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Tres: Essere Donna Oggi

Creato il 15 novembre 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Giuseppe Floriano Bonanno15 novembre 2013 Tres: Essere Donna Oggi

Il Teatro EuropAuditorium, nell’ambito del suo cartellone il Teatro su Misura – Collezione 2013/2014 mette in scena l’esilarante Tres, commedia che ha, nelle protagoniste femminili, Anna Galiena, Amanda Sandrelli e Marina Massironi, un trio ben assortito e scoppiettante, che trova nell’unico uomo in scena, Sergio Muniz, una sorta di contraltare-oggetto. Tre amiche di un liceo privato, si ritrovano, dopo vent’anni, per una “classica” rimpatriata tra compagni di scuola, e la serata diventa occasione per indagare e raccontarsi i rispettivi passati, apparentemente diversissimi, ma legati da un unico trait d’union: l’infelicità! Marisa è un’affermata attrice e conduttrice televisiva, Carlotta una divorziata, rinata dopo essere stata abbandonata dal marito, Angela una vedova inconsolabile. La commedia, scritta dallo spagnolo Juan Carlos Rubio, gioca abilmente con la psiche e l’intimo dei personaggi, trovando nel dialogo serrato e incalzante, ora severo, ora sbarazzino, lo strumento per sondare ed approfondire temi che la società contemporanea ha ormai reso comuni ai più. Il confronto tra gli ego, tutti egualmente forti, anche se in modo diverso, delle tre amiche sfocia in una sorta di psicoterapia di gruppo in cui, tra risate e fiumi di alcool, si portano a galla i veri drammi del XXI secolo: la solitudine, l’infedeltà, la prostituzione, la maternità, la ricerca della felicità. È evidentemente una visione della vita tutta al “femminile”, una visione in cui le nostre tre eroine, ormai alle soglie dei 50 anni, si accorgono di non essersi realizzate completamente e, ritrovandosi sole e vuote, quasi per caso tra un bicchiere e l’altro si rendono conto che quella mancanza che sentono è un improvviso, ma fortissimo, bisogno di maternità.

Tres: Essere Donna Oggi

Ma, da donne moderne ed affrancate dal retaggio di 2000 anni di società maschilista, la maternità diviene una conquista tutta femminile, da non condividere dunque con un uomo, che viene ridotto alla mera figura di “inseminatore”, di padre biologico, non più partner all’interno di un rapporto paritetico. Le tre protagoniste cercano dunque di identificare il “donatore” ideale, depositario di tutte le virtù fisiche ed intellettuali, cui chiedere gli spermatozoi giusti per avere il bambino dei sogni. La scelta cade sul figlio del bidello della vecchia scuola, Alberto, che viene chiamato in causa, e pagato profumatamente, per assolvere il suo ruolo, meramente meccanico, di genitore biologico. In realtà, però, la situazione sfuggirà a tutti di mano generando una serie di vicissitudini e di intricate situazioni, che suscitano esilaranti ed irriverenti risate grazie al susseguirsi di colpi di scena e ad un paradossale finale. Nel complesso una pièce brillante e originale che vuole studiare la donna e l’uomo mettendoli però su mondi paralleli, che faticano a incontrarsi, finendo piuttosto per scontrarsi ripetutamente sulle rispettive peculiarità di genere. La regia di Chiara Noschese fa il resto, regalandoci figure femminili che sposano alla perfezione lo stereotipo e, soprattutto, il modello attuale di donna, ormai totalmente emancipata e padrona della propria vita, tanto da diventare essa stessa sesso forte, votata all’affermazione nella società, ma svuotata dei valori di cui da sempre è stata portatrice. Ecco allora che la chiave di volta, la folgorazione improvvisa sulla via per Damasco, diventa proprio la consapevolezza della mancanza, identificata nel bisogno di maternità.

Tres: Essere Donna Oggi

Ma anche questo bisogno viene modernizzato, portandolo ad un’estremizzazione che diviene quasi una provocazione: essere madre sì, ma in una famiglia di nuovo tipo, tutta al femminile, in cui il ruolo del maschio non è più paritario bensì ridotto a quello di portatore e donatore di seme; siamo insomma arrivati al totale capovolgimento dei ruoli: ecco nascere l’uomo-oggetto! Sotto la leggerezza e la levità dei toni si cela, neanche troppo invero, una denuncia sottile e ferma di un tipo di società in cui sono messi in crisi non solo i rispettivi ruoli di maschio e femmina, ma anche e soprattutto della cellula primaria su cui si fonda la società, la famiglia. Ancora una volta dunque si ride, o meglio si sorride, sui vizi di un modo di vivere che è diventato usuale, normale, accettato e condiviso, che spiega, o meglio cerca di farlo, la deriva di una società in cui la solitudine ed il difficile dialogo tra i generi è diventato il fulcro e la causa di quella impossibilità a trovare la felicità, cui anela da sempre ogni essere umano. I calorosi e convinti applausi finali sono il giusto tributo ad una performance credibile e di livello dei protagonisti in scena, ma anche alle tematiche, così delicate, che sono state trattate con una leggerezza che è solo di toni, ma non di contenuti.

 

Gli scatti inseriti sono stati gentilmente concessi dal Teatro EuropAuditorium di Bologna – Fotografie di Marina Alessi

 

     

     

     


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