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Tre anni di prigione per 500 retweet

Creato il 11 settembre 2013 da Sulromanzo

Autore: La Redazione

Weibo vs Twitter
Quanti tweet vengono scritti ogni giorno in tutto il pianeta, e su quanti di questi viene poi effettuato un retweet? I dati sono astronomici: sono passati ormai oltre sette anni dal 21 marzo 2006, quando Jack Dorsey lanciò il primo “cinguettìo”. Da allora, la crescita di questo social network è stata continua, e addirittura esponenziale negli ultimi due anni; la soglia dei 500 milioni di utenti attivi è già stata lasciata alle spalle da quasi un anno. Dal 2006, alla fine del 2012, i tweet lanciati in Rete sono stati oltre 163 miliardi, e l’integrazione nei dispositivi mobili, che hanno conosciuto in tempi recenti un’esplosione commerciale straordinaria, ha dato una spinta ulteriore a Twitter e l’ha consacrato tra i social network destinati a durare.

Tuttavia, ci sono paesi dove, oggi, un messaggio su Internet può costare la prigione. E non in senso metaforico. L’alta corte cinese, infatti, ha di recente, nel piano di una serie di leggi contro la diffamazione, stabilito che gli internauti che posteranno rumors infondati, e i cui post saranno replicati da altri utenti almeno 500 volte, o visualizzati 5000 volte, rischieranno, come detto, una condanna a tre anni di detenzione.

 

In Cina, Twitter non è accessibile, ma esistono numerose piattaforme di microblogging “equivalenti”, i cosiddetti weibo, tra i quali il più diffuso è Sina Weibo, e gli sforzi del governo per mettere i bastoni tra le ruote a mezzi del genere, negli ultimi mesi si sono moltiplicati.

Ufficialmente si tratta di misure di tutela della rispettabilità pubblica, contro la diffamazione e contro l’immissione in Rete di informazioni capaci di minacciare la sicurezza nazionale e destabilizzare le comunità. Il problema è che, come si può comprendere con facilità, le applicazioni possono, purtroppo, portare molto lontano.

 


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