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Teacher Cla è durato solo 22 giorni

Creato il 14 settembre 2014 da Clach
i love u teacher

I love you too, Preen

La mia prima esperienza di insegnante d’inglese in una scuola elementare di Songkhla è durata purtroppo solo 22 giorni, di cui appena 13 di lezioni effettive. In ore, poco più di 50.

Sono stato gettato in una situazione che mi sembra corretto e non giustificatorio (e anche ben poco consolatorio), definire “set up to failure”. Il primo giorno di lezione a farmi da mentore è stato un ragazzo filippino di 22 anni, piuttosto riconglionito, anch’egli alla prima esperienza, cominciata solo 10 giorni prima di me. Con lui sono entrato in classi di 45 bambini incontrollabili, maleducati e molti dei quali non parlano una parola d’inglese. La prima parola che ho imparato è stata così “nyap”, silenzio, che il povero filippino ha urlato invano per tutta la lezione.

Dato che siamo a fine semestre, alla seconda settimana di lezione mi è stato chiesto di evaluare ogni classe, sottoponendo un quiz di 5 domande e dovendo dare un giudizio ad ogni bambino. Secondo la mia capo (che era un’agenzia esterna alla scuola) avrei dovuto evitare di fare i test individualmente, anche se tra le voci da valutare oltre al risultato del quiz c’erano: parlato, scritto, comprensione, partecipazione, lavoro, risultato finale.

How are you? Sic year ol

Per evitare di dare completamente numeri a caso, ho chiesto a ogni studente: come ti chiami, scrivi il tuo soprannome, “nice to meet you” (a cui avrebbero dovuto rispondere “nice to meet you teacher Cla” o almeno “nice to meet you too”, questo era stato l’argomento della mia lezione la settimana precedente), come stai oggi, quanti anni hai. Teoricamente tutte cose che avrebbero dovuto imparare il primo semestre del primo anno, ma anche se i bambini erano già al secondo e terzo anno di elementari (7-8 anni), non più di 2 o 3 per classe sono stati in grado di rispondere a tutte le domande e meritarsi 20, il punteggio massimo.

Almeno una decina per classe ha fatto scena completamente muta, meritandosi così 10, il punteggio minimo perché per legge tutti devono comunque avere la sufficienza, una mezza dozzina è arrivata all’11 se riuscivano almeno a scrivere il loro nome, non importa se lo stavano copiando dal quaderno, mentre nella decina dei migliori finiva chi si era preparata le risposte a memoria e alla domanda “come stai?” mi diceva “ho sette anni” e cose del genere.

Il livello è questo e ho imparato in fretta in questo mese di full immersion nel mondo dell’insegnamento in Thailandia, tra chiacchiere con i colleghi e letture su forum in internet, che molti di loro non fanno nessun progresso fino ad arrivare all’Università.

In queste condizioni diventa ovviamente difficile preparare una lezione, soprattutto se non esiste un libro di testo, il programma da seguire che ti viene dato è quanto di più vago ci possa essere e non esiste all’interno della scuola nessun tipo di struttura organizzata tra colleghi o di coordinamento con gli insegnanti locali. In tutto il tempo passato a scuola, a parte mostrarmi l’aula in cui avrei dovuto stare tra una lezione e l’altra con i 3 colleghi filippini, 1 sudafricano e 1 inglese, che però era sempre vuota perché abitando vicino i colleghi preferivano tornare a casa nel tempo libero, non mi è stato presentato nessun insegnante o amministrativo della scuola.

Teacher Cla

Teacher Cla

Ma più della loro ignoranza, che ha subito spazzato via le mie paure di non essere abbastanza preparato per il compito, era la loro indisciplina a rendere il tutto maledettamente difficile. Per carità, sono bambini ed è un bene che siano vivaci, ma in un paese così ossessionato con le buone maniere, è stato sconvolgente vedere come davanti allo straniero ogni indecenza sia permessa. Linguacce, insulti in thai, mani addosso, rifiuti a eseguire gli ordini, gruppi di bambini a fare capannello che entravano e uscivano liberamente dalla classe, erano la normalità.

Ed erano gli stessi bambini che vedevi seduti e silenziosi quando a fare lezione c’era un insegnante thai. I quali non alzavano mai la voce nei normali momenti di indisciplina e si limitavano a picchiarli col righello. Non parlare la loro lingua è certamente un ostacolo e sinceramente anziché richiedere dei madre lingua o costosi certificati Tefl, completamente inutili per questo livello di insegnamento, dovrebbero chiedere ai professori stranieri un minimo di conoscenza della lingua locale.

E nonostante questo quadro terrificante, io, pur alla prima esperienza di insegnamento, senza nessun corso preparatorio alle spalle e con un giorno passato dal colloquio di assunzione all’inizio del lavoro, mi sembra che stessi imparando alla velocità della luce. Classi con cui non sono riuscito a finire l’appello la settimana precedente, la settimana successiva erano già produttive per almeno mezzora.

Le 6 ore su 20 settimanali di classi speciali (con meno studenti, motivati e più ore di lezione in inglese), quasi un trionfo, con i bambini che facevano la fila per venire ad abbracciarmi a fine lezione. Avendo speso ogni minuto libero alla ricerca di materiale didattico, avevo trovato video con canzoncine che divertivano gli studenti e mi permettevano di cercare di insegnargli almeno due parole ad ogni livello.

Per non essere travolto e ottenere un minimo di controllo, ho dovuto fare quello che devi fare per ottenere un minimo di rispetto: fargli paura. Ne ho presi diversi a scappellotti sulla nuca, a un paio di bambine particolarmente menefreghiste, che non mi azzardavo a toccare, invece ho ordinato di stare in piedi davanti alla lavagna. Ogni aeroplanino di carta, yo-yo, giochini vari era requisito e quando possibile distrutto con forza e sguardo truce. Ovviamente facendo così mi sono fatto anche parecchi nemici, in particolare nella mia ultima classe insegnata, dove ho fatto il mio errore più grande.

A una bambina ho strappato la pagina di quaderno dove stava disegnando bamboline anziché copiare la lavagna. Lei è scoppiata in un pianto irrefrenabile e il motivo è che aveva già finito di copiare. La tensione nella classe negli ultimi 20′ si tagliava col machete e sapevo che quella mandria di bastardini me l’avrebbero fatta pagare. Una cazzata da parte mia sicuramente, ma se avessi avuto un minimo di appoggio da chi avrebbe dovuto darmelo, la questione si sarebbe risolta facilmente.

Invece la tipa dell’agenzia è troppo terrorizzata di perdere un solo studente che viene a minacciare di cambiare scuola se non si cambia l’insegnante di loro gradimento. Si sono inventati che li ho presi a sberle e anche se lei dice di credermi, che sa che i bambini esagerano, non può correre il rischio.

Certo viene da chiedersi perché mi caccia per 4 bambini 4 che protestano, quando quelli nelle classi di chi paga più soldi sono invece contenti. E come mai non abbia voluto darmi una chance in altre classi o in altre scuole che gestisce. E’ ovvio che dietro la solita facciata thai di finti atteggiamenti affranti, ci fosse qualcos’altro da parte sua.

Tra le righe mi ha fatto velate accuse di mancanza di esperienza, ma quel che penso io è che più di ogni cosa non ha gradito il fatto che le avessi fatto notare che la maggior parte degli studenti non parlasse una parola e questo si rifletteva negli score ai test, che le facevano fare brutta figura. E che per lei è molto più conveniente tenere un filippino che le costa la metà, soprattutto se oltre a non avere esperienza è pure rincoglionito.

Comunque mi ha fatto un favore, perché era una situazione marcia nelle fondamenta, nella quale la bilancia stava già pendendo dalla parte dello stress gratuito rispetto agli insegnamenti che ne potevo trarre. E a semestre quasi concluso, questo è il momento ideale per cercare un altro posto.

E adesso?

songkhla beach

Via da Songkhla?

Nonostante questa traumatica fine, non intendo rinunciare alla strada dell’insegnamento. Con tutte le distorsioni del sistema e le prospettive future al ribasso, rimane un lavoro che può dare soddisfazione, ti lascia tanto tempo libero e soprattutto qui è ancora pagato bene. Non credo però che cercherò altre opportunità a Songkhla, anche se ce ne sono parecchie.

A parte il fatto che, nonostante il bisogno disperato che hanno di bianchi (la maggior parte degli insegnanti da queste parti sono filippini e africani e il thai è profondamente razzista, come sa bene chi conosce un minimo questo paese) non è facile ottenere buone condizioni senza esperienza, senza essere madrelingua e sapere che sono stato mandato via dall’Anuban Songkhla dopo nemmeno un mese (non importa cos’è successo) potrebbe spaventare molti possibili futuri datori di lavoro.

Ma il vero punto è che dopo un mese qui, ho capito che non sarei mai felice fuori dal lavoro in questa piccola città, bastardo posto. Un semestre a fare esperienza ci può stare, non di più. Conosco la Thailandia e i thai troppo bene ormai e se davvero voglio rimanerci qualche anno a vivere, e non a fare le stagioni a studiare yoga a ko Phangan, gli unici posti in in cui posso farcela sono dove c’è una massiccia presenza di stranieri e di locali che ragionano un po’ all’occidentale. Bangkok, Chiang Mai, forse Phuket, da qui non si scappa.

La capitale offre altre opportunità di lavoro e sinceramente quella che ho in mente adesso non riguarda l’insegnamento. Spero di poterla raccontare presto.


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