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Un presente incontrollato le trasforma: erano le donne infelici che cercano una sbronza, ma quando la sbronza arriva, i sensi si perdono è la catastrofe e quella cbe sembrava una commedia metropolitana come tante altre diventa un dramma on the road. Nello stesso anno, 1991, in cui Gus van Sant realizza la sua tragedia urbana, calata nell'onirico spazio desolato dell'Ohio, di Belli e dannati, Ridley Scott gioca senz'altro sul ribaltamento delle dimensioni esistenziali per il suo fortunatissimo e problematico Thelma & Louise. Ma, a distanza di vent'anni da quando uscì (e di una quindicina, da quando l'ho visto io), oggi mi sembra di poter dire che questa regia o questa sceneggiatura in qualcosa mancano.
Intanto le due vite non sono speculari: né tra il prima e il dopo, né tra l'una e l'altra donna, ma non sono abbastanza diverse per apprezzare la personalità individuale e di ogni situazione. Il malessere delle due donne è giustificabile, ma generico, le soluzioni quanto mai vaghe e comunque inspiegabili. Thelma e Louise sono due fantocci che fuggono da una sorta di malessere generazionale, di cui sono vittime e corree. Capisco l'onda che le sommerge, ma proprio nello scaturire di questo terremoto trovo qualcosa di profondamente falso, anche per una società come quella americana. L'omicidio dello stupratore è, sì, prevedibile sul piano narrativo di certa cinematografia, ma risulta inspiegabile.
Ancora più intollerabile è proprio l'accettazione del fatto come scaturigine di nuovi fatti: non è questione morale, assolutamente, è proprio che la facilità con cui Louise spara non ha appigli nella realtà di chi, pur gravata dalla rabbia e dal desiderio bruciante di vendetta, non l'ha mai fatto prima. E se la vita non segue binari preferenziali, soprattutto non i binari codificati della logica, rimane il fatto che io non ci credo. La catena delle conseguenze si spezza proprio nell'anello che dovrebbe tenere insieme la tragedia, così che Thelma & Louise è un film ben realizzato, ma estremamente drammatico, una spugna di disperazione, senz'alcuno spazio per l'introspezione e per la sincerità.
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