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Tille Potine, la cousine de Aurélia Steiner

Creato il 23 aprile 2012 da Anonimadelgaud
Tille Potine, la cousine de Aurélia SteinerLa cousine prôneuse Tille Potine, la cousine de Aurélia Steinerde Aurélia Steinerdi V.S.Gaudio

Nel marzo scorso ricevetti o rinvenni non so dove questafotografia, accompagnata dal gentile invito a immaginarmi qualcosa che larispecchiasse; essa rimase però alcune settimane sul mio desktop, e più virimaneva e più spesso la osservavo, tanto più mi risultava inaccessibile, forseanche irredimibile anche nel più lieve dei suoi tratti fisiognomici, finchéquel compito, in sé di scarso rilievo, si trasformò in un ostacoloinsormontabile.Tille Potine, la cousine de Aurélia SteinerPoi, un giorno di fine marzo, o era già il 1° aprile, lafotografia scomparve all’improvviso dal desktop e anche da Flickr"Thisimage is not available] con mio non poco sollievo, e nessuno - ma chi altri oltre a chi scrive e a chi la guardava sul desk? - sapeva dove fosse finita.
Quando – trascorso qualche giorno – l’avevo già quasidimenticata ed era arrivata la Pasqua dei cattolici della romana chiesa, eccolariapparire di sorpresa, allegata a una e-mail trasmessa da Péronne.Tille Potine, la cousine de Aurélia SteinerAurélia Steiner, con cui ero in corrispondenza da anniormai, mi comunicava che quell’immagine, allegata senza commenti alla miae-mail di fine marzo e a proposito della quale le sarebbe piaciuto sapere comene fossi venuto in possesso, raffigurava sua cugina di passaggio a Péronne,quantunque ella stessa si chiamasse Péronne, Tille Péronne, allorché mangiavadirettamente da un barattolo lentilles cuisinées à l’Auvergnate in piedi in unprato, che poteva essere benissimo, così continuava la e-mail di AuréliaSteiner, non in Picardie ma “laggiù dove vivi nel Pantano Saraceno, in un postocostantemente afflitto dalla malaria, circondato da terreni salmastri, dapaludi e da una boscaglia verde torinese impenetrabile.In un posto dove non succede nulla, se non che tutto, comegià da secoli, va in rovina e in marcescenza, salvo ciò che è requisito dagliaffiliati della Fiscalrassi che, tra rimborsi elettorali ai partiti, clinicheconcesse in uso e controllo al Vaticano e ospedali gestiti e amministrati daglialtri cattomassonisti di Comunione e Liberazione, e lauree patentementeconcesse da consorzi di studi foraggiati dallo Stato, continuano a regnare lìsulla costa anziché sui monti da dove discendevano a dorso d’asino per venderela carbonella, le uova e le ogliarole quadarare da essi stessi artefatte”.Ancora nei vicoli regna sempre uno strano silenzioqui nel Pantano come in Picardie, e, scrive Aurélia,“non è quello il luogo in cui metà della popolazione langue,tremante di febbre dentro casa, se non gliel’hanno presaquelli di Albidonae della loro Fiscalrassi, seduta sui gradini o nel vanodella porta,il colorito giallastro e le guance flosce, non come lafisiognomia floridadi zia Lucrezia giovane puledra o mula dentro il suoirredentismo patagoniconon delle lentilles che mangia Tille à Péronne ma forsedelle sardelline che- scrive Aurélia- tu mi dicevi son così dentro lo Heimlich patafisicodell’oggetto a  che passa al meridiano con il fantasma delpoetae del visionatore, e, mi ricorda tutta questa storia dellafotografiadi mia cugina che mangia lenticchie a Péronne e Lucrezia cheavevacome sorella la mia omonima Aurélia e come noi bambine a scuolanon conoscevamo altre realtà se non la palude del Saraceno[o quella di Porto Vecchio in Corse, di cui narra W.G.Sebald in “La courde l’ancienne école”, pur’essa costantemente afflitta dalla malaria e circondatada terreni salmastri, raggiunta negli anni Trenta da un mercantile di Livorno nonpiù di una volta al mese per caricare tavole di quercia già pronte sul molo,un altro posto in cui mia cugina pare che si recasse a mangiar lenticchie,per questo mi pare che una volta mi disse per telefono che da lassùveder Roma oltre il mar Tirreno quasi sulla stessa linea di latitudinele procurava più di un orgasmo al giorno; dovevi sentirla,
sembrava Edward Lear, il paesaggista inglese che nel 1876 raccontava,
in un viaggio in Corse,di immensi boschi che si levavano verso l'alto
lungo vertiginosi pendii dall'azzurro cupo della valle di Solenzara, questo
mi raccontò al telefono, mia cugina la prôneuse: "da un pianoro che dominava
il colle dove ero salita, la mia vista spaziava sull'intera foresta, un teatro
naturale che  scendeva per centinaia di metri, una gradinata dopo l'altra,
un teatro il cui fondale era il mare, che vedevo quella mattina e anche
la mattina dopo oltre lo sbocco della valle di Solenzara, e dietro il mare
-simile a una pennellata sulla carta- il cupolone di Roma: Dio, che gaudio!"
E poi aggiungeva quasi in estasi e con un lieve ansimare:"Ho visto anche
i carri trainati da sedici muli, scendevano per un sentiero tutto curve a gomito,
portando tronchi della lunghezza di almeno cento, centoventi piedi, oh, gaudio,
avessi visto gli uomini del carro altro che muli, mai ne ho visti, né in Svizzera,
né in Libia e nemmeno in Calabria o in Irlanda così dotati, ho sentito il loro
désir potentemente eretto corrermi lungo la schiena e prendermi a cavalcioni
di quei tronchi mentre sopra i crepacci volavano in cerchio aquile e avvoltoi,
e gli stambecchi fissavano increduli tutto il mio gaudir, fringuelli e lucherini
saltellavano a centinaia- che uccelli!- in mezzo alle fronde, quaglie e pernici
facevano il nido sotto i cespugli più bassi, e ovunque le farfalle mi svolazzavano
attorno. E non è per niente vero, Aurélia, così disse Tille, che gli animali en Corse,
quantunque siano di taglia alquanto piccola, come Napoleone, ce l'abbiano ridotto,
anzi come spesso accade sulle isole  e negli uomini di taglia piccola, come Napoleone, 
ce l'hanno, te lo garantisco quant'è vero che mi chiamo Tille...Tille Potine, enorme,
non esagero se dico che qui si va a caccia per la pulsione fallica!"]e quindi non avevamo idea della mancanza di prospettive cui era condannata la nostra vita in questi posti resiletteralmelmenteinabitabili dal paludismo e dagli ombroni della Fiscalrassi,al pari di altri bambini che vivevano in contrade più felicie non all’ombra(del gaudio) di Albedonë o d’Alisandrë,imparammo anche a scrivere e a fare di conto, e questo equell’aneddoto sui Borboni, sui Savoia, sugli ombroni e l’ascesa  della “Mamma, sal’intavola!” e della caduta dopol’elevazione del “Babbo, com’il bobbo cacabbo il trabbo?”Di tanto in tanto guardavamo il mare dal bastione, quandola sera c’era la luna piena in lontananza sullo Jonio chenonaveva niente di Atlantico; così scrive Aurélia: non ho difattoaltro ricordo di mia cugina, tanto che ora pare che sichiamiTille Potine, che è a “Potinière” che rinvia, e quindi ancheallesardelline di cui alla tua zia e a questo patefatto mullarcui sembrano dedite tutte le femmine che sentono pruderele con in un habitat intriso di acque salmastre, paludi eboscaglie verdi impenetrabili torinesi; è pur vero che nellatagcloud di Wordle che è venuta a randomizzarsi dalla Bataille

de Saint-Joseph

che è omologa alla “Bataille des Jésuites”,solo che questa è autoriflessiva e soggettiva e quelladecantataa Péronne, au  jour de Saint-Joseph, è un manufatto specularesì ma oggettivo, tanto che si vede che mia cugina a Péronne,che mangialentilles e quindi fa sottentrare le sardelline della libidoche pulsa nella fase anale,c’è venuta per fare delle branlettes, e tu che la vedi che passaal meridianodella branlette non vedi che questo suo désir, questo suostupefatto mullara mano , perquanto è la sua bocca e i suoi denti che ti incantanoe di fatto non ho altro ricordo di lei”così Aurélia Steiner conclude la sua e-mail: “se non che ilnostromaestro a scuola chinandosi sui suoi quaderni le dicevasempre:

Ce que tu écris mal, Tille!

Tille semble,sembra, une « Tille », cheè un “pagliuolo di poppa”,

et comment veux-tu qu’on puisse te lire?

Ta même signature, Tille, c’est le tillage

, « la stigliatura »…le paraphe-Tille ouTillage( che poi intendevo, dice Aurélia, sempre come“le paraphalle-tille”, un “parafallo” da stigliare, dascapecchiare…)…

C’est ça  quetu feras quand tu seras plus grande: le tillage?

E guardava, questo maestro con un accento fortemente nasale,il suo “lentillage” così forte.Lentillage e tillage, è così, caro il mio poeta Saraceno, ti stavodicendo sopra
che nella tagcloud di Wordle è saltata la “é” di “potinière” e la “è”di “Péronne”,tanto che l’una si è fatta “potinire” e l’altra “pronne”,come se la potinière,che sicuramente mia cugina è, fosse pure e però una “cucurbita dilambicco”,un “potin” per "distillare" la “potine”, la sardellina, e cosìtu la vedi ancorpiù zoccola e “péronnaise”, come dite laggiù? “Pugnettara”,mi pare; e “pronne” che fa il verso e spettegola à “prône”, “spiegazione”,“predica”,e tu che la guardi in quella foto sei il “prôner”, il “magnificatore”,l’”esaltatore”,il “decantatore” di mia cugina (la)  potinière!D’altronde, “pronne” è lei stessa che, decantando le “lentillage”(mangiacon quellabocca, il naso e le mani le lentilles…), la “stigliatura”, àPéronne, topos della branlettedecantata, che cosa sta magnificando, decantando, esaltando senon il suo essere lìà Péronne per la Bataille de Saint-Joseph?Con quella bocca, poi, è così che me la ricordo, è unagrande « parolaia », une grandePronne, ovvero “prôneuse”,Tille la “piagnona”, la Prôneuse  deslentilles, ou des potines?

Tille Potine, la cousine de Aurélia Steiner

Ho ritrovato della prôneuse des potines questa  stessa foto in
un album accanto a questa che dovresti ricordare: se questa qua sopra
è mia cugina la potinière, questa qua sotto...è sua cugina:
la pontonnière?

Tille Potine, la cousine de Aurélia Steiner

Tille Potine, la cousine de Aurélia Steiner
FLeggi anche: la-bataille-de-saint-josephin particolare: 

                      La potinière àPéronne 

                      fait la volée de coups


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