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Tanto per parlare. Bisio, Genovese e il 2012.

Creato il 31 gennaio 2011 da Marce982

Devo ammetterlo, questo è uno di quei post cumulativi che non mi piacciono molto, ma che – per un motivo o per un altro – mi trovo a dovere scrivere. Vuoi perché non ho avuto molto tempo, né molta voglia, di aprire l’interfaccia del blog e buttare giù qualche idea da condividere con voi che mi leggete; vuoi perché molte delle cose che avrei scritto sarebbero risultate ripetitive rispetto agli ultimi post (basta parlare di politica!); vuoi perché altre cose non era poi molto indicato urlarle ai quattro venti. Insomma, alla fine, ho deciso che era meglio tacere, piuttosto che scrivere qualche stronzata.

In questo modo, però, mi sono tolto il piacere di chiacchierare di alcune cose viste e lette nell’ultimo periodo.

Forse avrei fatto meglio a chiamare questo post “Tre al prezzo di uno”.

Innanzitutto, Vi presento i nostri, terzo capitolo dell’esilarante “saga” dei Fotter (o meglio dei Focker). Il film è stato piacevole e divertente. Un po’ sottotono rispetto ai precedenti, soprattutto al secondo (Mi presenti i tuoi?). In ogni caso non mancano le gag e le situazioni spassose che hanno reso questi film un vero cult della commedia americana. In fondo, quando mettono insieme due attori del peso di Robert De Niro e di Ben Stiller, il risultato non può che essere esplosivo. Una delle scene topiche di questo ultimo – a quanto pare – capitolo della fortunata trilogia è rappresentata dal duello tra Greg Fotter e Jack Byrnes, uno scontro tra titani che tutti attendevamo sin dalla prima pellicola. Vi presento i nostri non è un film eccezionale, però è divertente e riesce a regalare un ora e mezza di sano relax, cosa da non sottovalutare.

Qualche giorno fa ho finalmente visto Benvenuti al Sud, il film con Claudio Bisio, ispirato alla pellicola francese Giù al Nord. Non sono tra quelli che apprezza molto le commedie italiane degli ultimi 20 anni (a parte qualche rara eccezione), tuttavia, questa pellicola ha un gusto particolare, è divertente e leggera, ma senza essere banale o ridicola o, peggio, volgare. Molto al di sopra della media alla quale ci ha abituati il nostro cinema, che non sembra più in grado di fare ridere con intelligenza, senza ricorrere a battute triviali o a trame grossolane e assolutamente inconsistenti.

Ho voluto dare ulteriore fiducia al cinema italiano e sono andato a guardare anche Immaturi, di Paolo Genovese. Anche qui, non posso dire che il film non mi sia piaciuto, anzi, l’ho trovato a tratti gradevole e divertente. Ma il ritmo, dov’è il ritmo? Lungo i 108 minuti della pellicola ci sono dei momenti di stanca intollerabili, ampie scene in cui sembra che il tempo di dilati a dismisura facendo nascere il desiderio di mandare avanti veloce. Peccato non avere un telecomando con sé. In ogni caso, anche Immaturi non è male e, di certo, migliore dei vari cinepanettori e di molta parte delle commedie italiane (ho visto anche La banda dei Babbi Natale, non ne parlo solo perché non mi va di dare delle stroncature a chi, come Aldo, Giovanni e Giacomo, ci ha regalato memorabili momenti esilaranti con I corti, Mai dire… e tutto quel bagaglio di sketch che hanno battezzato l’inizio della loro carriera).

Infine, ho terminato la lettura de L’ultima profezia 2012. Il testamento Maya romanzo di Steve Alten edito, in Italia, da Newton Compton. Non che io sia tra coloro che immaginano che nel 2012 ci sarà l’apocalisse. Sono però curioso per natura e volevo scoprire cosa avesse partorito la  fervida fantasia di Alten circa alle leggende che gravitano intorno alla fatidica data del 21 dicembre 2012. Devo ammettere che L’ultima profezia si è rivelato un libro piacevole e accattivante, ma soprattutto coinvolgente. Scritto con uno stile lineare, quasi cinematografico (sia nella costruzione dei dialoghi, sia nella suddivisione delle scene), questo romanzo ha il pregio di non essere più di ciò che rappresenta: intrattenimento. Steve Alten ricama una storia perfettamente inverosimile, così incredibile che non può che essere frutto dell’immaginazione di una mente brillante. Nonostante ciò, la storia è perfettamente credibile, coerente e strutturalmente solida. Alten è riuscito a dipingere una tela vivida, restituendoci l’immagine di “ciò che potrebbe essere se” e non di “ciò che è”. Un libro gradevole le cui pagine si sfogliano quasi da sole, una dopo l’altra, catturando l’attenzione del lettore. L’unico appunto che mi viene da fare è l’eccessiva prevedibilità del finale, suggerito dagli eventi già all’inizio della seconda parte del romanzo. Se fosse stato tradotto in pellicola avrebbe di certo fatto una figura migliore di 2012.

Per il momento non c’è altro.


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