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That win the best

Creato il 01 maggio 2012 da Rightrugby
That win the best
Brown Ribbon era il nastrino di una vecchia campagna contro l'ipocrisia "Politically Correct"; ora è il titolo della rubrica di RightRugby per le polemiche controcorrente. Una rubrica che non ha paura di rischiare tackle un po' alti o prese di posizione apparentemente imbarazzanti, come quella di Bakkies Botha su Jimmy Cowan nel logo. Del resto: "If you can't take a punch, you should play table tennis".
A gentile richiesta (un paio di pazze) e per mollar giù la tensione da periodo, riprendiamo il nastrino marrone, la rubrica delle polemiche fini a se stesse. Stavolta ci prendiamo un po' in giro da soli, noi affabulatori di rugby, crooner torrenziali densi di riferimenti tecnici pregnanti e di lezioni tattiche per le masse incolte. Quando in realtà basterebbe toglierci la maschera e rivelare in due righe, pur evitando il dilagante copincolla dei cartellini gara: han vinto i migliori (i nostri) oppure ci han fregato la partita. Perchè ricordatevi tutti, o voi politically correct che ammorbate i bar e il web col vostro pensiero debole: il pre-giudizio è la base fondante di ogni giudizio.
Nell'esercizio liberatorio ci ispiriamo a un giornalista che ci piace molto, nom de plume Jack O'Malley, tronfio di rivendicato pregiudizio, anglofilo nel suo caso, che spara a zero tranchant e pre-giudiziale in modo del tutto ortogonale al serio opinionismo mainstream del calcio de'noantri. Mitico ad esempio come ti stronca in poche righe il Barca: "Vedere giocare i blaugrana è uno spettacolo – come la donna cannone, la casa degli spettri, la quadriglia, la gara di mangiatori di hamburger". E' quasi quello che noi pensiamo degli All Blacks  ...

That win the best
La stampa irlandese ha minacciato per giorni (arrivando quasi fin sotto casa sua) l'arbitro inglese Wayne Barnes.
Antefatto: il suo arbitraggio aveva decretato la sconfitta casalinga dell'Irlanda contro il Galles nella prima giornata del Sei Nazioni lo scorso febbraio, dando agli scalcagnati Dragoni tutti in fuga dal Galles per la grana, che manco ai tempi dello sciopero dei minatori contro la Thatcher, il la per abbrancarsi il Grand Slam più regalato della storia del Cinque e Sei Nazioni messi assieme. Un regalo inferiore solo al Mondiale 2011, trionfalmente vinto - per un punto in casa - da chi anche al Trofeo Topolino sapevano in anticipo. Solo che non si può dire, altrimenti i neozelandesi s'attapirano che manco Conte quando si osi far cenno ai gol fantasma tolti al Milan.
Ciò ante-detto, torniamo ai nostri giorni: Barnes è designato ad arbitrare la madre di tutte le partite di Heineken Cup, la semifinale Clermont - Leinster di domenica scorsa. La pressione su di lui della stampa irlandese ha assunto i connotati della campagna di successo: o ti riscatti per le decisioni di febbraio o con noi hai chiuso, han scritto in buona sostanza con chiarezza molto british.
E Barnes ha mostrato aver imparato quella lezione che l'aver ignorato in gioventù  aveva rischiato di eliminarlo dal giro che conta: quarti di finale Mondiali del 2007, meritata sconfitta della nazionale più sopravvalutata dopo la Germania dei mondiali di calcio 2006, gli All Blacks di Graham Henry. Aldilà dei passaggi in avanti non visti (chissene), il suo vero torto in quella occasione fu di non avere ben presente ("bare in mind" dicono efficacemente gli inglesi) che il vincitore nel rugby di alto livello va deciso prima di scendere in campo, sulla base di precise considerazioni geopolitiche. Lasciando poi ai commentatori l'onere di dimostrare a posteriori che fu cosa buona e giusta, discettando che alla fine sia passato chi aveva "esperienza di finali" come il Leinster, e sticazzi.
Il rugby è uno sport di combattimento, non di contatto come dicono ancor oggi i giornalisti locali che com'è noto di rugby non capiscono un biiiip; come nel pugilato dovrebbe vincere il più forte, nel senso di chi ce n'ha di più. Invece nella semi-finale di Heineken Cup, l'arbitro ha avuto cura che i francesi, più forti fisicamente e tatticamente, venissero presi a bòtte: bastava vedere le facce tagliate di Bonnaire, Cudmore e Hines a fine gara, seguire Malzieu o Byrne in infermeria o guardare in faccia la merdeuse Morgan Parra tutte le volte che non riusciva a metter mani sulla palla in ruck, trovandosi addosso fallose mani piedi e altro di quei dannati Leprechauns.
Barnes ha evangelicamente protetto i più deboli per tutta la gara; nel rugby i più deboli  picchiano chi gioca, come ben sa chi abbia partecipato a un Petrarca-Amatori Catania di qualsiasi epoca e categoria. L'apoteosi o meglio la rivelazione, la parusia, avviene quando il capitano irlandese Leo Cullen rifila due ganci in Eurovisione al pilone avverso, il più largo che alto Zakriashvili che, a dirla tutta, al colpo rotola per terra, manco fosse un centromediano ghanese della Ligue 1. L'arbitro serafico lo chiama e chiede al capitano del Leinster "la sua versione dei fatti" prima di prendere provvedimenti. Poi lo congeda, salvato come Gesù con l'adultera: vai e non peccare più.
Nel finale arriva a rovinare i piani la meritata meta di Wesley Fofana, ma fortunatamente il ragazzo ha più paura di vincere di Bersani e s'impappina in area di meta. L'arbitro Barnes a quel punto s'affretta col sorrisetto a chiudere la contesa tra i fischi, che la faccenda s'andava ingarbugliando per i suoi nuovi amici irlandesi. E poi via, verso una nuova avventura arbitrale.
Si, i francesi saran anche ben rappresentati in Irb, ma dopotutto monsieur le presidént Guy Lapasset ha vinto per un solo voto, mongolo o peruviano non ricordo, sul meritorio candidato inglese, entrato papa in conclave e uscito cardinale; per ogni suddito di Sua Maestà, quei frogs latini sempre infidi nipoti di Booney rimangono e come tali è giusto vadan sistemati.

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