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Tra le pagine di Orfani #9, sottotesti e occasioni mancate

Creato il 02 luglio 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

orfanicoverorfanicover 9 (Freddo come lo spazio) si presenta come un episodio di passaggio in vista del finale della prima stagione della serie ideata da ed Emiliano Mammucari.

Nella prima metà di questo episodio vengono approfonditi i rapporti tra Ringo e Raul e sono introdotti alcuni dettagli sulla tecnologia adoperata dal gruppo; più interessante, pur nella sua brevità, la parte in cui si continua ad approfondire la descrizione di un mondo sull’orlo del caos e del rinfocolare della ribellione tra i cittadini di fronte a scelte di governo repressive e liberticide. Uno scenario nel quale gli Orfani perdono pezzo dopo pezzo la patina di coraggiosi guerrieri ed eroi per apparire per quello che sono: soldati che rispondono agli ordini del governo, pedine con pochi scrupoli di un gioco più grande di loro, carnefici e assassini.

Nella parte ambientata nel presente narrativo, a dominare la scena è l’azione quasi frenetica, ben diretta e avvincente, ma al contempo quasi soffocante e penalizzante per i due colpi di scena che la inframmezzano, che perdono così di efficacia e mancano di tensione.

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Sempre di alta qualità i disegni; Gigi Cavenago si attiene maggiormente a una sorta di “linea chiara” che lascia molto spazio al colore e rende le scene nei boschi ariose e liriche, Werther Dell’Edera rende bene il dinamismo delle scene d’azione della seconda parte, anche se in alcune vignette il suo segno nervoso e pieno di tratti sarebbe stato ancora più incisivo nel bianco e nero classico. Al di là di queste notazioni, il lavoro delle coloriste Alessia Pastorello e Giovanna Niro si assesta sugli ottimi livelli a cui la serie ci ha abituati.

Il problema principale è che i personaggi sembrano muoversi e prendere decisioni più per esigenze narrative che per rispetto di una caratterizzazione chiara; così l’ennesimo ripensamento di uno di loro (Ringo, in questo caso) appare troppo rapido e netto per essere giustificabile unicamente con la sua tendenza ad agire senza riflettere.

Emerge un difetto strutturale che nasce da una delle caratteristiche più interessanti della serie, ovvero la divisione degli albi in narrazione del passato e del presente; espediente che da una parte è utile al raccontare in progressiva la formazione degli Orfani,

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dall’altro sacrifica spazio e pagine per approfondirne i caratteri e i moti che li guidano, mancanza che viene smussata attraverso scelte nette o episodi semplicistici che non soddisfano a pieno. Così, la necessaria empatia del lettore, già scardinata da personaggi tutt’altro che eroici, viene meno perché manca nei personaggi una profondità che vada oltre i ruoli impostati.

In questo si avverte anche il gap rispetto al modello “serial televisivo” a cui spesso ci si allaccia parlando di questa opera; se infatti la divisione in stagioni e la volontà di avere una lettura veloce si muovono in questo senso, i tempi produttivi e narrativi sono profondamente diversi: una stagione di una serie TV ha una cadenza spesso settimanale e conta o molti più episodi rispetto ai dodici di Orfani, oppure di episodi molto lunghi, quasi film, con spazio, quindi, per approfondire le psicologie e coltivare la condivisione emotiva con i personaggi.
Al contrario, in una produzione cinematografica, il ricorso a figure topiche, a personaggi stereotipati, risulta funzionale allo sviluppo della storia e diventa meno incisivo e deleterio rapportato a una trama che si sviluppa, e termina, in due/tre ore.
Se vogliamo invece analizzare il parallelo con i videogiochi, anche se personalmente lo vedo poco calzante dal punto di vista narrativo, va sottolineato come, chiaramente, eventuali mancanze di caratterizzazione passano in secondo piano grazie all’interattività tra il giocatore e la trama.

In un seriale, mensile, che anche se diviso in stagioni si snoda per dodici mesi e su quasi 1200 pagine, la mancanza di motivazioni che spingono i personaggi e la caratterizzazione leggera e poco approfondita rischiano invece di essere un grosso handicap. Sicuramente Orfani si muove su un confine sottile e delicato: questa è una chiara e consapevole scelta di campo, ma che può lasciare insoddisfatti molti lettori.

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Peccato perché non mancano certo dei sottotesti che emergono a una più attenta lettura.
Il quadro politico, economico e sociale post-apocalittico descritto nel passato mostra chiari richiami alla situazione del nostro presente, pur se chiaramente estremizzate. Non è un caso che le rivolte che gli Orfani sono chiamati a sedare siano collocate in quella Grecia rovinata da una classe politica inefficiente e costretta a pagare gli errori di chi l’ha governata; i moti popolari scatenati dalla crisi economica hanno una controparte diretta nel fumetto.
Il racconto orchestrato da Recchioni ha inoltre il pregio di mostrare una realtà piena di grigi e zone d’ombra, dove dal legittimo moto di indignazione e ribellione di fronte alle repressioni dei governanti si arriva alla guerriglia e alla violenza. A questo si contrappone la visione manichea in bianco e nero degli Orfani, ragazzotti cresciuto troppo in fretta alle prese con un mondo che non capiscono e con cui si rapportano delegando le proprie responsabilità ai propri superiori.
L’evoluzione più interessante dei personaggi è proprio questa, che li ha visti passare da fulgidi eroi incaricati di vendicare l’umanità come apparivano nei primi numeri a soldati che eseguono unicamente degli ordini, appena sfiorati dalla valenza morale degli stessi.

Abbiamo parlato di:
Orfani #9 – Freddo come lo spazio
Roberto Recchioni, Gigi Cavenago, Werther Dell’Edera
Sergio Bonelli Editore, giugno 2014
100 pagine, brossurato, colori – 4,50€

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