Magazine Società

“Tunisia – Egitto – Libia: e ora?”

Creato il 28 febbraio 2011 da Bitmag

 

Lo tsunami politico che ha stravolto il Mediterraneo ha operato all’improvviso ed in profondità, lasciando dietro di sé profonde lacerazioni, ma anche tanta fiducia in nuovi scenari condivisi dalle popolazioni. Come accade per i terremoti non è stato possibile prevederlo. E chi afferma il contrario, probabilmente, mente sapendo di mentire.

Il futuro appare con colori diversi da paese a paese. Perché non identiche erano le strutture politico-istituzionali e le condizioni economiche e sociale dei tre paesi. Nei primi due casi, Tunisia ed Egitto, è sempre esistita una spina dorsale robusta in entrambi i Paesi, l’esercito, anche se apparentemente in sonno. In sonno per un periodo longevo, 23 anni nel paese più piccolo e per quasi 40 anni in quello più robusto. La scossa rivoluzionaria alimentata inizialmente dal giovane popolo di internet ha spazzato via rapidamente in modo apparentemente indolore i due Presidenti. La loro responsabilità più grave quella di essere apparsi troppo timidi e lenti nel favorire il passaggio dei loro paesi da una condizione e conduzione politica che garantiva la stabilità e la pace sociale coniugata ad un tasso, pur apprezzabile, di crescita economica ma che allo stesso tempo vedeva sacrificate e complessivamente penalizzate quelle contestuali domande di modernizzazione e di sviluppo che potevano essere garantite solo da più libertà e più uguaglianza, vale a dire da più democrazia. Con il tempo la corruzione e l’ingiustizia sociale hanno finito per produrre delle profonde lacerazioni nel tessuto delle due comunità civili nazionali, lacerazioni che hanno costituito un terreno di coltura predisposto ad assorbire e metabolizzare lo scontento e la ribellione popolare e che infine hanno acceso la scintilla della deflagrazione. La stanchezza e la senescenza dei due leader sono apparse subito incapaci di dare risposte convincenti alle richieste popolari di riforme e rinnovamento. L’esercito nei due Paesi, svegliato quasi di soprassalto, dopo un primo momento di sbigottimento, ha fatto onore alla sua tradizione di equilibrio e responsabilità garantendo al Paese di restare unito e trovare al proprio interno, attraverso un confronto aperto tra le diverse componenti politiche, sociali e religiose, le risposte per superare indenni la avviata fase di transizione.

La Comunità Internazionale preoccupata, a ragione, nella prima fase delle rivolte popolari, anche perché incapace di suggerire orientamenti adeguati, è stata tranquillizzata proprio dalla saggia capacità delle due popolazioni di non far mai debordare, salvo quale marginale eccezione, la legittima protesta in violenza cieca e suicida.

Anche se il processo futuro non appare scontato nei dettagli, crediamo esistano ragionevoli motivi per pensare ad un percorso che, se pur lento e graduale, tenga fermo come obiettivo finale la soddisfazione delle richieste popolari, più libertà, più giustizia sociale, vale a dire più democrazia.

L’esercito in entrambi i Paesi farà certamente onore ad una lunga storia di responsabilità e fermezza apportando, nel processo di liberazione, un contributo decisivo.

≈ • ≈ • ≈ • ≈ • ≈

Per quanto attiene la Libia, nonostante geograficamente sia incastrata proprio tra Egitto e Tunisia, appare per altri versi lontana non solo dalla storia e dalla politica, ma anche dalle tradizioni sociali, dalla struttura economica dei suoi confinanti. La Libia sembra pagare da tempo un prezzo altissimo alla difficoltà di raggiungere una completa identità unitaria. Le tre mega regioni che la compongono, il Fezzan, la Tripolitania e la Cirenaica appaiono ancora per molti aspetti, nonostante gli accresciuti rapporti di cooperazione tra loro, avviluppate da strette vesti e tradizioni religiose, socioeconomiche e culturali che ne ingessano ancora i movimenti e le capacità di dialogo anche tra le diverse tribù che le compongono. Soprattutto la Tripolitania, nonostante il Libro Verde, la rivoluzione della Giamahiria, (il potere alle masse) le grandi opere infrastrutturali realizzate nel tempo, continua a “sentirsi” o desidera sentirsi, per molti aspetti una parte a sé. In Cirenaica invece vince ancora la cultura della Senussia che non solo è un sentimento e vocazione religiosa, ma anche identità culturale antica che rivendica con orgoglio. Dobbiamo aggiungere a questo che a differenza dell’Egitto e della Tunisia, in Libia non è mai esistita una cultura ed una struttura militare con connotazioni unificanti. Né la leadership inoltre ultraquarantennale del Paese ha fatto molto per unire, più interessata a comandare. Gheddafi rivendica con orgoglio nel Libro verde una forma di democrazia diretta che per alcuni versi ricorda seppure molto lontanamente l’esperienza della Padania in Italia. una forma astratta di concepire una terza via, tra democrazia e comunismo, mai in grado di favorire o cementare un’identità nazionale. Gli scontri di questi giorni hanno accentuato drammaticamente le divisioni e le distinzioni interne del Paese, riportandolo indietro nella storia. Il petrolio se male utilizzato lungi dall’unire divide, come ogni altra cosa materiale può fare, accentuando i contrasti piuttosto che annullarli. Del resto non è la prima volta nella storia che l’oro, bianco o nero che sia, divida piuttosto che unire.

dott. Antonio Loche



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine