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Da Marcotrogi

Viareggio: giorni di carnevale…
… c’erano addirittura famiglie che cucivano artigianalmente i propri costumi, mantenendo la segretezza della cosa come fosse un Affare di Stato, per poi con orgoglio sfoggiarli ai corsi domenicali o meglio ancora ai rioni, considerati da tutti i viareggini come il vero e proprio Carnevale. Nei corsi rionali non sfilavano i grandi carri allegorici della domenica in passeggiata ma solo bande, cortei di mascherate e piccoli carri che ciascun rione presentava in una sorta di corso parallelo notturno. Una festa meno spettacolare ma sicuramente di non minore importanza, dove si mangiava e si ballava al suono di piccoli complessini musicali e dove si avvertiva sicuramente maggiore il sapore del Carnevale di una volta.Il corso della domenica, invece, era quello conosciuto in tutto il mondo: grandi carri allegorici di carta pesta colorata che sfilavano in un circuito che comprendeva la passeggiata e il viale a mare, in mezzo a una folla incredibile di persone e tanti, tanti coriandoli. Era dunque un avvenimento moltoimportante per Viareggio, una secolare tradizione che si tramandava di generazione in generazione.Il Carnevale però non finiva certo lì: c’erano i veglioni, feste organizzate nei locali tipici della zona, c’era la “canzonetta”, una tipica rappresentazione teatrale a carattere umoristico e in vernacolo viareggino, insomma, tutto un mese dove il viareggino vero e proprio, pensava solo “a ffa’ bbaldòria”, rimandando così i suoi problemi quotidiani a dopo il Carnevale. Questa era in sostanza la filosofia del Carnevale a Viareggio…
Una ragazza…
… Laura era la figlia più grande, aveva diciannove anni ed era una ragazza come tante e, come praticamente tutte le ragazze della sua età, sincronizzava la sua vita con il cellulare. Lo portava sempre con sé e guai a chiunque provasse mai a sbirciarci dentro. Non era una brutta ragazza ma nemmeno le si potevano attribuire particolari qualità che la potessero rendere interessante a primo acchito. Lei lo sapeva ed era forse per questo che non protestava più di tanto se capitava qualche volta di dover rinunciare a uscire per badare ai suoi fratelli, magari quando uno di loro era a letto ammalato con la febbre. Era una ragazza di media statura, i capelli lunghi, castani, leggermente mossi, fisicamente piuttosto “scarsa” in quelle cose che facevano girare la testa ai maschietti e in più non metteva molto impegno per provare almeno a valorizzare il poco in dotazione. Non era grassa ma nemmeno si poteva definire magra, solo che quel poco di ciccia in più, madre natura gliel’aveva messa addosso nei punti più sbagliati. Una cosa aveva particolarmente bella, lo sguardo. Incorniciati dentro a ciglia lunghissime, c’erano bellissimi occhi chiari, tra l’azzurro e il verde acqua, trasparenti, limpidi, capaci di ipnotizzare anche da dietro a quegli occhiali da “secchiona”, se solo lei lo avesse voluto. Peccato però che lei non lo avesse mai voluto, mai, infatti, era riuscita a guardare negli occhi un ragazzo più di due secondi…
 Una chat line…
… L’unico modo in cui riusciva a essere un po’ più spavalda e sicura di sé, era dietro ad un computer o al suo telefonino: dopo alcune esperienze poco elettrizzanti su Facebook, aveva scoperto un canale televisivo dove passavano in sovrimpressione messaggi con numeri di telefono di ragazzi e di ragazze in cerca di nuovi amici e lei, qualche volta all’insaputa di suo padre, aveva segretamente abdicato alla tentazione. Ogni volta però l’avventura si rivelava più una delusione che un appagamento ma, se non altro, la cosafaceva da carburante alle sue notturne fantasie…
 Uno sconosciuto…
… Si sdraiò sul letto, rassegnata a passare sui libri almeno un’ora prima di potersi finalmente lasciare andare tra le braccia di Morfeo. Non erano passati più di dieci minuti che le palpebre di Laura si fecero pesanti, la stanchezza stava per sopraffarla, quando la musichetta del telefonino la riportò di colpo in sé:– Pronto! – Rispose Laura, assonnata.– Laura?– …Ssi, chi parla?– Ciao! Mi chiamo Andrea, mi ha dato il tuo numero un amico che ha detto di averti conosciuto su “Messagges Box”, spero di non disturbarti.– E... chi sarebbe questo tuo amico, scusa? – Domandò Laura col cuore in gola, cercando velocemente di riprendersi e di ricordare ogni nome e ogni conversazione fatta in chat.– Stefano, te lo ricordi? Mi ha parlato molto di te e così… volevo conoscerti.Laura non ricordava praticamente niente e nessuno che potesse legare in qualche modo a questo nome e la cosa la preoccupava e imbarazzava molto.– Beh, allora cosa vuoi? – Rispose Laura, cercando in qualche modo di riprendersi e di darsi un tono.– Niente te l’ho detto, volevo conoscerti, solo conoscerti. Se ti ho disturbato, riattacco, se ti ho infastidito, non ti chiamerò più.– Sì, cioè no... non mi hai disturbato, cioè… adesso stavo studiando, domani ho un compito importante.– Ah, capisco. – Disse lo sconosciuto, mostrandosi comprensivo. – D’accordo, allora non voglio rubarti del tempo prezioso visto che domani avrai un compito così importante. Posso solo chiederti che compito hai? Di quale materia?– Greco, ho una verifica di greco, martedì. – Rispose Laura.– Ah! Greco... ma non avevi detto domani? Domani è lunedì. – La corresse lo sconosciuto.– Sì, no, lunedì, mi sembra… non ricordo. Ok, adesso devo andare, ciao, scusami ciao.Aspetta! Aspetta!... Posso richiamarti mercoledì per sapere come è andata?– Ssì… sì d’accordo, va bene, però a quest’ora, a quest’ora mi raccomando, non prima. Ora devo andare, ciao. – Concluse, chiudendo frettolosamente la conversazione Laura…
Una famiglia…
… I Maffei vivevano a Torre del Lago e da anni gestivano una piccola trattoria a Viareggio, in Darsena. Era un’attività che li impegnava molto e soprattutto faceva condurre loro una vita troppo diversa dalle persone comuni: non c’erano feste, non esistevano domeniche, in pratica loro lavoravano quando gli altri facevano festa e viceversa. Era oltremodo difficile così coltivare anche delle amicizie e naturalmente questo tipo di vita, con le sue difficoltà, si rifletteva chiaramente anche sui figli, poiché alla necessità di lavorare, era legato l’obbligo di seguirli e non lasciarli mai da soli, soprattutto Chiara e Massimo che erano i più piccoli…
 Una madre troppo comprensiva e un padre forse troppo all’antica…
… Ci provò anche Rosa a parlare con Laura; se apertamente lei accusava Mario di avere poco polso con i ragazzi e di essere troppo permissivo, con Laura alla fine era sempre lei, sua madre, quella pronta a chiudere un occhio, quella disposta a capire, nascondere e perdonare a lei più che a tutti gli altri figli. Come adesso quel segreto, quella verità celata per paura che nessun altro fosse in grado di possedere quella sua infinita comprensione, quella che solo una mamma può avere. Rosa era, infatti, già da qualche tempo alcorrente di questa relazione e dei modi in cui si svolgeva, ma non osava dire niente a Mario, sapeva che lui non lo avrebbe mai accettato, mentre il suo amore di mamma le aveva invece fatto trovare un senso e una giustificazione perfino a quell’assurda storia, pur di vedere anche sua figlia felice come tutte le altre sue coetanee…
Un'unica paura; la paura più grande di ogni genitore
… ora si trovava costretto a chiedere qualche spiegazione a Laura ma la reazione della ragazza fu davvero inaspettata. Mario non avrebbe mai pensato di sentire certe parole uscire dalla bocca di sua figlia, stentava a credere che fosse lei, la sua bambina. Colei che aveva amorevolmente per anni cresciuto come una principessa, adesso sembrava come posseduta dal Demonio. Fu una lite violenta, Laura si ostinava a negare tutto, riuscendo solo a rinfacciare e a insultare suo padre e sua madre come mai nessuno aveva fatto, come nessuno si era mai permesso…
– Senti un po’ signorina, ora stai veramente esagerando! Non ti permétte mai più di rivòlgiti ’osì a tu mà!– Ah, voi di’ che me lo posso permétte solo con te? – Rispose Laura con tono di sfida.– Laura ’un mi provocà. – Disse Mario stringendo i pugni.– Sennò? – Ribatté Laura, questa volta sfottendo.Partì dalle mani di Mario un “manrovescio” che nemmeno lui forse se ne rese subito conto.Asciugandosi una lacrima Laura sussurrò:– Sei un padre di merda! Ha ragione Andrea, un buon padre non lascia da soli ì ffiglioli riordàndosene solo quando gli ’onviene.Salì in camera, mise alcune cose nello zainetto. – Dove vai? – Le gridò dietro Rosa.– Dove ’un mi possiate più trovà. – E uscì sbattendo la porta.Mario restò di pietra, non aveva mai alzato le mani sui figli, tremava, le sue certezze stavano crollando, aveva perso il controllo di sé stesso e, cosa ancor più grave, quello di sua figlia.
– Ciao Luca! Sono Mario, scusa per l’orario, ti disturbo?– Mario! No che non disturbi, te ’un disturbi mai capellone, come stai?– Bene… cioè no, ti chiamo perché ho un problema…– Ch’è successo Mario? – Lo interruppe preoccupato Luca.– Laura... Laura è scappata di ’asa. – Rivelò Mario quasi vergognandosi.– Quando è andata via?– Ieri mattina.– Ascolta Mario, stai tranquillo, adesso son di servizio, appena smontopasso da te. Dove ti trovo? Alla trattoria?– No, sono a casa.– Va bene, ci vediamo più tardi, mi raccomando stai tranquillo, vedrai èsolo una bravata. Una notte fori di ’asa può solo rinfrescàlle le idee, dai!...
Una serie di efferati omicidi…
– Il proiettile è un calibro 9 x 21, è stato esploso da distanza ravvicinata, un colpo singolo, preciso alla nuca, mentre la vittima era intenta a urinare. Il proiettile ha trapassato il cranio conficcandosi nella parete. Considerando la traiettoria leggermente in discesa, deve essere stato esploso da una personaprobabilmente più alta della vittima. Al momento non posso essere più preciso. Concluse il funzionario della Scientifica…
legati da un unico filo conduttore, anzi, da fili di perline colorate…
Madonna di ‘Dìo! – Esclamò il Vannucci. – Sta facendo una strage…– Aspetti Ispettò, nun ho finito; hanno trovato un’altra collanina.– Un’altra collanina di perline? – Chiese il Vannucci.– Sì Ispettò, come quell’altra…
Un caso complicato per l’Ispettore Vannucci e il suo assistente Rizzo, un’indagine inquietante che farà precipitare la città in una morsa di paura...
…la stampa avanzò l’ipotesi che l’episodio del rapimento fosse legato ai due  recenti omicidi. La supposizione scosse notevolmente i pacifici e goliardici spiriti dei viareggini, abituati a far parlar di loro per ben altri argomenti. Effettivamente, dopo il caso Lavorini, la vicenda fu per la città un inaspettato e sgradevole ritornoalla ribalta della cronaca nera, soprattutto per i Maffei stessi che si trovarono, loro malgrado, al centro dell’attenzione e della curiosità di tutta Viareggio…
– Capisci Rizzo? Lui se ne va in giro tranquillo mentre noi diventàmomatti a ccercàllo.– Praticamente, cé stà a prénne pe’ er culo. – Continuò Rizzo.– Sì! – Esclamò il Vannucci. – Ci sta proprio pigliàndo per il culo… a voglia di gioà quel figlio di puttana. Accidenti a llu’ e alla maiala della su’ mamma. Chiama… coso, come si chiama, quello degli identikit!– Esposito Ispettò.– Ecco lu’, fallo venì qui, dirameremo un identikit. Se l’amico del sole vol gioà beh, noi l’accontentàmo, Giusto Rizzo?– Giusto Ispettò…
Il Mostro?
… L’estate era ormai in piena corsa, con Viareggio e l’intera Versilia stessa ormai alla ribalta di tutta la cronaca locale e nazionale. I commenti rincorrevano le cazzate e viceversa, addirittura ci fu qualche sapiente criminologo che intravide nella vicenda pericolose analogie col “Mostro di Firenze”. Effettivamente,con il casino che il fatto stava procurando, la notizia aveva acquisito un notevole spessore e fu così che i media non tardarono molto a battezzare il misterioso protagonista del caso come il “Mostro di Viareggio”.
– Gonfia! I’ ccasini che già c’avevamo un ci bastàvino, ci voleva ancò il Mostro di Viareggio ora! – Esclamò il Vannucci, chiudendo seccato il giornale…
 O La Setta di Viareggio?
Ci fu un tafferuglio generale, la notizia rimbalzò su tutti i giornali, il “Mostro di Viareggio” era diventato la “Setta di Viareggio” e i loro adepti erano stati tutti catturati.La Questura di Napoli e soprattutto il Commissariato di Viareggio furono letteralmente assediati dalla stampa e dai curiosi. A Viareggio fu la Trattoria dei Maffei a essere presa d’assalto, arrivaronotroupe della RAI, di RETE 4 e di SKY, tutti con le stesse domande:– Ci dica qualcosa!...
Vendetta personale o estorsione mafiosa?
– Quindi voi dì che potrebbe esse’ tutto a scopo di estorsione? Il bersaglio non sarebbe Laura, ma te? – Domandò Luca dopo avere ascoltato attentamente il racconto di Mario. Non polemizzò sul fatto che gliene avesse parlato solo adesso, non ne aveva voglia, aveva già discusso abbastanzacon il suo amico e non gli pareva il caso.– Non lo so. – Rispose Mario, dal canto suo, sorpreso e incoraggiato che Luca non lo avesse rimproverato. – Ma te immagina di portà un padre al punto di di’: quanto volete per lascià ’n pace la mi’ figliola? Una sorta di estorsione volontaria. Ma allo stesso tempo, tutto vesto tràffio per cosa? Per chiéde de’ssoldi a un commerciante che riesce a malapena ’arrivà a fine mese? Te lo sai Luca sei di ’asa, e di vesti tempi… è maiala!– Ma il tu’ locale quanto potrebbe valé? – Lo interruppe Luca, mostrandosi per la prima volta sulla stessa lunghezza d’onda di Mario.– Boh!... Almeno trecentomila.– Avrebbero cercato di plagià Laura, non riuscendoci sarebbero passati alle maniere forti, all’omicidio? – Pose la questione Luca. – La ’osa sta in piedi ma mi ’onvince meno il fatto che possano esse’ arrivati a usà il mezzo dell’omicidio intimidatorio. Questa malavita di provincia non è capace e pò non ha interesse a utilizzà certi sistemi, in una piccola città come Viareggio farebbero troppo rumore e ’un gli ’onverebbe. Comunque non è una ’osa da sottovalutà, farò de’ ccontrolli e te Mario tienimi al corénte, qualsiasi altra cosa succeda o ti venga in mente, magari questa volta un po’ prima, eh! - Concluse Luca, con un leggero ed affettuoso tono polemico.– Aspetta! – Lo fermò Mario. – Che sta succedendo Luca?– Te stai tranquillo, magari ’un lascià più ’ bbimbi a casa da soli, portali piuttosto alla trattoria, lo so è un sacrificio per tutti ma forse è meglio. Cerca però d’un allarmàlli, io intanto ti metto qualcuno dietro, ok? – Concluse Luca abbracciando Mario e sentendo quell’orso per la prima volta tremare.– Grazie Luca.– E di che? – Rispose Luca. – A che servino sennò gli amici.
Chi è che vuole Laura a tutti costi? E perché?
… Dalla pizzeria di Antonio stava arrivando un profumino che gli fece ricordare che la vita bisognava sì, cercare di capirla, ma per dirla con una frase tipica di Rizzo: “nun sé scherza co’ sentimenti der magnà!”. Comprò uno spicchio di pizza e si sedette lungo il canale Burlamacca, sotto i pinacchiòtti a mangiarla. Da lì si vedeva la Darsena tutta illuminata e anche la Trattoria di Mario.“Ma ammettiamo che c’ho ragione, se dietro a tutto ci fosse ancora qualcun altro, Laura potrebbe esse’ ancora in pericolo.” Pensò col boccone in bocca Luca. Non poteva lasciar correre, era impensabile mollare tutto e andare, come voleva il Giusti, in ferie. Il Procuratore non era scemo come il Giusti e sicuramente avrebbe riavviato le indagini, ma poteva essere troppo tardi e il suo amico Mario e la sua famiglia rischiavano davvero troppo. “E va beh! Vorrà di’ che mi toccherà fa’ come ne’ ffilm ameriàni: lo sbiro che indaga pe’ conto proprio, da solo contro tutti come Al Pacino, delafìa!” E ritrovando per un attimo il sorriso, continuò fra se: “Al Pacino, insomma, facciamo Al – berto Sordi giù, ‘un c’allargàmo”…
Azione…
… Nel primo pomeriggio una “Gazzella” dei Carabinieri incrociò sulla Sarzanese, all’altezza del Ponte di Sasso, a Camaiore, un’auto sospetta, una Renault Clio nera con a bordo due persone, uno dei quali sembrava essere un bambino, che si stava dirigendo in direzione di Pietrasanta. Dopo un rapido testa coda i militi dell’Arma raggiunsero l’auto sospetta intimandogli l’ALT, a tutta risposta l’auto invece accelerò, ci fu un lungo inseguimento a sirene spiegate. Conversero sul posto e parteciparono all’inseguimento anche due “Volanti” del Commissariato di Massa e l’auto con sopra il Vannucci e Rizzo. Sembrava di essere in un film: auto che sfrecciavano a sirene spiegate, un evento talmente eccezionale che, in una realtà piuttosto provinciale quale quella di Viareggio, suscitò un notevole spavento e una certa preoccupazione a chi si trovò involontariamente a fare da spettatore a questo “Tour della Versilia” a centottanta all’ora. Dopo un lungo e pericoloso inseguimento,l’auto dei fuggitivi fu bloccata a Massa, all’imbocco dell’Autostrada. Glioccupanti dell’auto si arresero senza opporre resistenza…
Mistero...
– Nu’ toccate niente! – Disse il responsabile della Scientifica, rivolto agli agenti che avevano aperto la cassa. All’interno del vecchio baule, nascosto in una nicchia ricavata nel muro e coperta da una vecchia credenza, furono rinvenuti vari oggetti di carattere sadomaso; fruste, croci spezzate e rovesciate, candele nere e altro materiale tipico utilizzato per evidenti riti satanici. Sempre all’interno del baule c’erano, inoltre, chiusi in una cartellina di plastica rossa, diverse foto di Laura e ritagli di articoli di giornale tutti riguardantiil caso di Viareggio…
Sorrisi…
– Anvédi quella, guardi che coscìne Ispettò! – Esclamò con quella sua tipica calata romanesca il Sovrintendente Rizzo– Io son qui tutto da strizzà e te pensi alla topa, oh Rizzo delafia, sii serio, siamo in servizio e sei anco ’n divisa, dai. Piuttosto Rizzo... lo sai che sei bellino in divisa, sembri un “Pokemon”. – Commentò in modo più nostrano l’Ispettore Vannucci.– Che fa Ispettò? Sta a prénne pe’er culo?– Ci mancherebbe altro, Sovrintendente Rizzo, constato, constato soltanto…– Ironizzò l’Ispettore.– Ispettò?– Oh, che c’è?– Ce ’a famo ‘na pizza quannò se smonta?– Rizzo, ma te nella testa c’hai solo topa e pastasciutta?– Veramente mò parlavo de pizza, Ispettò.– Mah… ammettiamo che sei di servizio in Afganistan e ti chiàppino prigioniero ì ’ttalebani, a te, pe’ fàtti parlà, cos’è? Basta ’e ti fàccino saltà ’n pasto?– Mò adesso nùn esageràmo.– E po’, già ti sopporto tutto il giorno, ti devo sopportà ancò a cena?... Neanche tu fossi una bella fia dai… comunque, vada per la pizza. – Concluse l’Ispettore.
Un susseguirsi di eventi e colpi di scena narrati nel modo più nostrano e schietto…
– Ledàa!... Oh Léda!– Che c’è Beppe!– Ma l’hai sentito ’l telegiornale?– Quando? Ieri sera?– Sìi, m’hai sentito un po’ poìno ’e lavori?– Delapòvera sì, ma la gente ’un è mia normale Beppe.– Ma sò ’na sega io oh Leda, e si vede che col bùo dell’orzono e tuttivesti cambiamenti crimàtici, e nì ci sarà cresciuto ’ppioppìni nella testa dellagente, oh cché ti devo di’!..
Fino ad un epilogo assurdo, sconcertante… e forse inevitabile…
– No, non può essere! Tu!... 
“PERSONE CHE NON C’ERANO”Un romanzo di Marco TrogiEditrice ZONA Collana ZONA Contemporanea
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