “quasi” definitiva dell’eroe, ormai prossimo alla fine dei suoi giorni per colpa del sole ormai morente e rivitalizzato da un approccio narrativo stile “western crepuscolare”. Un discreto colpo di genio realizzato partendo dai precedenti reboot della saga, e ottimamente servito dai disegni spettacolari di Vincent Delghan alias Frank Quitely, già disegnatore di New X-Men e The Authority. Non una storia, ma La storia pensata per traghettare il nostro eroe verso gli anni venti. O per lo meno, fino al prossimo reboot. A proposito: con The New 52 (2011) Morrison passa alle collane regolari dell’eroe di Siegel & Shuster regalandogli nuove origini e una tenuta alla Li’l Abner ancor più brutta, se possibile, della nuova calzamaglia senza mutandoni scarlatti che ora va per la maggiore al cinema e sui fumetti.

 (To be continued…)

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