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Troie, vaffanculo e la povertà di spirito

Da Femina_versi @MicaelaTweets

È sempre più amareggiante constatare come vi sia una sempre maggiore povertà linguistica in questo periodo storico, una povertà che purtroppo è solo la manifestazione esteriore di una ben più devastante povertà concettuale e culturale.

A dimostrarlo non sono solo gli errori di grammatica o l’assenza dei congiuntivi ma la scarsità di vocaboli per esprimere concetti, neppure troppo complessi.

La recente vicenda di Battiato ne è un esempio: un uomo di cultura che ha fatto della parola, oltre che della musica, la sua espressione artistica; un uomo di cultura che assume un ruolo istituzionale; un uomo di cultura con un ruolo istituzionale che parla in sede europea (e quindi non gioca neppure in casa) non riesce a trovare altra locuzione linguistica per esprimere la mercificazione politica e partitica se non un imbarazzante (per il traduttore, immagino) “Troppe troie in parlamento”.

D’altronde siamo abituati ai programmi politici sintetizzati con dei vaffanculo o con dei giaguari da pettinare, povere parole come paraventi per l’assenza dei contenuti.

Al di là delle polemiche e dei pro o contro, lo scandalo vero è culturale: non abbiamo più capacità espressiva? Possediamo un vocabolario così povero? Non abbiamo niente altro da dire?

Allora io a tutta questa scarsità di concetti italici risponderei con il piglio di Cyrano.

Ecco che cosa più o meno avrei sentito se di lettere e spirito foste stati uniti.

VALVERT: (…) Voi avete un naso… che è grande. Tanto!

CIRANO: Tanto.

VALVERT: Ha!

CIRANO: Basta?

VALVERT: Sì.

CIRANO: Ah no. Non è molto, messere. Ce n’erano, oh Dio, ce n’erano a volere. Variando il tono dire…

Per esempio, sentite: Aggressivo – se avessi per naso un monolite io me l’abbatterei sulla pubblica piazza.

Amichevole – deve sguazzarvi nella tazza, munitevi di giara quando voleste bere.

Descrittivo – è una rocca, è un picco, è un belvedere, che dico un belvedere, penisola, altroché.

Curioso – a cosa serve quell’oblungo canapé? Nasconde uno scrittoio? Oppure un portaombrelli?

Grazioso – Amate forse a tal punto gli uccelli che padre, sposo e amante, offrite una torretta perché vi si ristorino dal becco alla zampetta?

Catastrofico – quando, signore, voi pipate, gli sbuffi dal naso vengon fuori a folate, non vi gridano intorno: “S’è incendiato il camino”?

Cortese – se la testa vi inciampa in quel gradino, attento a non cadere e lasciarci le cuoia.

Dolce – dovete alzarvi una minima tettoia, se no il color nasale al sole si sbiadisce.

Saggio – “Solo una bestia,” Aristofane ammonisce, “chiamata ippocampelefantocamaleonte, può avere tanta carne sull’osso sotto fronte.”

Drammatico – è un Mar Rosso, quando ha l’emorragia.

Ammirativo – oh, insegna di gran profumeria!

Lirico – è una fontana, e voi siete Tritone?

Naif – il monumento quand’è in esposizione?

Militaresca – carica con la cavalleria!

Pratico – lo infiliamo in qualche lotteria? Non v’è dubbio, signore, sarà il premio più grosso.

E parodiando – Piramo, piangente a più non posso: “Ecco quel naso che del volto del padrone distrusse l’armonia! Ne arrossisce il fellone!”

Ecco che cosa più o meno avrei sentito se di lettere e spirito foste stato unito. Ma di spirito voi, bel saccone di pelle, non ne aveste un sol alito, e di lettere quelle con cui si scrive la parola “Scarafaggio”.

Cyrano de Bergerac, Rostand, Atto I



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