Magazine Cinema
Belgio, 2009
16 minuti
Ultima rapida segnalazione del mese prima di dare il via ai fatidici resoconti di fine anno. Da qualche tempo, mancavano aggiornamenti nella sezione tracce di questo blog, per tanto, l'esordio dietro alla cinepresa del giovane Kristof Hoornaert è valsa come un'ottima occasione per proseguire la ricerca su autori emergenti e corti misconosciuti, pienamente meritevoli di menzione. Tra l'altro, questo Kain ci arriva direttamente dalla 59a Berlinale, dov'era in competizione nella sezione short, e si è pure guadagnato parecchi riconoscimenti festivalieri. Inoltre, il regista ha collaborato con l'ucraino Myroslav Slaboshpytskiy alla realizzazione del cortometraggio Nuclear Waste (2012), insomma, uno che a quanto pare sembra aver iniziato con il passo giusto. E d'altronde, Kain lo dimostra ampiamente attraverso una messa in scena tanto asciutta quanto estremamente efficace nel dosaggio dei tempi, nell'alimentazione dell'attesa, nell'ossigeno che tale cinema richiede. È un film lineare e senza enormi pretese, che parte con la semplice osservazione di un paesaggio forestale che ci avvolge immediatamente nella sua rigogliosità. L'armonia dell'ambiente è però presto interrotta dal colpo secco di una randellata sul viso di un uomo; dopodichè, una lite mortale in mezzo alle foglie sparse sul terreno finchè, il tonfo sordo di una pietra, ripristina l'ambiente alla sua quiete ordinaria... La Natura, è divenuta così silenziosa testimone della ferocia umana; un crimine brutale del quale non ci verrà fornita nessuna spiegazione, nessun movente psicologico. Sta solamente a noi, da questo preciso istante, conformarci all'itinerario costruito da Hoornaert, seguendo il meditativo viaggio dell'omicida alla ricerca di una possibile espiazione. Fin dalle primissime inquadrature, appare lampante come il regista belga ammicchi al cinema più spirituale di Bruno Dumont (forse anche troppo, ma al sottoscritto va benissimo così), volgendo lo sguardo agli stessi territori (le bucoliche Fiandre) e ricalcandone in maniera evidente anche le orme estetiche; da Hors Satan (l'esplosione della ferinità, il delitto a colpi di pietra), passando per L'Humanitè (il desolato cammino ripreso in campo lungo) e Hadewijch (l'immersione nel lago come purificazione), fino alla (ri)elaborazione della propria colpa, l'emergere della coscienza in quella che, probabilmente, si palesa come la sequenza più ispiratrice, direttamente da L'Età Inquieta)... Qui il cortometraggio completo. Buona contemplazione audiovisiva!
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