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“Tra il dire e il fare c’è di mezzo…” la Motivazione (2 parte)

Da Psychomer
by Paola Sacchettino on luglio 30, 2012

Murray, a sua volta, elabora la distinzione tra bisogni primari innati (fame, sete, ecc.) e bisogni secondari superiori (riuscita, affiliazione, autonomia, ecc.), acquisiti nel corso dello sviluppo individuale tramite esperienze di apprendimento in ambienti concreti, caratterizzati da specifiche strutture fisiche, sociali e culturali.

Concettualizza che ai bisogni della persona corrispondano pressioni provenienti dell’ambiente; esse rappresentano un allettamento o una minaccia specifica nei confronti di quel determinato bisogno.

Suddivide le pressioni in alfa, che identifica nelle caratteristiche situazionali oggettive e beta, le caratteristiche della situazione così come percepite dalla persona in base ai suoi bisogni (in analogia con il concetto lewiniano di ambiente-spazio di vita).

Infine ipotizza l’incontro di bisogni e pressioni come rappresentazioni di interrelazione persona-ambiente: partendo dai temi, è possibile comprendere e classificare i bisogni.

Nel 1935 Murray elabora a questo fine il TAT (Thematic Appercetion Test), un reattivo proiettivo che rappresenta, insieme al test di Rorshach, una delle tecniche fondamentali per la valutazione clinica della personalità: egli suppone che il soggetto, proietti nella propria percezione i temi che gli sono propri, permettendo da questi di risalire a ritroso a bisogni e pressioni (Pedon, 2005; Rheinberg, 2003; Mischel, 1968).

La motivazione alla riuscita è un’unità funzionale formata dal confronto con gli standard di valore da raggiungere o superare e i sentimenti di felicità e orgoglio connessi alla riuscita.
Precursore di questo tipo di motivazione è il “voler fare da sé” del bambino piccolo, che si misura con compiti la cui riuscita è probabile ma non certa, trovando così il miglior modo per esercitare le sue abilità: in questo modo il bambino contribuisce da solo al proprio sviluppo.

Si tratta di una costante individuale, in base alla quale le persone si differenziano e che influenza il modo con cui percepiscono e valutano le situazioni in cui si trovano ad agire: in una data situazione, un individuo con forte motivo alla riuscita (rispetto ad un altro con debole motivo), tenderà ad individuare molte più occasioni per confrontarsi con uno standard di valore, mettendo alla prova e perfezionando le proprie abilità, percependo tali opportunità come più stimolanti e importanti; queste opportunità costituiscono un incentivo al suo motivo di riuscita.

La forza del motivo dipende dalle prime esperienze fatte dal bambino in quella classe di situazioni, in particolare dall’adeguatezza, rispetto allo sviluppo raggiunto, delle richieste fatte dalla madre in età prescolare.

Tuttavia la traccia di queste prime esperienze non dev’essere considerata immutabile: il motivo alla riuscita può essere appreso/allenato (Lombardo, 2006; Pedon, 2005; Boncori, 1993).

Per determinare il livello di motivazione che scaturisce nella persona, Atkinsons elabora la teoria dell’aspettativa moltiplicata per l’incentivo (valore).

Formalmente il rapporto tra i due elementi è di tipo moltiplicativo: un obiettivo percepito come talmente facile che la probabilità di raggiungerlo è uguale a 1, non verrà perseguito perché il suo valore di incentivo è pari a 0, così come non verrà perseguito un obiettivo percepito come talmente difficile che la probabilità di raggiungerlo è pari a 0. Teoricamente ne consegue che gli obiettivi che dovrebbero maggiormente attrarre e suscitare la motivazione alla riuscita sono quelli di difficoltà intermedia, tale per cui vi sono sia un incentivo che ha probabilità di successo.

Constatato però che la teoria aspettativa per incentivo non spiega tutte le comportamenti individuali, Atkinsons e Heckhausen scindono il motivo alla riuscita in due componenti: Speranza di Successo (SS) e Paura dell’Insuccesso (PI); la somma dei valori dei due termini corrisponde al valore del motivo alla riuscita complessivo, mentre la loro differenza, o “speranza netta”, esprime la direzione prevalente del motivo.

Su questa base elaborano il modello complessivo delle scelte di rischio: la teoria aspettativa per incentivo descrive la modalità di scelta degli obiettivi delle persone con forte motivo alla riuscita, orientato dalla speranza di successo; le persone il cui motivo alla riuscita è orientato dalla paura dell’insuccesso tendono a scegliere compiti molto difficili che richiedono massimo impegno e minime probabilità di successo: in questo caso il fallimento è attribuibile alla difficoltà insormontabile del compito e non a se stessi;  le persone con debole motivo alla riuscita, ma sempre orientato dalla paura dell’insucesso scelgono compiti molto facili che richiedono il minimo impegno e minime probabilità di insuccesso.

Continua…


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