di Ninnj Di Stefano Busà
Esistere per patire, o restare
nello smarrimento è lo stesso,
per sottrarsi al solleone o
al mondo che pure li incalza.
Rispondono col fomentare
le follie del vento, hanno il sorriso
da opporre all'imperio dei giorni,
alle sottrazioni inutili della vita.
Anche se spiove o fa gelo invadono
metropolitane e sottopassi,
vegliano con lo stesso timore
i figli e i bonus del discount.
Intanto si contendono
la luce di un giorno che verrà,
e godono il lucore
dei fanali che nasconde loro
le nuvole e le stelle.
Non è fatica. È dolore che affatica,
lo vegli con lo stesso timore,
il traguardo che fugge, si defila,
perché in gioco è la vita,
l'istinto che ti sopravvive, l'ipotesi
che ti abbandona alle cose maldestre,
senza rimorso, il suo finale che non regge,
non ha elastici e ti cambia.
A nulla servono i pensieri, il silenzio,
la regola del giorno è presto fatta:
è tutto lì, nella paura l'istinto perverso,
la sua sorte, essere il fuori "fuoco"
dentro l'obiettivo.
E poi non basta nessuna forma di dolore
a dirti salvo o morto.
Un trattenere i battiti del cuore
che non si arrende, resiste un po',
fino all'ultimo sguardo, e pare ti appartenga.
La combatte ogni giorno la guerra:
dei cartoni, dell'erba e del pane,
poi c'è l'ombra che lo serra all'asfalto
di strade roventi...relegato al tempo di esistere,
allo spazio che gli è consentito
e veglia con lo stesso terrore
il sottoscala e il bricco di latte pe' i figli.
Nei cortili c'è l'ombra, ma non è l'ombra buona
dei prati, non ha profumo d'erbali.
Nell'ora di punta è il sogno a franare,
trasuda dagli scantinati la muffa, come topi
dal vicolo cieco essi vanno a cercare
frescura ai picchi di sole.
Formiche senza fretta scompaiono
nei vicoli ciechi di città-fantasmi.