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The Water Diviner, provaci ancora Russell – La recensione

Creato il 08 gennaio 2015 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Il giudizio di Antonio Valerio Spera

Summary:

La prima di Russell Crowe dietro la macchina da presa, The Water Diviner, è un’opera dalle buone potenzialità che però denota evidenti acerbità registiche. L’attore australiano, che nella sua carriera ha avuto la possibilità di essere diretto da importanti autori internazionali, da Ridley Scott – con il quale ha instaurato un vero e proprio sodalizio – fino a Michael Mann passando per Ron Howard e Tom Hooper, per quanto coraggioso nella scelta della storia da narrare nel suo esordio, dimostra infatti di dover ancora prendere le misure del suo nuovo “mestiere”. Crowe porta sullo schermo il romanzo di Andrew Anastasios e Meghan Wilson-Anastasios, raccontando la storia vera, ambientata nel post prima guerra mondiale, del rabdomante australiano Joshua Connor, da lui stesso interpretato, che va in Turchia dopo la morte della moglie per cercare i corpi dei suoi tre figli caduti durante il conflitto bellico. Li incontrera l’affascinante Ayshe (una brava Olga Kurylenko) e il turco Hasan, eroe di guerra, che lo aiuteranno nella ricerca.

Il racconto dopo un inizio piatto ed impacciato, regala buoni segnali di ripresa quando si sposta dall’Australia alla Turchia, ma purtroppo questa discontinua qualità della narrazione finisce per pervadere l’intera pellicola. Il neoregista non riesce a gestire la complessa materia filmica con cui ha a che fare. The Water Diviner presenta infatti un’infinita varietà di elementi e una plurima stratificazione, che forse avrebbero meritato una mano più matura per trovare la giusta amalgama sullo schermo. Da una parte si tratta di un racconto storico – l’ambientazione post bellica non costituisce solo uno sfondo asettico nella narrazione -, da un’altra di una riflessione sulla stessa guerra, ed inoltre di un’opera dall’importante componente mistica, di un dramma umano e familiare dai contorni da love story e anche di una storia di confronto-incontro culturale.

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Tanta carne al fuoco, dunque, e di certo non facile da manovrare. Senza dubbio dietro alla non perfetta riuscita di questa trasposizione cinematografica del romanzo degli Anastasios, è opportuno rintracciare ed evidenziare anche le colpe di una sceneggiatura eccessivamente ellittica e a tratti sbrigativa firmata dallo stesso autore del libro e da Andrew Knight, ma dando a Cesare quel che è di Cesare, è altrettanto corretto notare come Crowe si perda completamente in questo mare narrativo, rimanendo a galla solo grazie ad una buona rappresentazione dei sentimenti, ad una discreta direzione degli attori (anche se l’ex Gladiatore non eccelle come direttore di se stesso) e ad un impianto estetico privo di fronzoli, azzardi e presunzione.

L’aspetto probabilmente più convincente del film è forse proprio questo: e cioè la sua onestà di fondo. L’onestà di chi si avvicina alla macchina da presa quasi in punta di piedi, con il solo bisogno di raccontare una storia, senza l’autoimposizione di dimostrare e di mostrarsi. Un’onestà che alla fine è anche innocenza di sguardo e purezza emotiva. The Water Diviner è un film che si lascia guardare, che si presenta in alcuni momenti come un buon classicone hollywoodiano, ma purtroppo nel complesso si avvicina più ad un polpettone pieno di melassa che ad un affresco narrativo pieno di epos e di emozioni. Prima però di esprimere giudizi definitivi sul Crowe regista – negli States c’è comunque chi lo ha apprezzato – lo aspettiamo alla seconda prova. Provaci ancora, Russell.

a cura di Antonio Valerio Spera per Oggialcinema.net


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