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The Blue Nile - L'eleganza nel pop

Creato il 18 settembre 2011 da Lesto82

LO SPELEOLOGO

 

di NICOLAS ICARDI

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Gruppo di culto, anche se poco prolifico, i Blue Nile si formano nel 1981 a Glasgow. Formazione a tre, con l'aggiunta di solo un paio di fidati musicisti che si alternano alla produzione, i Blue Nile girano intorno alla vena artistica del cantante e chitarrista Paul Buchanan, che si avvale dell'abilità del bassista e tastierista Robert Bell e del tastierista Joseph Moore, autentici manipolatori di sintetizzatori. Il primo singolo, "I Love This Life", pubblicato per l'etichetta che essi stessi hanno fondato, la Peppermint Records, nel 1981, riscuote scarso interesse. È solo grazie all'interessamento della Linn Electronics (un'azienda scozzese specializzata in apparecchiature hi-fi) che la formazione riesce ad incidere, nel 1983, l'album d'esordio, "A Walk Across the Rooftops". Album che si caratterizza subito per suoni colmi di malinconia e di atmosfere rarefatte, i Blue Nile "nascondono" le chitarre, puntando tutto su tastiere, sintetizzatori e basso e concedendo alla sei corde elettrica solo qualche occasionale comparsata. L'album che si avvale del contributo del batterista Nigel Thomas, raccoglie l'approvazione da parte della critica, ma vende poco. Nonostante ciò la Virgin spinge Buchanan e compagni a ritornare in studio di registrazione per incidere nuovo materiale. Il trio non ha altri pezzi già pronti, ma la pressione è tanta. Dalle session viene fuori qualche buona idea, ma niente che possa accontentare un perfezionista come Buchanan. Perciò anche il 1987 è per buona parte improduttivo, ma alla fine l'ispirazione arriva: nel giro di un anno, Paul scrive le canzoni e nel 1989 "Hats" viene finalmente pubblicato. l'LP è, se possibile, persino migliore del suo pur brillante predecessore. Si tratta di ballate romantiche, a tratti sognanti, accompagnate da ritmiche spesso elettroniche a cui vengono affiancati archi (reali o riprodotti al synth) e riff di chitarre acustiche, in cui voce e piano si alternano con dolcezza e vitalità. Non deve perciò stupire che il disco, oltre ai consensi degli addetti ai lavori, stavolta guadagni anche la vetta della chart inglese e quella americane. Come al solito, ci vuole parecchio tempo perché i tre producano un'altra raccolta di canzoni. "Peace at Last" esce infatti per la Warner nel 1996. Ancora una volta è l'isolamento la condizione che permette la nascita delle nuove canzoni. In "Peace at Last" è la chitarra di Buchanan (quella acustica, in particolare) conquistare in più d'una occasione il centro della scena. Rispetto al predecessore, la sensazione è quella di una maggior immediatezza. Il tono è generalmente meno depresso, a tratti persino più brioso. Il tentativo, insomma, è quello di scrivere un album più "pop" rispetto alle prove passate, ma nonostante il talento cristallino di Buchanan si palesi in più di un'occasione, molte composizioni denotano un leggero appannamento. Il full-lenght raggiunge a malapena la ventesima posizione nella chart britannica, mancando completamente quella statunitense, anche a causa della scarsa promozione della Warner. Sostanzialmente, a partire dal '97 i Blue Nile si ritrovano senza una casa discografica. Fondamentale, al riguardo, l'arrivo di Ed Bicknell, primo, vero manager della band in vent'anni di vita, il quale risolve i problemi contrattuali del trio con la label americana, consentendo a Buchanan, Bell e Moore di approdare in casa Sanctuary. Esce però dopo 8 lunghi anni "High" (2004), da un lato risente innegabilmente di "Peace at Last", ma dall'altro recupera sonorità ed atmosfere di "Hats", generando un riuscitissimo connubio. "High" riporta i Blue Nile ad uno stato di grazia. Nel momento in cui vi scriviamo non si hanno notizie di future release della band: quel che è certo è che Buchanan, rintanato nel suo studio di Glasgow, continua a cesellare le sue delizie di alto artigianato, incurante delle mode e dei fasti dello show-biz. Non è dato sapere se e quando ascolteremo un nuovo album: quel che è certo è che, con quattro album in trent'anni di carriera, lo scozzese s'è ritagliato a pieno titolo un posto nella storia del pop più raffinato, assurgendo, meritatamente, al rango di culto.
Dalla loro discografia vi propongo 3 pezzi:
"STAY" da "A Walk Across the Rooftops"(1984), synthpop forse convenzionale, con tanto di ritornello orecchiabile e di cadenza ballabile.

 

 


"HEADLIGHTS ON THE PARADE" da "Hats"(1989) le cui pulsazioni profonde, mediate da limpidi tocchi di keyboard, rimandano a certi passaggi del precedente lavoro.

 

LINK

 


"DOWNTOWN LIGHTS" da "Hats"(1989), ballata calda e appassionante, nei suoi chiaroscuri per innamorati all'antica.

 

 

a domenica prossima...

 


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