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The Den (di Zachary Donohue, 2013)

Creato il 13 maggio 2014 da Frank_romantico @Combinazione_C
The Den (di Zachary Donohue, 2013)
PRESENZA DI SPOILER
Di film che riflettono su internet, sul potere di un simile mezzo e dei pericoli che si nascondono in rete (dietro la rete, dentro la rete) ne hanno fatti fino alla nausea. Potrei facilmente citarne alcuni ma non lo farò perché vale lo stesso discorso che feci mesi fa quando parlai di un altro film che trattava l'argomento, il brutto (ma veramente orribile) Smiley di Michael J. Gallagher. E alla fine che il web possa essere una trappola lo sapevamo già, anche senza le degenerazioni - e le esagerazioni - descritte in tanti anni di cinema horror. Perché l'horror, con tutti i suoi difetti e le sue eccezioni, resta il modo migliore per rappresentare il mondo nella sua accezione più negativa e metaforica. E alla fine internet è il mondo, un mondo parallelo e certe volte alternativo, che si interseca, si fonde e si confonde con quello fisico.
The Den è l'opera prima del regista Zachary Donohue, un found footage alternativo girato tramite webcam (quella del pc ma anche quella dello smartphone) ma che, in un certo senso, rinuncia all'oggettività che questa tecnica "dovrebbe" garantire essendo, tutto quel che vediamo, filtrato dal punto di vista della protagonista e del (o degli) antagonista/i. La storia di Liz, studentessa dottoranda che in ambito accademico, deve affrontare uno studio sul web e su chi lo abita. Per fare ciò decide di passare 24 ore su 24 su un sito di videochat; The Den. Solo che questo studio si trasformerà in un incubo nel momento in cui Liz assisterà ad un efferrato omicidio on line. Omicidio a cui nessuno vuole credere.
The Den (di Zachary Donohue, 2013)
Doppio punto di vista, dicevamo, che fa a cazzotti con lo spirito stesso del found footage ma che rispecchia la molteplicità dei punti di vista della rete stessa. Una pluralità di voci ma, soprattutto, l'indeterminatezza del tutto. Il caos. Perché su internet i limiti si allargano fino quasi a scomparire, la verità non è mai una certezza e diventa sempre più difficile distinguere il reale dall'irreale. Infine, cosa da non sottovalutare, la rete concede altissimi margini di potere perché è ovunque: nelle case di tutti, in tutti i posti pubblici, sulla terra e nello spazio. Ha regole ben precise che vanno al di là di quelle fisiche. E, proprio per questo, basta saper sfruttare i bug, basta sapere sovvertire (queste regole) o saperle sfruttare a proprio favore per ottenere un potere incredibile. D'altro canto per chi lo vive, il web, questo paese delle meraviglie dalle possibilità infinite, può divenire una trappola mortale.
E' questo che scoprirà Liz (Melanie Papalia, presente anche nel su citato Smiley), che nel tentativo di studiare la rete e chi la vive finirà per esserne risucchiata. In fondo nelle video-chat pensi quel che vedi non è necessariamente quel che c'è e quel che non si vede non è detto che non ci sia e che non possa farti del male. E allora cliccare sull'icona sbagliata o rivolgere la parola alla persona sbagliata può essere l'inizio della fine. Ora, The Den parte dal presupposto che ogni computer è una porta. Hackerare un pc vuol dire scassinare quella porta e scassinare una porta vuol dire entrare nella vita di una persona. Inutile negarlo, il personal computer è diventato proprio questo. Quindi, nel momento in cui un hacker (ma scopriremo essere un gruppo di hacker) prende di mira Liz e penetra nella sua vita, ha inizio l'incubo. E ovviamente nessuno vuole credere alla ragazza perché quel che accade non solo sembra eccessivo ma, soprattutto, non ci sono prove. La potenza di internet, se sai manipolare questo mondo dalle infinite possibilità.
The Den (di Zachary Donohue, 2013)
Gente che viene filmata mentre viene uccisa. Gente che crede che una cosa del genere non possa essere altro che uno scherzo. Perché. Perché l'indeterminatezza di un posto caotico dalle infinite possibilità annulla, nello stesso tempo, tutte le possibilità. In un mondo (o ambiente) del genere sfruttare il dolore e il sangue non solo può diventare possibile ma anche redditizio. Ovviamente amplificando l'orrore che da una situazione del genere può scaturire, perché sempre di film horror si tratta. E allora la leggenda metropolitana della setta che uccide e filma la gente che uccide solo per poter rivendere i video a ricconi che godono della sofferenza altrui diventa un'esagerazione che ricorda da vicino l'Hostel di Eli Roth. Un esagerazione che costa cara ad una pellicola tesa durante tutta la prima parte ma che, verso il finale, scivola nella vaccata. Uno scivolone non così dirompente, non così evidente ma che c'è, esiste. Perché caotico, perché "troppo". E se per tutta la durata della pellicola avevamo assistito ad un'alternanza di punti di vista tra buona e cattivi che, in un certo senso, apportava una discreta novità all'ormai noioso e abusato stile found footage, alla fine si scivola nel solito film con neanche tanta originalità. Peccato. 
Alla fine The Den è un film guardabile e godibilissimo, ma non è nulla di che e nulla di più. Piacerà a chi il web fa paura, a chi teme i complottismi. Queste persone proveranno una sana paura almeno per tre quarti di pellicola. Agli altri forse non farà né caldo né freddo, invece. Nonostante ciò il film di Zachary Donohue non è da buttare ma si assesta su una comoda sufficienza. Per alcuni un po' di più, per altri un po' di meno.
The Den (di Zachary Donohue, 2013)

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