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Tales From The Borderlands Episode 2: Atlas Mugged – Someone needs more EXPLOSIONS!

Da Videogiochi @ZGiochi
di Jacopo "ED64" Retrosi

Ammettiamolo, l’annuncio di un’avventura grafica ambientata nell’universo di Borderlands aveva sollevato non poche perplessità, eppure il debutto di Telltale Games sulle desolate lande di Pandora si è rivelato un vero successo. Grazie a un incipit interessante, posteriore all’epilogo di Borderlands 2, un cast di protagonisti, comprimari e comparse azzeccato, e una sapiente narrazione, il team di sviluppo è riuscito a imbastire un intreccio dettagliato e avvincente, in linea con i canoni delle altre produzioni della software house statunitense, ma senza sminuire il nonsense e la chiassosità tipica del brand Gearbox, di cui ne ritroviamo una perfetta rappresentazione, colma di piccole citazioni, volgarità assortite e quell’ironia grezza che l’ha sempre contraddistinto, per non parlare dello stile grafico in cel-shading e dell’inebriante colonna sonora, ma stiamo divagando. Il secondo capitolo in programma, Atlas Mugged, si è fatto attendere parecchio, ma finalmente possiamo riprendere da dove ci eravamo lasciati con Zer0 Sum, e con che gioia, vista la “bella” sorpresa in dirittura dei titoli di coda. Non sarà semplice parlarvene apertamente evitando al contempo spoiler di alcun tipo, ma eccovi sviscerata questa nuova pagina di Tales From Borderlands.

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BRO? BRO!? BRO! BROBROBROBROBROBRO…

Quando si ha a che fare con una storia formato Telltale articolata e particolarmente fitta, è inevitabile che una o più porzioni della vicenda vengano scritte in funzione di altre, prendendosi il loro tempo per approfondire dettagli minori o presentare personaggi che non giocheranno un ruolo importante nell’immediato, e sopratuttto pompare le aspettative dello spettatore in attesa dei suoi futuri sviluppi; si tratta di un espediente per così dire “necessario”, più che mai dopo una lunga sequenza action e colpi di scena a raffica, e l’avvilente onere sembra essere toccato ad Atlas Mugged, che ereditando il polverone sollevato da Zer0 Sum è costretto a rallentare il ritmo per rettificare quanto accaduto e proseguire la storia secondo prospettive fresche. Con questo ci teniamo a precisare che comprendiamo benissimo la scelta di far prendere una boccata d’aria alla narrazione, tuttavia ciò potrebbe addirsi ad un The Walking Dead o ad un The Wolf Among Us a caso, certo non allo stile martellante, singolare e sopra le righe di Borderlands, caposaldo che nessun developer ambizioso ad approcciare il brand dovrebbe mai dimenticare (vero, 2K Australia?). Sia chiaro, nonostante la carenza di legnate, sparatorie, ilarità gratuite ed usi impropri della lingua (inglese, al momento non è in programma alcuna localizzazione nostrana) e più in generale dell’anatomia umana, nelle circa due ore necessarie allo scorrere dei titoli di coda la trama si evolve non poco, emergono nuove minacce, vecchie conoscenze e intrighi a iosa, un canovaccio più che sufficiente a sorreggere le prossime release e a mantenere vivo l’interesse dei giocatori, ma fin troppo pretestuoso per i nostri gusti, soprattutto nell’ottica da veterani della saga quali siamo, che ben sanno quanto su Pandora contino i fatti piuttosto che le parole, qui somministrate in dosi massicce e abbastanza fini a se stesse, oltre che prive di mordente.

Se nel primo capitolo infatti le fasi prettamente dialogiche si alternavano all’azione con naturalezza, senza buchi o incongruenze di sorta, tirando fuori dal cilindro soluzioni improvvisate e imprevisti “creativi”, comunque plausibili nel contesto, in questo gli stratagemmi con cui i due protagonisti riescono a trarsi d’impaccio dagli innumerevoli stalli tra la vita e la morte si rivelano a dir poco imbarazzanti, persino se inquadrate in un’ottica demenziale, che gli sviluppatori sembrano aver provato ad inculcare nel copione pur di rendere omaggio al filone principale, fallendo miseramente (curioso, visto che ci erano riusciti un paio di mesi fa). Tra l’altro, più la storia entra nel vivo, più appaiono evidenti delle grossolane forzature narrative, volutamente ignorate dal gioco, probabilmente per settare eventuali flag, a discapito però della credibilità del tutto (siamo su Pandora e vorresti farmi credere che non trovi neanche un cavolo di proiettile per ricaricare l’unico argano in grado di salvarti la vita? Pah!); inoltre va lentamente emergendo una fastidiosa disparità fra la sgangherata e discorde coppia di eroi, con un Rhys carismatico, divertente e sempre all’altezza della situazione, comprimari inclusi, e una Fiona ormai ridotta ad un pesce fuor d’acqua, troppo seriosa ed equilibrata per ambientarsi adeguatamente in quel di Borderlands, e troppo “sciatta” per lasciare un segno indelebile sullo schermo. Non a caso i suoi frangenti sono spesso scanditi dal ritorno di NPC ripescati dai vari titoli, un po’ a caso se ci è concesso, e anche così è difficile prestare attenzione senza tirare un paio di sbadigli. E poi c’è “lui”, che come da tradizione riesce dal nulla a deliziarci ad ogni entrata in scena, per quanto breve, e di cui attendiamo trepidanti l’agognato ritorno in auge per vederlo nuovamente all’opera (se avete un cuore, saprete già cosa scegliere in occasione del climax conclusivo). Impeccabili i modelli poligonali dei personaggi, in particolar modo le animazioni facciali, un po’ meno la cura per gli ambienti, sterili e scarsamente dettagliati, certo, parliamo di deserti, steppe e rovine, ma sapete quanto la direzione artistica di Bordelands 2 ci abbia viziato; minore invece il numero dei brani originali di Jesper Kyd, comprensibile tuttavia data l’esigua percentuale di sequenze movimentate sul già ridotto screentime totale; la prossima volta ne vogliamo di più. E più violenza. E più ignoranza. E più Borderlands…

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