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Talking machine

Da Paterpuer @paterpuer
È uno dei nomi con cui lo chiamo (gli altri vanno da puzzola a cuccurullu, da batuffolo a bestiolina...) ed è forse il più azzeccato: macchinetta parlante.
Samuele Yannick ha bruciato le tappe del parlare, ha subito amato anche i simboli: lettere e numeri. E così la mia macchinetta parlante è ormai un partner a tutti gli effetti che parla, ragiona, tenta - qualche volta - di argomentare e soprattutto gioca con le parole: cambia vocali e sillabe ai nomi e alle canzoni, producendosi in un gioco combinatorio esilarante (anche lui sorride quando combinando le vocali arriva a chiamarmi "papà, pepè, popò!).
In questi mesi son successe tante cose, ad agosto Paola, complice il contratto di lavoro che le permette di avere settimanate di ferie, ha "spannolinato" Samuele col classico metodo pavloviano (chicco per pisciata) e debbo dire che è stata davvero brava. È stata brava sia perché in pochissimo tempo abbiamo detto addio al pannolino (già dall'età di sei mesi Samu faceva pipì e cacca nel vasino e quindi i pannolini erano solo una sicurezza psicologica), sia perché ha governato con fermezza il meccanismo contrattuale del "Se... allora".
Poi con naturalezza il dormire nel lettone è passato ad essere l'addormentarsi nel lettino.
Ricadute? Ogni tanto, come è naturale che sia (come la settimana scorsa in cui Samu mi ha pisciato addosso giustificadosi con un: "Ho pisciato su papà perché mi piaceva"), ma è tutta un'altra vita.
Samuele è definitivamente entrato nella fase che Piaget definisce "Stadio pre-operatorio". Si tratta di una fase in cui il gioco simbolico (alla base di cose come l'arte, se vogliamo dirla tutta) è preponderante. Due scarpe in fila diventano un treno, un bicchiere diventa una torre e così via.
Altre caratteristiche del pre-operatorio riguardano la connessione fra causa ed effetto (cose che accadono in sincronia sono percepite come legate da un rapporto di causa-effetto) e il proverbiale egocentrismo intellettuale (realismo): essendo inconsapevole dei propri processi mentali, il bambino considera il proprio punto di vista come obiettivo, assoluto e condiviso da tutti.
Qualche giorno fa però la mia macchinetta parlante mi ha sorpreso. Gli avevo "intimato" di non gettare a terra una cartaccia ma lui lo aveva fatto lo stesso, scientemente. Era iniziato un testa a testa, gli avevo ripetuto con calma che quella era una cosa che non andava fatta. Alla fine, in silenzio e senza protestare, è andato, ha raccolto la cartaccia e l'ha buttata nel cestino.
Ecco, questo ripensare, questo rielaborare in silenzio mi ha sorpreso, ha fatto una cosa che spesso noi adulti non siamo in grado di fare: tornare sui propri passi. Bravo piccolo!!!

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