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Tradurre i classici

Creato il 31 gennaio 2011 da Giuseppemanuelbrescia

Dopo la coinvolgente relazione d’apertura di Esther Allen, il primo gruppo di discussione al simposio di Sydney si è concentrato sul tema della traduzione dei classici. Meredith McKinney e John Minford sono entrambi talmente bravi e affermati che questa discussione è stata uno dei punti più alti dell’intero simposio. Ho tratto grande ispirazione da questi due traduttori, che hanno tradotto testi classici per Penguin Classics e riescono ancora ad affrontare il proprio lavoro con un entusiasmo incredibile.

Dal simposio di Sydney: tradurre i classici
Meredith McKinney, che ha tradotto I racconti del cuscino dal giapponese del 10° secolo all’inglese, ha affrontato il tema della ri-traduzione dei classici, ponendo questioni molto interessanti. La prima, fondamentale, è “come rendere un classico qualcosa di nuovo” (14:35)? Ma ancora, cosa ci si aspetta da un traduttore incaricato di ri-tradurre un classico? Meglio usare una varietà contemporanea della lingua d’arrivo, nel tentativo di rendere il testo più accessibile al lettore, oppure una varietà arcaica della lingua d’arrivo, spesso considerata più nobile e appropriata al testo in questione? Come fa un traduttore a compiere queste scelte, e su quali basi?

Dal simposio di Sydney: tradurre i classici
Dopodiché abbiamo ascoltato la presentazione di John Minford. Dopo aver tradotto L’arte della guerra e La storia della pietra in inglese per Penguin Classics, Minford durante un un’intervista (46:30-49:00) ha dichiarato, scherzando, che forse un giorno avrebbe tradotto lI Ching. Alla Penguin l’hanno preso sul serio, e Minford ci sta lavorando ancora oggi, e confessa di essere quattro anni in ritardo sulla data di consegna – beato lui, io sono sicuro che riceverei email allarmate se andassi quattro giorni in ritardo sulla data di consegna. Arguto, sapiente e sincero, Minford ammette che l’I Ching costituisce forse un caso unico nella letteratura mondiale, dato che nessuno sa cosa il testo effettivamente voglia dire (45:20). Senza dover guardare ad appunti di sorta, John Minford ci ha regalato un’esposizione coinvolgente e densa di informazioni. Dalle riflessioni sull’amore del traduttore (o sulla carenza dello stesso) verso il testo che ha sotto mano (41:20), all’analisi linguistica dell’I-Ching, dalla psicanalisi jungiana allo sciamanismo, senza rinunciare ad alcuni esilaranti aneddoti sugli anni dei figli dei fiori (42:45 – 43:40) e sul sacco della poesia – I Ching compreso - da parte dei gruppi rock dei tardi anni ’60 (49:10-50:05), John Minford ha catturato l’intera platea con la sua relazione. Se vi interessano la cultura e le letteratura cinese non potete perdervela, essendo centrata su quel che Minford stesso chiama “il buco nero al cuore della letteratura cinese”.

Insomma, ecco qui due traduttori che sono bravi abbastanza da avere il lusso di scegliere quali libri tradurre, e invece di optare per l’ultimo romanzo letto, affrontano I racconti del cuscino, L’arte della guerra e l’I Ching. Un po’ come decidere di ri-tradurre la Bibbia o la Divina Commedia. Per un giovane traduttore come me, il loro esempio e la loro passione sono una grandissima fonte di ispirazione. Non perdete l’opportunità di farvi ispirare a vostra volta, e ascoltate la registrazione del Panel One qui.


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