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The call

Creato il 18 giugno 2013 da Ildormiglione @ildormiglione

The callSe doveste decidere mai di fare un colloquio come centralinista, tenete bene a mente ciò che vedrete in “The call” perchè potrebbero capitarvi clienti come quello del film, e davvero non sarebbe una prospettiva allettante. Questo perchè “The call” racconta di una giovane donna (Halle Barry) che lavora come centralinista presso una linea d’emergenza della polizia e si ritroverà al telefono con una ragazza, rapita da un serial killer, da tenere in vita a tutti i costi. Impresa tutt’altro che facile. Ma se l’inizio è di quelli che rapiscono, tolgono il fiato per la carica ansiolitica  che trasmettono, e, in un certo senso, terrorizzano; via via il film si acquieta, pur con vani picchi di tensione, e trascende il banale e l’ovvio. Il prologo, infatti, racconta l’esperienza traumatica di una chiamata che ha causato la morte di una ragazza: lo schock è tanto, i sensi i colpa inarrestabili. Fin qui tutto bene. La parte centrale invece, ambientata 6 mesi dopo l’accaduto, racconta di un’altra ragazza rapita (Abigail Breslin, l’ex bambina prodigio di “Little Miss Sunshine“). Qui le cose iniziano a precipitare e quanto di buono fatto e preannunciato viene sbriciolato da una serie di situazioni indisponenti. Se ci si trovasse davanti a  Bred Anderson, regista della pellicola che qualche anno addietro aveva realizzato il più che discreto “L’uomo senza sonno“, verrebbero spontanee alcune domande: Ma non è davvero troppo banale e parossistico che a rispondere al telefono, ad entrambe le ragazze, rapite per di più dallo stesso serial killer a distanza di sei mesi, sia sempre la stessa centralinista nonostante ci siano una marea di altri dipendenti? La scelta esasperata di mettere sulle tracce del serial killer una squadra di poliziotti, chiamati perchè vicini alla zona del rapimento, e guidati casualmente dal fidanzato della centralinista, non è altrettanto urticante e corrosiva? Ma tralasciando le irritanti combinazioni, perchè varcare i confini telefonici per un finale da brivido, nel senso che si rabbrividisce per la sua stupidità? Ad onor del vero ci sarebbero altri quesiti che difficilmente troverebbero risposta in “The call“, film che in origine doveva essere diretto da Joel Schumacher, che, con tutto il rispetto per Anderson, è ben altro livello. Ma restando al film, l’idea concettuale di girare un thriller tra i due capi del telefono non è male, nonostante sia stata usata ormai troppe volte, vedasi “Cellular” di David R.Ellis che ha una trama piuttosto simile, anche se a rispondere alla vittima sarà l’uomo qualunque e non una avvenente centralinista che ha una storia con un poliziotto, o anche “Buried – Sepolto” che mostra solo il chiamante. Il problema di fondo è abusare del concetto di “coincidenza” finendo così nell’oblio dello scontato e indisponente. Ciò non toglie che si tratti comunque di un film che tiene alta la tensione in alcun momenti, forse troppo pochi, ma che si perde sempre sul più bello. Specie nel finale, inno alla casualità costruita e falsa e soprattutto sgradevole e insultante, perchè, con la tentazione di spoilerare per evitare allo spettatore una fragorosa risata, ci chiediamo: Bred, ma davvero non si poteva fare meglio? Evidentemente si.

Voto 4,5/10



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