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The Dead Zone – La Zona Morta

Creato il 28 giugno 2011 da Robifocus

The Dead Zone – La Zona MortaLe operazioni di attracco furono veloci, forse per la notevole esperienza del personale di bordo, per cui in breve tempo e seguendo le istruzioni dell’equipaggio mi ritrovai in fila per sbarcare dallo shuttle.

Un corridoio senza finestre ed illuminato di un bianco accecante mi stava portando nella mia nuova vita. Lo attraversai in fila con gli altri passeggeri, tra cui alcuni bambini tutti eccitati e inconsapevoli del luogo dove stavamo andando.

In cima ci attendeva una piccola delegazione per accoglierci ed istruirci, una giovane donna in divisa mi osserva e si avvicina.

- “Lei è il Professor Marcus Knight presumo?”

Non sapevo che grado avesse, non li ho mai imparati quei segni sulle spalline che portano quelli della marina, ma risposi al suo sorriso con un cenno di assenso del capo.

- “La stavamo attendendo con ansia! Sono felice di porgerle i saluti del Comandante che purtroppo è impossibilitato ad accoglierla di persona, mi ha detto di riferirle che stasera sarà suo ospite per cena al circolo ufficiali così potrete parlare.”

- “Curioso! Non credevo che un oceanografico del NOAA potesse interessare, almeno giunti a questo punto non crede Signorina… ?”

- “Oh mi scusi, che scortese che sono, mi presento: Guardiamarina Marcella Olivieri addetta alla serra idroponica e momentaneamente distaccata all’accoglienza del personale scientifico.” Mi rispose la giovane donna arrossendo un pò.

Mi fece segno di seguirla all’interno della nave, salimmo su una specie di ascensore che lei chiamò dislocatore, mi spiegò che quello era il metodo per spostarsi rapidamente all’interno dell’enorme nave, difatti i dislocatori potevano trasportare persone o merci praticamente in ogni zona accessibile sia agli umani che ai workbot.

Per spezzare la tensione mi sentii in obbligo di scusarmi con quel giovane ufficiale per la mia risposta acida e un po’ scontrosa.

- “Non si scusi Professore, capisco il suo risentimento, ho letto tutte le sue pubblicazioni e volevo chiederle se secondo lei potevamo evitare questa situazione, se potevamo salvare il pianeta.”

- “Vede Guardiamarina, non è che il pianeta non si salverà, lui continuerà a vivere, lo farà diversamente da come l’abbiamo sempre immaginato ma proseguirà la sua vita, noi abbiamo solo distrutto il nostro habitat e quello probabilmente neanche la mia generazione avrebbe potuto salvarlo… era già tardi quando ero ragazzo.”

- “Mamma, Mamma, perché la signorina ha scritto HSS Caribbean sul berretto? Che vuol dire HSS?

Prima che la discussione diventasse triste si era intromessa Mariana, la piccola della famiglia Vargas. Li avevo conosciuti al gate d’imbarco in attesa dello shuttle, Lui era un ingegnere agronomo, Lei un medico chirurgo e con loro avevano 2 splendidi bambini fratello e sorella, erano una delle famiglie del continente Americano selezionate dal Programma tra quelle con alto profilo tecnico-scentifico e prole.

- “Ti rispondo io Mariana” dissi rivolto alla piccola curiosa; 

 - “Vedi la signorina qui, è un ufficiale della marina spaziale e fa parte dell’equipaggio di questa grandissima astronave, difatti noi ci troviamo a bordo della Human Space Ship Caribbean chiamata così in onore di uno dei mari che una volta davano la vita al nostro mondo.

The Dead Zone – La Zona Morta
In quel momento il dislocatore uscì dall’area mercantile della nave e proseguì la sua corsa nella zona abitativa dove una grande cupola trasparente lasciava vedere lo spazio aperto e la Terra sotto di noi.

- “Ecco vedi Mariana, quello è il nostro pianeta e quella grandi zone verdi, tantissimi anni fa era azzurre o blu intenso, magari più tardi papà e mamma ti faranno vedere degli olofilmati e comunque lo studierai a scuola.”

- “ooohhh e quelle altre navi lì cosa sono?” Felice di tutte quelle novità Mariana guardava appiccicata al vetro lo spettacolo esterno dove diverse astronavi orbitavano in attesa degli ultimi passeggeri in arrivo dal pianeta.

- “Sono le altre navi coloniali gemelle di questa.” Le risposi sorridendo a quella innocente felicità

Intervenne il Guardiamarina Olivieri a dare spiegazioni più dettagliate:

- “Quella che vedi qui vicino è la HSS Atlantic, nave di classe Ocean, poi lì a sinistra altre due della stessa classe la Pacific e la Indian, invece quelle in fondo a destra di classe Sea più piccole sono la Artic, la Antartic e la Mediterranean e sono le gemelle della Caribbean.

The Dead Zone – La Zona Morta
Feci un sospiro osservando gli oceani da quella nuova prospettiva, erano verdi… innaturalmente verdi e morti, li avevamo avvelenati fino a cancellare tutta la vita in essi contenuta, avevamo vomitato residui di fertilizzanti e altro alimentando alghe e microalghe, che proliferarono all’eccesso, morendo e in decomponendosi creando un processo che consumavo l’ossigeno soffocando il mare ed i pesci morivano di ipossia.

Accadeva tutto sotto gli occhi del mondo, intorno ai primi del secolo si rilevò che grandi aree marine come il delta del Mississippi, la Cheasapeake Bay, il Mar Baltico, il Kattegat, il Mar Nero e il Mare Adriatico Settentrionale erano diventate zone morte e si allargavano anno dopo anno nell’indifferenza del genere umano. Il verde delle alghe si depositava sui fondali ed il colore dei mari cambiava lentamente ed inesorabilmente, senza ossigeno non sopravvivono i pesci, mammiferi, molluschi, le piante acquatiche: la vita marina scomparve ed i pesci cominciarono a diminuire in tutto il mondo.

Per primi scomparvero i grandi banchi di tonno rosso e la catena alimentare crollò come un castello di carta. Ricordo solamente che sparirono una dopo l’altra intere specie nell’arco di pochissimi anni, i nostri mari, i nostri si impoverivano di vita, quella stessa vita che portò l’uomo sulla terra ferma.

Nell’arco di un secolo il mare morì, o almeno la vita nei mari morì e con essa morì la nostra possibilità di continuare a vivere sul pianeta, rimanevano pochi decenni di autonomia.

La corsa alla realizzazioni di immense navi coloniali fu per la prima volta una necessità che fece crollare i confini politici degli uomini. Non c’era più possibilità di sopravvivenza se non con il lavoro comune.

Si decise di convogliare tutte le risorse nella realizzazione del maggior numero di navi possibili, ogni ricerca scientifica si rivolse allo studio della produzione agricola intensiva per le serre spaziali, per la conservazioni criogenica per l’immenso viaggio che ci aspettava, la mappatura delle galassie e lo studio di possibili rotte o destinazioni.

- “Vedi Mariana sulla Caribbean abbiamo una foresta, delle serre per i raccolti ed un piccolissimo mare con tanto di pesci, praticamente possiamo fare tutto su questa nave sai? … e quando arriveremo sul nuovo pianeta riscotruiremo le nostre città e inizieremo una nuova vita.” Continuava la Guardiamarina a raccontare alla bambina una bella favola.

Ogni nave fu costruita per essere autosufficiente affinchè ogni gruppo possa prendere una direzione differente dalle altre, forse qualcuno riuscirà a trovare un pianeta adatto, fondare una nuova colonia umana e forse riusciremo a non distruggere anche quello di pianeta.

Mariana era perplessa, guardava le navi fluttuare nello spazio e il pianeta con le acque verdi e poi interruppe Marcella per farle l’ultima domanda:

- “Ma… quanto dura il viaggio per la casa nuova?”

Scese il silenzio all’interno di quel piccolo ambiente che correva lungo la monorotaia della Caribbean.

Guardo il vuoto dello spazio, è nero, ed ora che tutto mi sembra così inutile e disperato penso che veramente avremmo potuto evitare la nostra estinzione se solo ci avessimo pensato in tempo!

RobiFocus

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Fonti d’ispirazione

http://www.ecologiae.com/zone-morte-oceaniche-riscaldamento-globale/13972/

http://www.sciencedaily.com/releases/2011/06/110615091057.htm


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