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Lante ha gli occhi del colore dei noccioli di pesca d’estate e unciuffo birichino che appena si distrae scappa giù per accarezzargli la frontecon la stessa tenerezza che ha la mano di sua madre quando ogni sera piano glirimbocca le coperte lasciando dietro disé il profumo di latte di mandorla e menta.
A Lante piace la notte, per quel cielo stellato che illumina lepiccole strade di campagna come se fossero bucce d’arancia candita sparse allarinfusa per dare conforto e baci dolci ai solitari viandanti.
Una notte di Ottobre, una di quelle notti in cui il cielo comincia afare il broncio e non la smette di far capricci, piangendo a più non posso,Lante venne svegliato da un tintinnio metallico che proveniva dalla soffitta.
Così piano accese la candela cheaveva riposto sul comodino e salì cautole scale.
Dormivano tutti, persino ilvecchio cane Birillo . Arrivato in cima accostò l’orecchio alla porta percarpire di cosa si trattasse e lo fece aderire bene, come gli aveva insegnatoNanni il garzone che era solito dire che con le orecchie bisogna ascoltare chea sentire tutti erano capaci.
Aprì la porta e cercò di farsi largo con il piccolo moccio di candelalungo la stanza.
Non ci era mai salito su in soffitta: la luna illuminava vecchi librie scatole e bauli sistemati uno sull’altro.“C’è qualcuno?!” Ma niente, nessuno gli rispose.
Lante era un bambino coraggioso e si avvicinò senza timore allafinestra pensando che era davveroavventuroso essere svegliati da un campanello, salire le scale e ritrovarsi inuna stanza che pareva un palazzo grande. Chiuse gli occhi e assaporò ogni notaprofumata che si distingueva nella stanza: i fiori di lavanda con il loro profumo dai mazzettiappesi e la fragranza del velluto bagnato della cappa rossa col cappuccio, poila nota legnosa di virgulti di olivi intrecciati e il buon odore della pagliache abbraccia e nasconde piccoli pomelli di mandaranci profumati.
Lante prese un libro dalla pila alta e impolverata, sistemò la candelasul parapetto dopo aver aperto le grandi imposte della finestra e avvicinò il vecchio cesto di legnointrecciato con dentro un cuscino morbido di tela rossa e ci si sedette dentro. Aprì il libro eassaggiò il profumo che le pagine emanavano,sapeva di terra battuta e di mare, di suole di scarpe consumate eavventure stregate.
La luna veniva illuminata dai lampi in lontananza e lo aiutava a vedermeglio: si accorse così sin dalla prima pagina che quello non era un libro come gli altri, no quello era ildiario di Adelmo Gianfiore suo nonno. Se lo strinse forte a sé il piccolo Lantee cominciò a leggere racconto su racconto per tessere la notte di sogni edavventure seguendo quella grafia alta e aggraziata che solo le mani del nonnoavrebbero potuto dipingere sulle pagine bianche dimenticate.
Seguì le sue avventure su spiagge lontane e navi abbandonate allaricerca di tesori nascosti e risposte a domande che un uomo solo crescendo sipone. Lo lesse d’un fiato Lante, lo lesse come si legge un messaggio aspettatoda tempo e arrivato per caso.
Si sorprese vedendo legata nell’ultima pagina sul dorso interno dellacopertina una piccola chiave di ottoneche portava il suo nome scritto a penna su un lembo del nastro che la fermava.Era minuscola con graziosi ghirigori cheincorniciavano l’anello superiore.
Non aveva senso legare una chiaveal suo interno se il diario era aperto.
Tolse il nodo e cadendo si accorse che nascondeva una piccolaincisione lineare a modo di tasca. Tastò con la mano il foglio sottile e siaccorse del biglietto interno, lo cacciò fuori attento a non rovinarne lacarta. Lo aprì e lesse il messaggio che Adelmo Gianfiore gli aveva conservato.“La chiave Lante è magica, tutte le chiavi sono magiche, ma questa inparticolare. Il nastro l’ha fermata perché sono solite andare di qua e di làcome cavallette. Con questa chiave custodiraile risposte che io ho trovato e aggiungerai alle mie poche le tue e lapasserai ai tuoi figli e loro faranno lo stesso e per ogni risposta si accenderàuna stella”.
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