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Terremoto, Nepal: forse una scossa anche alla politica

Creato il 05 giugno 2015 da Cren

nepal terremoto

Fra le persone, c’è qualche timida speranza che la tragedia del terremoto, dia una scossa alla classe politica, fino ad allora fallimentare. E’ utile capire in quale contesto politico si collocherà la ricostruzione, la gestione di ingenti capitali da spendere in modo trasparente ed efficace e a favore delle vittime.

Abbiamo già visto speranze nascere e morire negli ultimi 25 anni, purtroppo. Nel 1990 crollò il sistema del Panchayat, basato sulle nomine reali. I partiti politici riemersero dalla clandestinità, il Re Birendra, abile manovratore, fu mantenuto in una posizione onorifica e i partiti, Congresso e UML (comunisti moderati) iniziarono a spartirsi il potere in una costante instabilità (11 governi in 6 anni).

Al centro per decenni , il grande tessitore e leader del Congresso, GP Koirala che, all’apparenza santo, in realtà si comportò come l’italiano Andreotti, creando un sistema bipartisan clientelare e corrotto.

Le risorse aumentavano: il Nepal si aprì al commercio, alla finanza e alle speculazioni, i donatori raddoppiarono gli aiuti (fino a oltre 1 miliardo annuo) con l’arrivo della democrazia. In modo spesso illecito, si formarono grandi ricchezze, non più solo collegate alla casa regnante ma anche al sistema partitico, aumentarono le differenze fra i ricchi (pochi) e i poveri (tantissimi con un reddito pro-capite di appena USD 700), tanta gente restò indietro.

La reazione fu l’esplodere della guerriglia maoista, dopo appena 5 anni di multipartitismo. L’80% del Nepal contadino e dimenticato dalla capitale fu la culla del movimento, pieno di insegnanti e studenti marginalizzati. Dal 1995 al 2006 il paese fu bloccato da una guerra civile che provocò oltre 10 mila morti (spesso contadini innocenti). L’ideale dei maoisti era combattere la corruzione, il nepotismo , fare arrivare i soldi ai villaggi delle colline, creare un Naya Nepal (nuovo Nepal). Avendoli conosciuti per lunghi anni nei villaggi di Kavre non nutrivo che dalle parole si passasse ai fatti.

Ma, quando il fallimentare Re Gyanendra (autore di un fallimentare colpo di stato durato 1 anno) cadde, proclamata la repubblica e inseriti i maoisti nel sistema parlamentare, il Nepal (almeno Kathmand) fu attraversato da nuove speranze; era il 2006.

Ben presto tutto tornò come prima, con un nuovo soggetto in più con cui spartirsi clientele: i maoisti.

Dal 2006, un’altra fase di instabilità, in cui si è perso l’obiettivo primario di scrivere la nuova costituzione. Compito affidato, tramite elezioni (2008 e 2003) all’Assemblea Costituente, che avrebbe dovuto definire il quadro in cui rieleggere gli enti locali, fare un sistema elettorale, decidere sul federalismo. Ma in 10 anni e due elezioni (una vinta dai maoisti e l’altra dal Congresso) niente si è ancora fatto. Si è tornati alla instabilità pre-conflitto, si è sperimentato ogni forma di governo (a guida maoista, d’unità nazionale, tecnico) fra i vari partiti: Congresso, UML, Maoisti (divisi in due) e Madeshi (forte partito con base nel Terai), senza giungere ad alcun accordo. Il Paese è andato avanti da solo; tanti sono migrati, alcuni, nell’assenza di norme, hanno creato (come nel ’90) grandi ricchezze a spese della maggioranza.


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