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Tramonto sull'Irrawaddy

Creato il 28 gennaio 2015 da Enricobo2
 

Tramonto sull'Irrawaddy

Tramonto sull'Irrawaddy


Tramonto sull'Irrawaddy

Monache in città

Camminare a Mandalay è fatica. Non solo la cura costante di tenersi al riparo da motorini e traffico confuso e sbarazzino che si infila in ogni spazio percorribile, marciapiedi compresi, ma il tutto è un po' uno slalom tra i materiali accumulati sugli spazi normalmente dedicati ai pedoni, occupati da seggiolini e tavolinetti di bar improvvisati, merci scaricate di fronte a qualche magazzino ed infine area di parcheggio usale per ogni tipo di veicolo. Quando riesci a trovare un tuo personale itinerario, poi, devi fare i conti con le sconnessioni del terreno, lastre sollevate e buchi in cui precipitare per intero, tenendo conto che proprio sotto quei marciapiedi c'è quella ipotesi fognaria che le tue narici avvertono di continuo. Però una passeggiata dal centro verso il fiume rimane uno dei modi migliori per socializzare con la città. Facendo attenzione, un occhio a terra per non inciampare, l'altro alla strada per non farsi investire e il terzo occhio del buddhista che è in te, che spazia attorno per afferrare il senso di questa vita, ti puoi incamminare, a partire dal quadrato centrale che circonda il palazzo reale e avviarti verso il grande fiume, attraverso una serie di quartieri popolosi e ricchi di vita. Dietro ogni angolo c'è qualche sorpresa, mercatini affollati e viuzze tranquille dove passeggiano le monache, negozi di artigiani e ceramisti e piccole moschee o templi indù. Andando verso il fiume, dopo la torre dell'orologio, residuo coloniale comune a tutte le città birmane grosse e piccole, si traversa un quartiere occupato da molti spazi religiosi, pagode, templi e monasteri. Qui la città si calma, il respiro rallenta e tutto sembra avere un ritmo differente. L'Eindawya Paya è forse il tempio più importante della zona anche per ragioni storiche, luogo di rivolte dell'inizio del secolo scorso da parte dei monaci infuriati perché gli inglesi vi entravano senza togliersi le scarpe. 

Tramonto sull'Irrawaddy

Tra i rifiuti

Non ci crederete, ma i monaci da queste parti sono comunque piuttosto combattivi, per cui entrate a piedi nudi comunque per favore, vedrete gruppi di monachelle che producono ventagli e parasoli per gli altri monaci e poco più. Quando, proseguendo attraverso i vicoli, arrivate al canale collettore delle fogne della città, ve ne accorgerete senz'altro, siete ormai a pochi passi dal fiume, l'immenso Irrawaddy, di cui a stento riesci a vedere l'altra riva semideserta. C'è un destino comune nei grandi fiumi dell'Asia, quello di essere vie maestre fondamentali della storia dei paesi che attraversano e non potrebbe essere diversamente, visto che sono sempre stati le strade più facili per trasportare, uomini, merci ed idee attraverso spazi occupati da jungle, montagne o terre selvatiche e diversamente impenetrabili. Attorno alle loro rive sono nati e poi via via conquistati, distrutti e morti e infine rinati, imperi e regni . Qui sono nate leggende e si è costruita la storia di intere nazioni. La superficie di acqua è percorsa in lungo ed in largo da ogni genere di imbarcazione e lungo le rive principali e ancor di più, lungo quelle dei mille bracci secondari, vive un mondo che del fiume fa la sua vita, se ne nutre e da lì trae ogni genere di sostentamento. File interminabili di baracche si affollano tra le piante fin giù lungo le scarpate di terra che il fiume nelle sue piene stagionali ha scavato con lentezza inesorabile a volte, con violenza feroce in altre, ma attraverso le quali, non è mai riuscito comunque a deviare la pervicacia invasiva di un popolo che forse non avendo altre scelte di vita, ha sempre ricostruito con la pazienza delle formichine a cui viene distrutto il formicaio. 

Tramonto sull'Irrawaddy

Zattere sul fiume

E' il luogo in cui la città mostra il suo viso più misero e disperato, con le passerelle sbilenche che conducono a baracche malandate nascoste tra i cumuli di immondizie o tra masserizie e merci povere da lavorare, da trasformare e poi da caricare e trasportare altrove verso altre miserie, altre povertà di lavoro tribolato. Intorno ad ogni pontile, cataste di legname o sacchi di cereali ammassati, sottoprodotti di ogni specie, circondati da torme di genti che separano, scelgono, scartano, impilano, caricano su barconi e chiatte che infine,  lentamente si lasciano andare sulla corrente. Qui ci arrivi alla sera, giusto quando il sole cala dietro le alture basse della riva occidentale, sei appena in tempo per vederlo colorare tutto di rosso vivo, le acque scure, la terra delle rive, la polvere che si alza tra i bambini che si rincorrono vicino ai pontili., quasi un bagno di sangue purificatore, che tutto lava fino all'alba del giorno dopo. Un paesaggio vasto e quasi senza rumore perché la confusione rimane comunque lontana, attutita dalla distanza, quasi spenta dalla notte che arriva in un attimo, appena l'ultima curva gialla scompare dietro la linea ondulata della collina. E' già buio e ripercorrere le strade verso il centro è ancora più penoso. Solo quando arrivi di fronte al canale che circonda il quadrato del palazzo reale e rimani a guardare quasi attonito le mura appena illuminate che si specchiano nell'acqua ferma, cerchi di indovinarne l'angolo opposto, senza riuscirci tanto è lontano, come se si perdesse nelle pieghe del tempo e dalle torri che si levano sugli angoli ancora ci fosse una guarnigione di soldati a guardia dell'ennesima fortezza Bastiani, già vinti dall'inerzia e dall'inutilità dell'ennesimo muro.

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La sponda occidentale dell'Irrawaddy a Mandalay


SURVIVAL KIT
View Point - Punto panoramico sul fiume dove andare per il tramonto, al termine di Pinya Street. Il bar citato sulla Lonely non esiste più e il luogo rimane piuttosto squallido. A questo punto meglio salire sulla terrazza del vicino nuovo albergo sul fiume, da dove si vede anche meglio. Qui è anche difficile trovare poi qualche taxi per tornare in centro, dopo il tramonto.

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Eindawya Paya

Eindawya Paya - Nella zona dei monasteri prima di arrivare al fiume, traversando poi il monastero Khin Makantaik. Tempio molto quieto e poco frequentato dai turisti, con monache al lavoro. Ingresso libero. Grande stupa dorato al centro e negozietti di cose religiose intorno.
Restaurant BBB 292, 76th Street- Ristorante dalla pretesa occidentale, con piatti più curati e prezzo adeguato (6/8000K). Appena dietro il palazzo reale (angolo sud-ovest). Pesce, filetti e pollo alla griglia, se non ne potete più della cucina sinobirmana. Consigliabile assaggiare il vino rosso prodotto in Birmania, offerto anche a bicchiere (2.500K), tanto per provare, accettabile. Personale attento e gentile

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