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Trasmissione televisiva delle gare di calcio: nuova importante sentenza della Corte di Giustizia Europea

Creato il 04 agosto 2013 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

Con mie note dell’11 ottobre 2011 (cfr. www.federsupporter.it) contenute nelle Appendici, pagg. 198-205, del libro “L’impresa sportiva come impresa di servizi: il supporter consumatore”, Tempesta Editore, di cui sono coautore insieme con l’amico, Alfredo Parisi, in sede di commento della sentenza 4 ottobre 2011 della Corte di Giustizia Europea sulla materia in oggetto, avevo evidenziato quelli che erano i principi stabiliti dalla predetta sentenza.

 

Più precisamente :

  1. Legittimità e liceità della commercializzazione e dell’uso nei Paesi membri della UE di dispositivi di decodificazione di trasmissioni televisive fabbricati e/o commercializzati con l’autorizzazione di un ente televisivo di uno dei suddetti Paesi;
  2. Violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza di clausole di contratti di licenza per la trasmissione di partite di calcio che vietino ad enti radio-televisivi di fornire impianti di decodificazione che consentano l’accesso a tali trasmissioni anche al di fuori della zona geografica oggetto dei contratti stessi;
  3. Inapplicabilità della tutela del diritto d’autore e di alcuna altra protezione della proprietà intellettuale agli incontri di calcio, in quanto non possono essere considerati quali creazioni intellettuali, qualificabili come opere ai sensi delle norme comunitarie sul diritto d’autore, poiché tali incontri sono disciplinati dalle regole del giuoco che non lasciano margine per la libertà creativa.

 

Con riferimento a quest’ultimo principio e in relazione alla Direttiva Comunitaria sulla radio-diffusione richiamata dalla Corte, evidenziavo come quest’ultima avesse sancito che gli atti di riproduzione effettuati nella memoria di un decoder satellitare o su uno schermo televisivo era da ritenersi del tutto lecita e che le uniche cose sulle quali le Leghe calcistiche avrebbero potuto far valere diritti d’autore erano le sequenze video di apertura delle trasmissioni, l’inno della Lega, filmati preregistrati con i momenti più significativi degli incontri organizzati dalla stessa Lega, soluzioni grafiche specifiche.

 

Al riguardo, sottolineavo che, vivendo le società di calcio, soprattutto in Italia, grazie ai proventi dai diritti televisivi e risultando, in base alla sentenza in commento, ben più limitata, se non, addirittura, esclusa la possibilità di rivendicare e conseguire condizioni di esclusiva assoluta circa la trasmissione di partite di calcio, non tutelate, come visto, dal diritto d’autore e da alcuna altra protezione della proprietà intellettuale, se non per i limitati aspetti suindicati, non si sarebbe più potuto fare affidamento per il futuro sui predetti proventi, almeno non nella misura attuale.

Ricordo, altresì, che il Consiglio di Stato, con sentenza del 12 aprile 2011, pure commentata con mie note del 6 giugno 2011 ( cfr. www.federsupporter.it), aveva sancito che le modalità di formazione dei pacchetti audiovisivi assunte dalle Leghe Calcio di Serie A e B, relativamente alle stagioni sportive 2010/2011 e 2011/2012, erano inidonee a garantire lo svolgimento di una procedura effettivamente competitiva, determinando un minor grado di concorrenza, pregiudizievole per i consumatori, conducendo a prezzi di fruizione dei contenuti audiovisivi più elevati e ad una inferiore varietà e qualità dell’offerta.

Rilevavo, dunque, che, anche l’esigenza di maggiore concorrenzialità nell’aggiudicazione dei pacchetti audiovisivi concernenti partite di calcio, avrebbe portato ad un decremento dei prezzi di fruizione di tali pacchetti e, corrispondentemente, a minori introiti per le società calcistiche, derivanti dalla vendita dei pacchetti stessi.

 

Tutto ciò premesso e considerato, il 18 luglio scorso è stata resa nota la sentenza della Corte di Giustizia Europea, Sezione III, Causa C.201/11P, nella controversia tra FIFA ed UEFA contro la Commissione Europea, il Regno del Belgio e il Regno di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.

La controversia riguardava l’impugnazione da parte della FIFA e dell’UEFA della sentenza del Tribunale UE del 17 febbraio 2011, con la quale il Tribunale aveva respinto la domanda di annullamento parziale della decisione 2007/730/CE della Commissione, in data 16 ottobre 2007,sulla compatibilità con il diritto comunitario delle misure adottate dai Paesi sunnominati in materia di esercizio delle attività televisive.

La sentenza, molto articolata e complessa (23 pagine), della Corte di Giustizia Europea del 18 luglio scorso, nel confermare nel merito la decisione del Tribunale, sia pure per diverse ragioni di diritto, ha, come la precedente sentenza dell’ottobre 2011, sancito alcuni importanti principi.

 

La Corte, premesso che l’art. 3 bis della Direttiva 89/552/CEE, norma poi abrogata e trasfusa nell’art. 14 della Direttiva 2010/13/CE,SMAV, consente a ciascun Stato membro di “ prendere le misure compatibili con il diritto comunitario volte ad assicurare che le emittenti televisive soggette alla sua giurisdizione non trasmettano in esclusiva eventi che esso considera di particolare rilevanza per la società, in modo da privare una parte importante del pubblico dello Stato membro delle possibilità di seguire i suddetti eventi in diretta o in differita su canali liberamente accessibili”, ha stabilito che sono legittime le decisioni del Regno Unito e del Belgio di includere integralmente le fasi finali della Coppa del Mondo e del Campionato Europeo di calcio nelle liste degli eventi di rilevanza nazionale e, quindi, di seguirle su canali televisivi liberamente accessibili.

 

Nel corso del giudizio l’Avvocato Generale (figura analoga al nostro Pubblico Ministero), proponendo di respingere l’appello, aveva rilevato che “Secondo la giurisprudenza della Corte, quand’anche i diritti di proprietà intellettuale siano riconosciuti (come abbiamo visto in precedenza la Corte ha negato che le partite di calcio siano tutelabili in base al diritto d’autore o di alcuna altra protezione di proprietà intellettuale- ndr) i loro titolari non beneficiano di una garanzia che consenta loro di chiedere il più alto compenso possibile. Inoltre, dato che il diritto di cui l’UEFA e la FIFA rivendicano l’esistenza non è definito né dal diritto nazionale né dal diritto dell’Unione, il suo ambito di applicazione dipende, quanto alla sua stessa esistenza, dalle disposizioni che ne definiscono i limiti, come l’articolo 3 bis della Direttiva 89/552 modificata”.

 

La Corte, pertanto, respingendo  l’impugnazione, ha confermato nel merito la sentenza di primo grado del Tribunale che aveva stabilito essere del tutto legittimo considerare, come avevano fatto il Regno Unito e il Belgio, le fasi finali dei Mondiali e degli Europei di calcio quale un evento unico e non quale una serie di singoli eventi suddivisi in partite, semifinali e finali, così dette di “gala”, in partite di qualificazione, cosi dette “non di gala“ e in partite in cui sia coinvolta la rispettiva squadra nazionale.

Sul punto, la Corte si è differenziata dal Tribunale riconoscendo che lo Stato membro ha, comunque, l’obbligo, che il Tribunale invece aveva ritenuto insussistente, di comunicare alla Commissione i motivi per cui il suddetto Stato ritiene che, nello specifico contesto nazionale, le fasi finali dei predetti Campionati costituiscano un evento unico, senza distinzioni tra singole partite ( finali, semifinali, qualificazioni, partite della propria squadra nazionale) caratterizzato dalla stessa rilevanza per la società di quello Stato.

 

Nella sentenza impugnata, infatti, il Tribunale aveva sottolineato, trovando in ciò, poi, il consenso della Corte, che “La fase finale dell’EURO ( Campionato europeo di calcio) è una competizione che può essere ragionevolmente considerata come un unico evento piuttosto che come una serie di singoli eventi suddivisi in partite di gala, in partite non di gala e in partite in cui sia coinvolta la rispettiva squadra nazionale. A questo proposito è noto che, nell’ambito della fase finale dell’EURO, i risultati delle partite anche non di gala, determinano la sorte delle squadre, cosicchè può dipenderne la loro partecipazione a partite di gala o a partite in cui partecipi la rispettiva squadra nazionale. In tal modo, le partite non di gala definiscono gli avversari della rispettiva squadra nazionale nelle fasi successive della competizione. Inoltre, i risultati delle partite non  di gala possono addirittura determinare la presenza o l’assenza di tale squadra nazionale nella fase successiva della competizione.”.

A questo proposito, il Regno Unito, comunicando le misure adottate (trasmissione su canali televisivi liberamente accessibili di tutte le partite delle fasi finali del Campionato Europeo di calcio) alla Commissione il 5 giugno 2000, le aveva motivate con il fatto che l’insieme delle partite della fase finale del Campionato Europeo presentava una spiccata rilevanza generale a livello nazionale ed uno specifico interesse anche per persone diverse da quelle che abitualmente seguono il calcio.

 

E’, altresì, importante riportare alcune statuizioni della Corte nell’ambito delle Osservazioni preliminari all’esame ed alla decisione dell’impugnazione.

 

La Corte ha statuito, innanzitutto, che gli ostacoli alla libera prestazione di servizi alla libertà di stabilimento, alla libera concorrenza ed al diritto di proprietà che possono derivare dall’applicazione dell’art. 3bis della Direttiva 89/552 sono giustificati “ dalla finalità di proteggere il diritto all’informazione e di assicurare un ampio accesso del pubblico alla copertura televisiva di tali eventi”.

La Corte ha stabilito, poi, che la determinazione degli eventi di particolare rilevanza spetta unicamente agli Stati membri, i quali, sotto questo profilo, godono di “ un cospicuo margine discrezionale” e che gli unici criteri affinchè uno Stato membro possa designare un evento come di particolare rilevanza sono quelli per cui deve trattarsi di “ un evento straordinario che presenta interesse per il pubblico in generale nell’Unione o in un determinato Stato membro o in una componente significativa di uno Stato membro, ed è organizzato in anticipo da una organizzazione legittimata a vendere i diritti relativi a tale evento “.

 

Una volta così definiti i suddetti criteri, richiamo, in specie, l’attenzione sul fatto che l’evento può essere qualificato come straordinario quando presenti un interesse per il pubblico in generale, non solo nell’Unione o in uno Stato membro, ma anche, “in una componente significativa di uno Stato membro”.

Pertanto, sarebbe legittima la decisione di uno Stato membro che qualificasse come evento straordinario una singola partita o singole partite dei propri Campionati nazionali, qualora essa o esse presentasse ( presentassero) un rilevante interesse per il pubblico in generale di una Regione o di Città di quello Stato ( si pensi, per esempio, in Italia ai derby di Città come Roma, Milano, Genova, Torino) .

Infine, la Corte ha statuito che la Commissione Europea, nell’esercizio del suo potere di controllo dei motivi addotti da uno Stato membro per qualificare un evento come straordinario e, perciò, liberamente accessibile su canali televisivi, “deve limitarsi alla ricerca di manifesti errori di valutazione, in cui sono incorsi gli Stati membri nell’atto di designazione degli eventi di particolare rilevanza. Al fine di verificare se sia stato commesso un siffatto errore di valutazione, la Commissione deve, quindi, segnatamente, appurare che lo Stato membro coinvolto abbia esaminato, in modo accorto e imparziale, tutti gli elementi rilevanti del caso di specie sui quali si fondano le conclusioni che ne vengono tratte “.

 

Per concludere, non v’è dubbio che questa nuova sentenza della Corte, che si aggiunge a quella dell’ottobre 2011, rafforsi una giurisprudenza a livello europeo sempre di più incline a dare prevalenza al diritto all’informazione ed all’ampio accesso del pubblico alla copertura televisiva di eventi di particolare rilevanza su diritti ed interessi, pur legittimi, di natura economica e commerciale.

 

Anche per questo motivo le società sportive e le Istituzioni che rappresentano e governano lo sport dovrebbero prendere maggiore coscienza della necessità di svincolare la  loro esistenza dagli introiti derivanti dai diritti televisivi, anche perché è plausibile che le pay tv, alla luce della suddetta giurisprudenza e delle sue ulteriori, possibili evoluzioni, tendano, a loro volta, ad abbassare i prezzi di acquisto di tali diritti.

 

E, invero, suonano abbastanza in controtendenza con gli indirizzi della giurisprudenza europea alcune affermazioni di esponenti apicali di SKY Italia, pronunciate al compimento dei dieci anni di vita dell’emittente, secondo cui il diritto di esclusiva nella trasmissione televisiva di eventi sportivi andrebbe rafforzata.

 

Non solo, ma, proprio nell’interesse precipuo della tutela del diritto all’informazione e del più ampio accesso del pubblico alla copertura televisiva di eventi di particolare rilevanza, la nostra Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ( AGCOM) dovrebbe prendere in attenta e seria considerazione un adeguamento dell’attuale lista degli eventi di particolare rilevanza nazionale, liberamente trasmissibili, alle misure deliberate dal Regno Unito e dal Belgio.

Lista che, oggi, invece, si limita a contemplare eventi, quali: le Olimpiadi estive ed invernali; la finale e tutte le partite della Nazionale Italiana nel Campionato del Mondo di calcio; la finale e tutte le partite della Nazionale Italiana nel Campionato Europeo di calcio ; tutte le partite della Nazionale Italiana di calcio, in casa e fuori casa, in competizioni ufficiali; la finale e le semifinali della Coppa dei Campioni e della Coppa UEFA, qualora vi siano coinvolte squadre italiane ; il Giro d’Italia; il Gran Premio d’Italia motoristico di Formula Uno e, dulcis in fundo, il Festival della Musica Italiana di Sanremo.

 

Mi sia consentito, da ultimo, ma non certo per importanza, rilevare la, ancora una volta, pressoché totale disattenzione e il pressoché totale disinteresse dei mass media, sportivi e non sportivi, ad eccezione di un articolo di poche righe a fondo pagina di Fabio Licari su “La Gazzetta dello Sport” del 19 luglio scorso, nei confronti della sentenza qui commentata, così come di quella dell’ottobre 2011 e così come, più in generale, nei confronti di temi ed argomenti che esulino strettamente dalla routine quotidiana di notizie ed opinioni che i suddetti mass media ritengono opportuno e conveniente propinare ai propri lettori e/o radioteleascoltatori.

 

Evidentemente, da parte di tali mass media, si pensa che, come diceva lo scrittore francese, Jean Cocteau, “La verità è troppo nuda, non eccita gli uomini” e che, come dice lo scrittore italiano, Umberto Eco, “ Non tutte le verità sono per tutte le orecchie” .

 


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