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Terra madre e mille orti in africa

Creato il 27 ottobre 2011 da Rossellagrenci
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Il 16 ottobre, come ogni anno, la FAO ci chiama a riflettere con la Giornata Mondiale dell’Alimentazione. Vi riporto una parte dell’articolo scritto da Carlo Petrini di Slow Food.

…Ciclicamente, purtroppo solo per un attimo, torniamo a prendere atto che fame e malnutrizione non spariscono dalla faccia della Terra neanche per sbaglio…

Cambiare qui per cambiare l’Africa: ecco uno slogan, se ce n’era bisogno. Mai nella storia dell’uomo abbiamo avuto così tanta quantità di cibo a disposizione per l’umanità e mai nella storia abbiamo sprecato così tanto. Oltretutto, come spiega una recente ricerca storiografica che sta per essere pubblicata in USA, nonostante le guerre in corso il mondo non è mai stato in pace come in questa epoca. Lo spreco di fronte alla fame è la vera anomalia dei nostri tempi, figlia di un modo di intendere l’economia profondamente sbagliato e obsoleto, che crede ciecamente nella possibilità di una crescita infinita, quando non c’è nulla di esistente e tangibile sulla Terra che possa crescere all’infinito: questa è una legge naturale.

Il sistema avido in cui siamo immersi ha trasformato il cibo in una merce, l’ha spogliato dei suoi valori mentre l’unico valore che resta è il prezzo. Siamo tutti obbligati a comprare, a consumare, a un determinato prezzo. Non coltiviamo più, abbandoniamo l’agricoltura e intanto chi non ha soldi non può mangiare perché non può acquistare cibo: è il sistema che sta condannando milioni di africani. È ciò che va scardinato con le nostre azioni quotidiane: non sprecando e rieducandoci al cibo e ai suoi valori, anche quelli dell’agricoltura. È ciò che più immediatamente possiamo fare, formando nuove generazioni che non vogliano più stare a questo gioco al massacro.

Da parte degli Stati non si tratta soltanto di mantenere gli impegni presi, di versare ancor più cospicue quantità di denaro per la causa, ma di impegnarsi all’interno degli organismi internazionali perché ogni azione singola non possa aggravare ulteriormente la situazione, se proprio non riescono a far niente per migliorarla. Che vietino il land grabbing per esempio. Una pratica che permette a Stati come l’Arabia Saudita, la Corea, la Cina di appropriarsi di milioni di ettari di terreno fertile in Africa e nel mondo (si stima che siano in totale 42 milioni di ettari quelli interessati dal questo grave fenomeno neocolonialista), sottraendoli anche violentemente alle popolazioni con la connivenza dei Governi locali, per inseguire una crescita economica e agroindustriale che evidentemente non è più possibile all’interno dei loro confini. Una pratica che andrebbe condannata e impedita con fermezza, al pari delle dittature, delle invasioni e di qualsiasi altra piaga richieda un intervento dell’Onu.

Lasciatemi dire che con Slow Food stiamo raccogliendo fondi da dare alle comunità per realizzare mille orti in Africa nel corso del prossimo anno. È una goccia nel mare, perché ce ne vorrebbero un milione, ma è pur qualcosa. Un orto per una comunità è un ritorno alla terra, alla dignità del coltivare il proprio cibo, una garanzia di autosostentamento, attraverso le tecniche e le sementi locali: da parte nostra c’è solo aiuto a distanza, in risorse e in semplici migliorie tecniche non invasive. Per fortuna non siamo gli unici.

L’auspicio è che la politica ponga tutti questi problemi tra le sue priorità, ma se non si rinuncia a quel sistema economico-finanziario che in realtà la foraggia e che lei sostiene; se non si guarda a nuove vie e nuovi paradigmi per il futuro, a una vera rinascita dell’agricoltura (ovunque), allora sarà molto più dura. Noi iniziamo con la reciprocità, a donare e a far girare i doni in quest’economia malata, partendo anche dal sostegno ai nostri stessi contadini, con acquisti diretti di cibo locale, perché pure loro iniziano a subire gli effetti disastrosi di un sistema incompatibile con la natura, che li sta schiacciando. I contadini, insieme alle associazioni della società civile, uniti nel CISA (Comitato Italiano per Sicurezza Alimentare), in questi giorni stanno facendo sentire la loro voce a Roma, proprio davanti alla FAO: ascoltiamoli, appoggiamoli. Io credo veramente che non sprecando, aiutando le economie agricole locali in ogni angolo della terra, regalando qualcosa per far rinascere le singole comunità africane nel nome della loro produzione alimentare, potremo dare il via a un nostro cambiamento profondo, che infine cambierà anche l’Africa. Ma sempre e solo grazie agli africani: bisognerà pur dargliene la possibilità, smettendola di far pagare soprattutto a loro le nostre condotte scellerate e ormai decisamente impazzite.

Di Carlo Petrini (da La Repubblica)

Qui il progetto Mille orti in Africa.


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