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Trattativa Mafia-Stato. Il percorso di 20 anni - Seconda parte

Creato il 28 giugno 2012 da Nottecriminale9 @NotteCriminale
di Simona Zecchi
Notte Criminale ripercorre le fasi che durante questi 20 anni hanno scosso il Paese intero in un continuo depistaggio delle indagini tra memorie tardive, indagati e finti pentiti fino alle ultime novità. 
 Trattativa Mafia-Stato. Il percorso di 20 anni - Seconda parte«Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa Nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi. Ho l’impressione che sia questo lo scenario più attendibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno spinto qualcuno ad assassinarmi» (Saverio Lodato, L’Unità, 10 luglio 1989, tratto da “Quarant’anni di mafia – Storia di una guerra infinita”, Rizzoli Bur 2012). 
Questa fredda e lucida analisi rimasta scolpita in molte citazioni e libri di mafia, Falcone la pronunciò per la prima volta al giornalista Saverio Lodato dopo il primo tentativo di ucciderlo avvenuto due settimane prima all’Addaura. Dopo 23 anni, quindi prima dell’attentatuni, le tracce di tritolo e nitroglicerina sembrano sempre portare verso un’unica direzione. Intanto l’esplosivo: un’indagine dell’aprile 2011 della DDA di Napoli, culminata con la richiesta di arresto per Totò Riina come mandante per la strage del Rapido 904 del dicembre 1984 (che causò 15 morti e più di 200 feriti), mette in collegamento l’esplosivo utilizzato con quello per la strage di Via D’Amelio. A gennaio del 2012 la Cassazione conferma il provvedimento.
 Ma in realtà l’esplosivo per le stragi che vanno dall’1984 al 1992 (Brixia B5) è sempre lo stesso, cambiano solo le quantità delle componenti, a seconda dell’efferatezza e della violenza che si vuole imprimere. 
Trattativa Mafia-Stato. Il percorso di 20 anni - Seconda parteL’esplosivo per Paolo Borsellino era già pronto e lo stesso magistrato ne era venuto a conoscenza già a giugno del ‘92 dal collaboratore Vincenzo Calcara, non dai suoi diretti superiori che pure sapevano. Rimane inquietante in questo senso un aneddoto di qualche mese prima, marzo 1992: Vincenzo Parisi, allora capo della Polizia, in seguito alla propria attività investigativa, aveva già emesso un comunicato, che allertava sulla possibilità di attentati e omicidi politici. Parisi, riferì all'allora Ministro degli Interni Vincenzo Scotti ma furono considerate chiacchiere allarmistiche. 
 Da un lato le bombe, dunque, dall’altro le trattative. 
 Subito dopo la strage di Capaci del 23 maggio, il capitano del ROS Giuseppe De Donno( foto a sinistra), come egli stesso ha dichiarato, incontrò Liliana Ferraro, direttore del Ministero di Grazia e Giustizia e le parlò dei contatti già avuti con Ciancimino. Liliana Ferraro, secondo quanto ricostruito, riferì a Claudio Martelli, il quale chiese a Nicola Mancino come fosse possibile che alcuni uomini del ROS, avessero preso l'iniziativa di usare Vito Ciancimino, legato al Clan dei Corleonesi, per contattare i boss mafiosi scavalcando la DIA. 
Trattativa Mafia-Stato. Il percorso di 20 anni - Seconda parteA questi frammenti di ricordi tardivi, Mancino, che succedette in modo improvviso a Vincenzo Scotti, come Ministro dell’Interno, mentre Scotti fu inviato ad altro incarico, ribatte tutt’ora di non aver mai ricevuto simili appunti dall’ex guardasigilli. Ed è proprio Nicola Mancino al centro oggi degli ultimi serrati eventi ribattuti dalla cronaca. Polemiche ma anche intercettazioni che sembrano far emergere una serrata lotta percorsa dall’ex Ministro contro il tempo della giustizia: Mancino infatti è formalmente indagato, così come Calogero Mannino, per falsa testimonianza nell’ambito delle indagini sulla trattativa. Mannino, già assolto a gennaio del 2010 dalla Cassazione per concorso esterno, è stato riconosciuto tuttavia colpevole nel maggio del 2012 di aver ricevuto appoggio elettorale dal boss Antonio Vella. 
 Il ruolo di Mancino, secondo le dichiarazioni di pentiti e testimoni di giustizia sarebbe stato quello di vero e proprio referente di Vito Ciancimino per le richieste che Cosa Nostra voleva assecondate in cambio dello stop alle stragi. La falsa testimonianza che avrebbe reso invece, riguarda, proprio quei giorni caldi tra la morte di Falcone e quella di Borsellino. L’altra agenda del magistrato, quella grigia, rimasta come documento di indagine contrariamente a quella rossa che sparì il giorno stesso della strage, riportava l’appuntamento che avrebbe avuto con Mancino quel 1° luglio del 1992 al Viminale. 
Trattativa Mafia-Stato. Il percorso di 20 anni - Seconda parteOltre all’agenda, a suffragarlo anche la ricostruzione della sorella Rita Borsellino e la testimonianza del collaboratore Gaspare Mutolo, proprio nel corso dell’incontro segreto che quel giorno prima dell’appuntamento si era tenuto. Un colloquio interrotto bruscamente da una telefonata dal Viminale: quel giorno Mancino si preparava all’insediamento. A seguito di quell’incontro con Mutolo, Borsellino, tornando dal collaboratore per proseguire l’interrogatorio, sarebbe arrivato come sconvolto e agitato perché avrebbe appreso alcuni fatti gravi. 
Contemporaneo a quell’incontro al Viminale si svolse anche l’incontro con l’ex capo del Sisde, e ancor prima capo della Mobile di Palermo, Bruno Contrada, che sta attualmente scontando i 10 anni di reclusione per concorso esterno mafioso. A
l Mutolo, Borsellino confidò anche di aver incontrato Vincenzo Parisi, allora capo della Polizia. Quel giorno del 1° luglio 1992 sembra dunque segnare di eventi solo all’apparenza singoli. Un altro spartiacque da quel 30 gennaio 1992, giorno della conferma degli ergastoli comminati durante il Maxi Processo.

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