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Tanti soldi promessi, speriamo per i nepalesi

Creato il 26 giugno 2015 da Cren

japa malla

La Conferenza si è conclusa, i donatori (stati, istituzioni e banche internazionali) hanno promesso aiuti per circa euro 4 miliardi (metà in prestiti). Per il governo è stato un successo. Ora bisogna vedere quanti di questi soldi arriveranno veramente in Nepal (e non spesi per acquisti nei paesi donatori e per eserciti di esperti) e quanti il governo riuscirà a spendere a favore delle vittime, delle infrastrutture e dell’economia, specie agricola, decisiva per le aree terremotate e per limitare la costante migrazione.

Fra i limiti della Conferenza, come segnalato nel commento sul post di Koirala, l’assenza dei paesi arabi del Golfo dove vivono centinaia di migliaia di migrati, della Russia, dell’Australia; dei paesi buddhisti come Thailandia, Burma che potevano costituire una lobby favorevole al paese che ha dato la nascita a Siddharta Gautama. Altri limiti, la poca attenzione alle questioni decisive per un paese povero e landlocked, quali flussi delle merci, condizioni tariffarie, facilitazioni alle esportazioni.

Giustamente l’amico Bibek Paudel, in un suo articolo, ricorda le arance delle colline, le mele e le pesche del Dolpo e della Kali Gandaki, le verdure prodotte tutto l’anno nei distretti colpiti dal terremoto. A Kavre era partita la produzione di caffè, mostarda, banane, funghi e fragole. Ad oriente il cardamomo, il ginger e il tè-

Nei distretti terremotati del Nepal centrale c’è una grande produzione di latte ma poca trasformazione in formaggio, yogurt e altri derivati. In Lantang (duramente colpito)  funziona (creato dalla cooperazione svizzera) un centro caseario , come ovunque, nelle montagne, si produce, localmente, formaggio e ricotta di latte di yak. Ma un litro di latte viene pagato Nrs.50 (circa euo 0,5), meno della metà di quanto viene venduto un bicchiere di tè a un turista e se allevatori e contadini non guadagnano, fuggono a Kathmandu o negli emirati.

Tutto è poco organizzato, parcellizzato, dipendente dai monsoni o dal clima. Proprio in questi giorni nel Nepal occidentale sono morti centinaia di yak, perchè le nevicate hanno coperto i pascoli.

Se ci fosse una politica commerciale e agricola questi prodotti potrebbero essere brandizzati, i produttori aiutati con sussidi per i trasporti aiuti per trovare mercati, la comunità internazionale, come forma d’aiuto alla ricostruzione, potrebbe praticare tariffe d’importazioni competitive.

Un aiuto strutturale sarebbe investire, in modo efficacie e non come fatto nel passato, nei villaggi favorendo il credito ai contadini, cooperative di produzione per favorire economie di scala, finanziare i giovani per l’artigianato ma, anche, per tutte le attività collegate all’information technology e al turismo (per adesso concentrato solo in poche aree privilegiate e ricche come quelle intorno all’Annapurna e all’Everest, che raccolgono l’80% dei trekkers e scalatori.


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