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“Thank you, and goodbye”, ovvero il ritiro dalla vita pubblica

Creato il 13 maggio 2012 da Davideciaccia @FailCaffe

“Thank you, and goodbye”, ovvero il ritiro dalla vita pubblica

Facciamo un gioco da settimana enigmistica: trovate le differenze.

“Se perderò, tornerò ad essere un francese comune”

“Torno  a fare il padre ed il marito”

“Ho sempre creduto che due mandati siano il giusto arco di tempo, per me e per la Spagna”

“Ho portato il paese allo sfascio, ma, infischiandomene, continuo a dire cosa si dovrebbe fare per risolvere la crisi”

In Europa, quando un politico si dimette, o perde le elezioni, si assume tutte le responsabilità (non solo le proprie) e si ritira dalla vita pubblica.

Il ritiro è permanente, non ritrattabile, ed è indice di rispetto verso gli elettori, verso se stessi, e verso le istituzioni.

È l’ammissione di una sconfitta, personale e politica, e si ritiene di non poter più discettare pubblicamente sui massimi sistemi, un po’ per non indebolire i propri successori, un po’ per pudore.

Pudore che, evidentemente, in Italia latita (eccezion fatta per Prodi e Luis Enrique), visto che mi trovo uno che, negli ultimi 15 anni, ha fatto il Ministro dell’Economia per 10, e che con le sue scelte ci ha condotti nella situazione attuale, il quale, con una faccia di bronzo davvero invidiabile, frequenta salotti televisivi e rilascia interviste sulla gestione della crisi con cadenza settimanale.

Il vero problema è, però, che l’onorevole Tremonti non è solo, anzi!

L’atteggiamento è estremamente bipartisan: Veltroni e D’Alema da 30 anni sono i protagonisti di una sequela impressionante di sconfitte della sinistra italiana, Berlusconi (che le elezioni le ha perse due volte) è ancora a dettare la linea del Pdl, Amato annuncia ritiri dal ’93 ed è appena stato nominato superconsulente dal Governo, Bossi si dimette (dopo 20 anni) di martedì per ricandidarsi il giorno seguente, il Pd riesce a distinguersi anche in questo caso: prevede, per statuto, un limite dei mandati parlamentari, e lo ignora puntualmente!

La nostra classe dirigente riesce a non affrontare le proprie responsabilità, riciclandosi con una certa abilità, trincerandosi dietro scuse che noi tutti siamo stati disposti ad accettare, fino ad ora.

Raschiato il fondo però, abbiamo iniziato a presentare il conto, le elezioni sono state un’avvisaglia: Napoli e Milano lo scorso anno, il successo del Movimento 5 Stelle una settimana fa.

Certo, anche i vari Grillo e Pisapia dovranno essere giudicati dalla prova dei fatti, ma si sta riaffermando un principio sano: nel giudicare la politica, non c’è spazio per scuse e garantismi.


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