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Tales From The Borderlands Episode Five: The Vault of the Traveler – Orbital Strike or Pizza? Hard to Tell…

Da Videogiochi @ZGiochi
di Jacopo "ED64" Retrosi

Fa sempre uno strano effetto avvicinarsi alla fine di un lungo viaggio. Ormai è quasi un anno che talloniamo da vicino Rhys e Fiona in quel di Pandora, e nonostante alcune perplessità sulla gestione delle loro vicissitudini da parte di Telltale Games, abbiamo imparato ad apprezzare la loro personalità poliedrica e la loro bizzarra alchimia. Con The Vault of the Traveler il cerchio finalmente si chiude, tutti i nodi vengono al pettine, e a noi spettatori la soddisfazione di conoscere l’epilogo di una scanzonata avventura che in quattro appuntamenti non si è certo risparmiata dal lanciare un sacco di carne sul fuoco, forse troppa per essere smaltita in un colpo solo. Il compito di questo quinto e ultimo capitolo tuttavia non è infatti semplice: non soltanto dovrà caricarsi sulle proprie spalle tutto l’hype accumulato e districare un’aggrovigliatissima matassa di eventi, retroscena e dettagli finora trascurati o lasciati in sospeso, dando così una degna conclusione alla vicenda, ma anche ricollegare quanto accaduto in Escape Plan Bravo con l’inizio della storia; come diamine siamo passati da aspiranti dominatori della galassia, appollaiati sul trono della Hyperion, a squattrinati relitti in preda a chissà quale cacciatore di taglie? E ricordiamo in neanche un paio d’ore! Missione compiuta dunque? Sì, ma non ne siamo convinti al 100%. Maggiori dettagli nella nostra recensione.

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I WANTED THE TRUTH… WHERE IS IT?

L’evolversi della trama ha portato con sé non pochi cambiamenti all’interno del cast, alcuni evidenti, altri meno, siano relazioni, schieramenti, attitudini, punti di vista, piccole sfumature caratteriali o comportamentali, un fenomeno che ha colpito soprattutto i due protagonisti, ma anche i principali comprimari, e persino qualche comparsa occasionale, tuttavia ogni qual volta se ne presentava l’occasione un dannato chiodo ha continuato a martellare sin dall’introduzione di una certa guest star, sebbene la sua presenza risultasse ignota a chiunque eccetto Rhys: Jack è il male assoluto, Jack è un bastardo senza onore, o roba del genere. Certo, agli occhi degli abitanti di Pandora questa visione del defunto boss della Hyperion risulta calzante, in quanto soventi bersagli di bombardamenti orbitali randomici, tanto erano considerati alla stregua di banditi, eppure ogni fan che in passato abbia estrapolato la figura di Jack Il Bello da quella del cattivo di turno dovrebbe ben essere a conoscenza del suo irresistibile carisma. Un personaggio un po’ psicopatico invero, a tratti schizofrenico, sadico, spietato, manipolatore, volubile, sfrontato, accecato dal potere e con ambizioni così grandi da fargli perdere il senno, un vero str**o quando ci si metteva d’impegno, ma sempre caratterizzato da quello stile inimitabile e quel fascino magnetico che lo rendevano un avversario estremamente amabile, nonostante di corpi sotto i ponti ne siano passati parecchi. È un tratto che emerge con forza in Borderlands 2 e nel Pre-Sequel, e i primi 4 capitoli di Tales From non sono da meno, almeno prestando attenzione ai suoi brevi battibecchi con Rhys, che ne catturano l’essenza con notevole precisione. Per noi è stato dunque facile simpatizzare con la sua evanescente IA, e sulla stessa scia condividere il profondo rispetto di Rhys nei suoi confronti, tuttavia la baracca in qualche modo doveva affondare, e qualcuno prendersi la colpa, pertanto come sono stati ripagati quei pochi audaci che hanno assecondato il suo volere sin dal principio? Con un 180° tanto repentino quanto ingiustificato (?), di quelli che ti lasciano l’amaro in bocca e portano a chiederti: “Ma era davvero necessario?” Per carità, il fuggi fuggi che ne scaturisce si è rivelato coinvolgente al punto giusto, con note di ilarità e mestizia assieme, e il piano di Jack… poteva essere un gran bello spettacolo da ammirare, messa da parte la nostra morte prematura, ciononostante alla fine dei giochi ci è sembrata una soluzione fin troppo facile, concepita per darla vinta a coloro che hanno preferito tenere il classico profilo da bravo ragazzo, negando a priori tutte le scelte finora compiute (in pieno stile Telltale). A dimostrarlo è lo scambio di battute che segue subito dopo, quando ormai lo scatafascio è irrimediabile, e Jack può tornare se stesso, nel dialogo probabilmente più empatico dell’intera serie, un momento di grande pathos che però non ci ha fatto dimenticare l’improvviso sbalzo d’umore del nostro beniamino… La fine del copione incombeva? O si è trattata di una libera interpretazione della sua follia? O entrambe le ipotesi? Mah…

Perché soffermarsi così a lungo sull’unico “antagonista” degno di nota? Perché si tratta dell’unico dettaglio su cui poter speculare senza il rischio di spoilerare la succosa seconda metà del gioco. Chiuso il capitolo Hyperion, il ritmo impenna bruscamente, scaraventando in scena tutte le rimanenze dei precedenti episodi, con risultati a nostro dire altalenanti: gente che fa ritorno giusto per schiattare male, gente che resuscita a sorpresa dall’oltretomba, imbucati che fanno capolino da chissà dove solo per ricordarci che Telltale non si è scordata di loro, diverse gag, alle volte un po’ forzate, qualche parentesi emotivamente impegnata, un paio di citazioni d’autore, e poi… una delle migliori sequenze di QTE mai partorita dal genere umano, uno dei più stupidi e randomici plot device per tenere in vita a qualunque costo uno dei protagonisti dopo un colpo di scena citofonato e superfluo, e un generico finale aperto che semina indizi su una probabile seconda stagione… decisamente un bel polpettone per chi si aspettava un epilogo all’insegna dell’azione serrata. Intrattenuti? Altroché! Soddisfatti? Meh, non proprio; non quando abbiamo sprecato così tanto tempo dietro a personaggi secondari che poi sono morti in modo inglorioso o hanno recitato un ruolo insignificante, non quando tutto il crescendo di eventi su cui la produzione ha calcato la mano sin dalle prime battute è andato sfumando per cedere il posto a una boss fight priva di contesto (l’esecuzione è un altro discorso), non quando il punto di giunzione tra le fasi pre e post flashback è stato fissato con lo sputo, tagliando corto con una spiegazione sommaria e frettolosa. Facile osannare Tales From puntando il dito sull’attimo fuggente, messo in risalto da quell’impostazione e quelle tempistiche da melodramma in cui eccelle, e che il pubblico occasionale tanto apprezza, ma ad un occhio attento non sfugge certo la mole di elementi lasciati in secondo piano e poi ripresi al momento più opportuno per assecondare questo artificio narrativo funzionale, senza dubbio, ma che in questo caso rivela un quadro non particolarmente coeso. Vero, abbiamo accolto i titoli di coda con un sorriso, ma si poteva fare di più e si poteva fare di meglio, specie con un universo vasto e variopinto come quello di Borderlands.

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