Magazine Diario personale

Termini reggiani italianizzati.

Da Gattolona1964

Questa specie di componimento appositamente strampalato,lo dedico a tutte quelle persone, soprattutto anziani,che non hanno avuto la possibilità e la fortuna, di frequentare le Scuole Elementari.Non hanno pertanto potuto raggiungere una preparazione decorosa,dal punto di vista del nostro lessico e della grammatica. Vorrei ricordarvi che anche i miei genitori,come gran parte degli anziani, nati agli inizi del secolo scorso, hanno frequentato solamente la prima o seconda elementare,nel migliore dei casi, non avendo nemmeno la possibilità di acquistare un quaderno.Nella mia storia personale,che conosco alla perfezione, i miei nonni li hanno abituati sin da bambini molto piccoli(5 anni)ad imparare il mestiere di contadini. Malgrado le insistenze, soprattutto di mia madre che adorava la scuola, la maestra, ed il sapere in tutte le sue forme,non ci fu nulla da fare. La nonna materna, rimasta vedova a 32 anni, con 4 figli da crescere, non si poteva certamente permettere il lusso di mantenere i figli agli studi.Questo per mia madre fu un dispiacere enorme, ne fece dei grossi pianti e strepiti, ma infine testarda e caparbia com’era,(forse ho preso da lei, i miei cocciuti geni??!), decise di applicarsi da sola, facendosi prestare i quaderni dagli altri bambini del paese, che andavano a scuola.Imparò così da sola,i primi rudimenti della nostra lingua italiana, facendo esercizio, come autodidatta, durante l’accudimento delle mucche al pascolo. Mentre le simpatiche ed ingombranti mamme, brucavano tranquille e serene, l’erba fresca dei campi, mia madre su di un sasso, scriveva il verbo essere con un gessetto da sarta. Sembra preistoria, ma è pura e semplice realtà,la dimostrazione tangibile e palpabile che “volere è potere”, come ha sempre detto lei.Così come ha imparato da sola, con grande tenacia e volontà ferrea, a fare la sarta, la cuoca, la cameriera, la giardiniera (non quella da mettere accanto ai bolliti…), la mediatrice immobiliare,la geometra,la parrucchiera, la consulente d’immagine (la chiameremmo così ai giorni nostri), l’insegnante di religione (catechista), l’ostetrica (faceva partorire gli animali della nostra fattoria…), l’infermiera professionista. Voi sorriderete e vi domanderete: ma era la donna bionica? O era la controfigura di Wonder Woman di cinquanta anni fa?Ma no, nulla di tutto ciò! Usava l’ingegno, la volontà, la determinazione, la voglia di farcela, complice anche la miseria alla quale era abituata sin da piccina. Eh sì, dolci lettori, farebbe bene anche a tutti noi un tantino di sana miseria, così impareremmo a fare l’orlo ai pantaloni e tireremmo fuori dalle dispense la macchina per fare a mano, la sfoglia…Mia mamma e tante altre vostre mamme e nonne, per raggiungere gli obiettivi ben precisi che si erano prefissate hanno usato tutte quante una dote molto rara ai giorni nostri: l’ingegno. Avevano dei progetti molto ambiziosi nella propria mente, oltre ad essere dotate di una intelligenza misurata e pochissime lire a disposizone.I nostri avi, diedero vita perciò,senza saperlo, ad un linguaggio misto tra dialetto e italiano,non ben definito. Fieri e felici di poter conversare con i loro coetanei,o di dire la loro al mercato del martedi, dove si svolgevano le trattative tra commercainti, privati e contadini, siglate con ben sappiamo con il famoso “sputo e stretta di mano”. Come si fa oggi dal Notaio o in Banca, quando si va a rogito o si chiedo un prestito (poveri noi…..):metti una firma e non ci pensi più. Mi sono molto divertita e allo stesso tempo internerita immedesimandomi in loro, che cercavano di fare bella figura, magari con una camicia non fresca di bucato.Nasce così,  “LA BALLATA DELLA CONTADINA”,ripensando con rispetto e umiltà a quanta fatica devono aver provato i nostri predecessori per farsi capire e rispettare. Per non dimenticare tutti coloro che non hanno avuto la fortuna, come me, di studiare e di apprendere, ma che hanno passato la loro vita a fingere, con dignità, di essere al pari dei sapienti.

LA BALLATA DELLA CONTADINA.

Sono una petnadora,sto in campagna con le vacche e i nimei,son un po tanto tracagnotta, ma con il petorale in alto e cotto sodo.Domani matina mi infilzo una sotana rossa, alle orecie metto i boclini,c’ha da venire a trovarmi il pratico.Debbo star su presto da let, debbo lavare le lasine, che spuzzollano sempre di bida di vaca,non volio che il pratico mi veda in patalia.Quando sarà nell’andito di casa mia,lo faccio incomodare in tella sala da pranso, si andiamo a sedere tutti e due sulla tomana, quando lui si leverà il paleto’,io dala contentessa, faro’ un prillo.Se gli viene un buso in tello stomaco ci porto un piat di persiutto crudo, cosi’lo ingogna giu’ nel gargarosso. Se c’a sete e vol bevere, ci do da bere del vino fresco di giasera. Ma se al vein, sa di tappo e di tino, ce lo slungo con un sospetto d’acqua intra mezzo.Se lo vuole ci do anche il sorbire, che ci piace da crepare.E se dopo aver magnato,a me mi viene un organdis,spero che lui abbia adietro i perseguitati,non volio rimanere incintola. Mia mama mi ammassa,se le scodello un anuodo, son troppo zovna. Volio metere le fodrette nuove al let,cosi’figura melio e a lui ci faccio perder la zucca.Lo spettero’ sull’ussio di casa e quando arriva sulla sogliola ci do un bacio in tella bocca.Se lui dall’imbarasso pippa una sigaretta, gliela inpio io, con i miei fulminanti.Ma se arriva alla muta quella bernarda della perpetua a bernardare dal buso dela seradura,io spero che la fori in tun occio una sarabiga.Spero che dalla smaniola non mi venga un lant-coeur e che io non cada per terra come una ramassa.

Traduzione:

Sono una parrucchiera, abito in campagna, ho le mucche ed i maiali, sono un poco cicciottella, ma ho il seno alto, sodo.Domani mattina verrà a trovarmi il fidanzato della mia amica,indosserò una gonna rossa e gli orecchini.Dovrò alzarmi presto, lavarmi bene le ascelle, che purtroppo, odorano di sterco di mucca.Non vorrei che mi trovasse in camicia da notte e non profumata!Quando sarà nell’ingresso di casa mia, lo farò accomodare in sala e ci siederemo sul divano buono.Quando si toglierà il cappotto, dalla felicità farò una piroetta.Se gli verrà un attacco di fame,gli offrirò del prosciutto crudo, cosi’ lo potrà gustare, se avrà sete gli verserò del buon vino fresco di frigorifero. Ma se il vino, avesse il sapore di tappo o di tino, vedrò di diluirlo con un pochino di acqua.Se poi avrà ancora fame, gli servirò una minestra con il vino rosso dentro,che lui adora.Dopo aver pranzato, se provassimo entrambi un certo sollucchero sessuale,mi auguro abbia con sé i profilattici, perché non voglio rimanere gravida, sono troppo giovane. Mia madre mi ucciderebbe se le partorissi un nipotino! Cambierò il letto, mettendo le federe pulite e stirate, così la mia camera si presenterà in ordine e a lui faro’ perdere la testa.Lo attenderò impaziente sulla porta di casa e quando sarà sulla soglia, lo accoglierò con un bacio sulla bocca.Se lui dall’imbarazzo, fumerà una sigaretta e non avrà  con sé i fiammiferi, gliela accenderò io con i miei.  Dovesse arrivare all’improvviso, mentre stiamo amoreggiando, quell’invadente e curiosa della domestica, per sbirciare da lbuco delle serratura e spettegolare, le augurerei che una zanzara la pizzichi dentro ad un occhio. In tutta questa ballata amorosa, tra smanie e vino, queste smanie, non vorrei mi venissi un infarto,cadendo per terra come una scopa vecchia.

Canali, ottobre 2008.



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