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The Porn Myth

Creato il 05 settembre 2011 da Femminileplurale

Pubblichiamo di seguito un articolo di Naomy Wolf, comparso prima nel New York Magazine e poi in traduzione italiana nel 2004 su D di Repubblica, che fornisce una lettura interessante delle motivazioni che stanno dietro alla sempre maggiore diffusione della pornografia.

Il porno che ha ucciso il desiderio

Negli anni Ottanta la femminista Andrea Dworkin sosteneva che, una volta aperta la

The Porn Myth
diga, la pornografia avrebbe inondato il mondo. Per lei, il dilagare delle oscenità avrebbe portato gli uomini a trattare le donne in modo sessualmente degradante. Come delle pornodive. Di conseguenza gli stupri sarebbero aumentati vertiginosamente. La prima parte della profezia si è purtroppo avverata: la pornografia è diventata davvero la carta da parati della nostra vita. Dalle e-mail spam che diffondono immagini oscene di sesso sui computer di ignari utenti a Pornography: The Musical, il programma del martedì sera su Channel 4, il porno è diventato mainstream. Persino Madonna, madre di due figli, indossa T-shirt con la scritta Porn Star, mentre la celeberrima sitcom Friends ha dedicato un intero episodio a Chandler che si masturba davanti a un video porno. Nel frattempo, i club di lap dance prolificano ovunque e dalle pagine dei giornali le starlet si vantano di aver appreso le tecniche dello strip tease da autentiche professioniste. Ma pur avendo ragione a proposito dell’ondata di pornografia, la Dworkin si è sbagliata sui suoi effetti. Ragazzi e ragazze hanno davvero imparato che cos’è il sesso, come si fa, la sua etichetta e le aspettative collegate attraverso la pornografia – e tutto questo ha avuto un enorme effetto sul loro modo di interagire. Ma non nel senso che ha trasformato gli uomini in bestie rozze e affamate, che considerano tutte le donne come pornostar. Anzi, è accaduto praticamente il contrario. Ho scoperto che la pornografia ha affievolito la libido maschile verso le donne reali. Ben lungi dal dover tenere a bada i giovani amanti del porno, le donne in carne ed ossa temono di non riuscire ad attirare, e ancor meno a conservare, la loro attenzione. Recentemente ho parlato con molte giovani donne in alcune università: tutte sostengono di non poter reggere la concorrenza, e ne sono pienamente consapevoli. Perché come fa una donna normale – con i punti neri sul naso, magari la cellulite e un seno naturale, un linguaggio che va al di là del “ancora, ancora, bello stallone”, con emozioni ed esigenze sessuali che sono solo sue – a competere con una cibervisione della perfezione, scaricabile a proprio piacimento, assolutamente sottomessa e confezionata su misura per le esigenze del consumatore? Avete presente Cameron Diaz in Charlie’s Angels? Bastano pochi clic per ritrovarsi il suo bel visino sovrapposto su qualsiasi corpo mozzafiato su tutto lo schermo, pronto a contorcersi in qualsiasi posizione. Per la maggior parte della nostra storia, le immagini erotiche sono state il riflesso, la celebrazione o il sostituto delle donne nude in carne e ossa.

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Oggi, per la prima volta, l’allure di quelle immagini ha soppiantato il desiderio per la donna vera. E le donne reali, con tutta la loro umanità e le loro imperfezioni, sono considerate pornografia di serie B. Negli ultimi vent’anni ho osservato come la pornografia abbia svilito l’autostima sessuale delle donne, il loro valore reale o immaginato. Quando sono diventata maggiorenne io – agli inizi degli anni Settanta – era ancora abbastanza eccitante mostrarsi nuda e desiderosa davanti ad un ragazzo. C’erano molti più uomini che sognavano di trovarsi davanti ad una donna nuda rispetto al numero delle donne nude sul mercato. A meno di non avere qualcosa di spaventoso, il solo fatto di mostrarsi scatenava reazioni entusiaste. Magari il tuo ragazzo aveva sbirciato di nascosto le pagine patinate di Playboy, ma di certo non erano niente in confronto al tuo corpo caldo e reale. Trent’anni fa, anche la semplice posizione del missionario per fare l’amore era considerata altamente erotica nel mondo della pornografia tradizionale. Quando nel 1972 è apparso sugli schermi Dietro la porta verde, uno dei primi film porno, la seriosa posizione del missionario risultava ancora incredibilmente eccitante. Bene, ho 40 anni e la mia generazione è stata l’ultima a sentirsi a proprio agio con quello che poteva offrire a letto. Negli anni Ottanta e Novanta, ho visto le mie amiche più giovani competere con le disinibite lesbiche e le pornostar esperte e abbronzate dei video in circolazione. E adesso è ancora peggio. Molte delle ragazze che vedo in palestra sembrano davvero delle pornostar, con le loro tette rifatte e la depilazione “alla brasiliana”. I peli sul pube ce li hanno solo le quarantenni mentre le ventenni li spuntano e li acconciano come le pornostar. Ma questo significa che il sesso è stato davvero liberato? O che i rapporti tra l’industria del porno, la compulsione e l’appetito sessuale sono diventati gli stessi esistenti fra il settore agroindustriale, i cibi trattati, le maxi-porzioni e l’obesità? Se si stimola costantemente l’appetito e lo si alimenta con cibo di scarsa qualità, ci vogliono molte più schifezze per sentirsi sazi.

Con la pornografia, le persone non si ritrovano più vicine ma ancora più distanti; non si entusiasmano di più nella vita di tutti i giorni, ma caso mai perdono ancor più interesse. Le ragazze con cui ho parlato degli effetti della pornografia sulla loro vita privata, mi hanno raccontato di sentirsi inadeguate. Non sono mai riuscite a chiedere quello che davvero volevano e se non erano pronte a offrire quello che proponeva il mondo del porno, avevano ben poche possibilità di tenersi un ragazzo. Dal canto loro, i ragazzi mi hanno spiegato che cosa significa crescere imparando il sesso dalla pornografia e di come non aiuti affatto a immaginare il sesso con una donna vera, per non parlare delle sue esigenze. Quando gli ho chiesto del senso di solitudine – cioè se per caso l’immaginario porno a letto non producesse meno intimità – ho visto scendere un cupo e desolato silenzio su folte schiere di giovani di entrambi i sessi: hanno tutti la sensazione di essere soli, anche quando stanno insieme. Considerano le immagini porno come una componente essenziale di tale solitudine. Perché non sanno più come ritrovarsi eroticamente all’interno della coppia, faccia a faccia con una persona reale. E così Dworkin aveva ragione nel sostenere che la pornografia è incontrollabile e ha un effetto aggravante sulla sessualità umana – soprattutto maschile. Aveva torto però nel ritenere che avrebbe reso gli uomini più rapaci: di fatto, sta costruendo una generazione di uomini eroticamente meno capaci di connettersi alle donne intese come persone. Questo potrebbe spiegare probabilmente perché, in un recente episodio di cronaca di uno stupro di gruppo, i calciatori e tutti quelli coinvolti hanno dichiarato che l’aver fatto a turno per “divertirsi” con una diciassettenne è un comportamento del tutto normale. Uno dei modi per “spegnere” la pornografia potrebbe essere decidere di farlo in base a motivazioni di salute fisica ed emotiva, non di ordine morale. Si potrebbe ripensare al consumo costante del porno nella stessa maniera in cui un atleta pensa ai danni connessi al fumo. Perché una cosa è ovvia: una maggior disponibilità di sostanze stimolanti equivale a ridurre determinate capacità. Dopo tutto la pornografia funziona in modo alquanto elementare sul cervello: è pavloiana. L’orgasmo è uno degli stimoli più potenti che riusciamo a immaginare. Se ci concentriamo e associamo un orgasmo a nostra moglie, un bacio, un profumo, un corpo, con il passare del tempo sarà quel dettaglio ad eccitarci. Se invece associamo l’orgasmo unicamente a un’interminabile scia di immagini impersonali e trasgressive di schiave cibersexy, alla fine avremo bisogno proprio di queste per eccitarci. Essere circondati da immagini di sesso non libera l’Eros, caso mai lo diluisce. Come sanno bene le altre culture. Non sto auspicando un ritorno ai vecchi tempi, quando la sessualità femminile veniva accuratamente nascosta, ma mi sono resa conto che il potere e il fascino del sesso può essere mantenuto solo circondandolo di un alone di sacralità. La sensazione che il sesso non sia disponibile sempre e comunque, come l’acqua corrente, favorisce notevolmente le relazioni. Ecco perché molte culture condannano l’uso indiscriminato ed esagerato delle immagini sessuali. Molte delle culture più tradizionaliste della nostra sembrano comprendere molto meglio della nostra la sessualità maschile. Capiscono quello che occorre a uomini e donne per conservare l’attrazione reciproca nel corso del tempo – per aiutare soprattutto gli uomini, come recita il Vecchio Testamento, ad essere “contenti con il seno della moglie della tua giovinezza”. Queste culture invitano gli uomini a rifiutare la pornografia, perché assegnano un grande valore alla stabilità erotica delle coppie sposate, e sanno benissimo che un forte legame sessuale fra genitori è l’elemento alla base di una famiglia solida. Considerano l’impulso sessuale come la pressione all’interno di un tubo: esporre un uomo o una donna a una miriade di immagini sessuali di altri uomini o donne, è come intaccare un tubo con migliaia di piccolissime incrinature: in pratica tantissime, piccole perdite che disperdono l’energia che andrebbe riposta nel rapporto di coppia. Può darsi che queste culture non siamo molto gentili nei confronti delle donne, ma non si può negare che abbiamo capito il potere dell’Eros. Potremmo insegnare loro qualcosa a proposito dell’uguaglianza, ma loro in cambio potrebbero istruirci sulla sacralità del sesso. Le femministe hanno male interpretato alcuni dei loro divieti. Gli ebrei ortodossi non guardano le donne negli occhi perché sostengono che uno sguardo diretto può essere straordinariamente erotico. E le donne musulmane si coprono i capelli perché sono considerati molto sexy. I denigratori di tali pratiche non hanno considerato i vantaggi che queste culture ottengono riservando la stimolazione sessuale unicamente a beneficio delle coppie sposate: se vi è capitato di vedere le donne marocchine che danzano in occasione di un matrimonio, vi sarete resi conto di quanto possano essere sensuali queste scene fra i mariti musulmani osservanti e le loro mogli. Le ebree osservanti, che si astengono dal sesso per due settimane al mese, mi hanno spiegato di avere rapporti eroticamente più intensi con i propri mariti rispetto alle amiche laiche, i cui compagni tornano a casa stanchi dal lavoro, dopo essere stati sottilmente eccitati da colleghe, annunci, messaggi e foto, e fanno fatica a ritrovare il desiderio di fronte ad una “banale” moglie in camicia di notte. Non dimenticherò mai la volta in cui sono andata a trovare Devorah, una vecchia amica diventata ebrea ortodossa a Gerusalemme: ho scoperto che aveva abbandonato jeans e magliette per indossare lunghi abiti e un foulard sulla testa. Non riuscivo a credere ai miei occhi. Devorah aveva degli splendidi capelli biondi che le arrivavano alla vita. “Ma non posso più vederti nemmeno i capelli?”, le ho chiesto, cercando di scorgere la mia vecchia amica sotto quel foulard. “No”, mi ha risposto dolcemente. “Perché no?”, ho insistito. “Dopo tutto sono una donna”. “Solo mio marito può guardarmi i capelli”, ha replicato lei con calma e sensuale confidenza. Quando mi ha mostrato la sua minuscola casa nell’insediamento sulla collina e ho visto la camera da letto, avvolta in ricchi tessuti mediorientali finemente decorati, che divideva unicamente con il marito (i figli non possono entrarvi), e solo quando era il momento propizio, l’intensità sessuale che si respirava aveva un sapore arcaico, assolutamente potente. Era una cosa privata. Una sensazione di assoluta intensità erotica, molto più profonda rispetto a quella che abbia mai percepito nelle case delle coppie laiche, nell’Occidente emancipato. E ho subito pensato ai nostri uomini, che vedono donne nude dal mattino alla sera – basta andare in Times Square, oppure cliccare su Internet. Suo marito invece non vedeva mai neppure i capelli delle altre donne. Ho immaginato che Devorah dovesse considerarsi estremamente eccitante. Proviamo a paragonare questa sensualità con la conversazione avuta con due diciannovenni della Northwestern University, appena fuori Chicago. “Perché fare sesso subito?”, mi stava spiegando il ragazzo, molto carino. “Le prime volte che esco con una ragazza, la situazione è sempre un po’ tesa, mi sento sempre a disagio”, mi ha detto. “Preferisco fare sesso subito per superare quella fase di stallo. Tanto sai che prima o poi lo devi fare… tanto vale farlo subito e liberarsi della tensione”. “Ma la tensione non può essere anche divertente?”, gli ho chiesto. “Non è importante anche un pizzico di mistero, il fatto di non sapere che cosa accadrà?”. “Mistero?!”, ha biascicato, guardandomi senza capire. Poi, senza un attimo di esitazione, si è affrettato a proseguire: “Non capisco proprio di che cosa stai parlando. Il sesso non ha mistero”.


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