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The water sustains me without even trying

Creato il 21 giugno 2012 da Robomana
The water sustains me without even trying Domani esce Un amore di gioventù di Mia Hansen-Løve, terzo e bellissimo film della regista di Tout est pardonnée e Il padre dei miei figli, a tutti gli effetti, vista la giovane età (è del 1981) uno dei nomi su cui puntare per il futuro. Il suo cinema è etereo e insieme corporeo, vicino per ispirazione e stile ai sentimenti fragili di Rohmer, alla fisicità di Techiné, alla foga vitalistica del migliore Assayas, di cui la regista è stata attrice ed è moglie; nonostante un discorso non ancora del tutto sicuro, spesso eccessivamente a caccia di un lirismo astratto e impressionista, di film in film Mia Hansen-Løve ha delineato un percorso emotivo sui grandi momenti di passaggio della vita e sull'incontro con la sofferenza. I suoi film parlano di famiglia, di ricordi, di amore, di assenza, di passione, di bellezza che sboccia e a fatica resiste. In Un amore di gioventù per la prima volta non parla di morte, anche se l'amore intenso e impossibile che racconta è anch'esso una forma di lutto: ma è sempre la vita a emergere, a pulsare, a scorrere sui corpi dei personaggi e a illuminare il film. In questo caso, poi, in relazione a quanto ho scritto qualche giorno fa su La mia vita è uno zoo, c'è un uso della musica - anzi, di una sola canzone - che si pone come l'esatto contrario della pomposità di Cameron Crowe. E da questo si capisce parecchio del cinema della regista.
In Un amore di gioventù, in questo fragile e dolce racconto di giovinezza, di un amore che nasce finisce e non si lava più, Mia Hansen-Løwe, per sottolineare la struggente solitudine della sua protagonista, innamorata di un amore troppo giovane per durare, un amore che le resterà attaccato per sempre, come acqua che scorre ma non asciuga, usa in due momenti una canzone dell’inglese Johnny Flynn, The Water.
Dolce e fragile, il pezzo potrebbe tranquillamente stare in una playlist di Crowe, ma per fortuna la regista non mette al centro del film i propri gusti musicali, ma l’esperienza del suo personaggio, il suo corpo fresco eppure consumato dalla tristezza, il dolce abbandono di un’esistenza segnata: se alla prima occasione The Water, con i suoi arpeggi di chitarra e le voci calde di Flynn e di Laura Marling, cerca di sostenere il cuore della ragazza accompagnando la relazione più matura in cui ha trovato rifugio, nella seconda, durante la scena finale e sui titoli di coda, una volta che il grande amore è tornato e nuovamente fuggito, ciò che resta sono un corso d’acqua e una figura che si lascia trascinare dalla corrente. Perché l’acqua «sostiene senza nemmeno provarci», l’acqua è come l’amore, naturale e indispensabile, e non c’è alcun bisogno di dirle delle cose così semplici e vere, Cameron Crowe dovrebbe capirlo.
Niente lacrime, niente primi piani, niente elegie o sospiri. Solo un corpo, il suo dolore, la sua ricchezza, e la musica che chiude il film senza insistere o eccedere, dicendo con il suo linguaggio dei sensi ciò che tutti sanno e tutti hanno già visto.

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